Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5603 del 11/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 5603 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 5762-2008 proposto da:
RAZZANO

MARIA

RZZMRA57S70A091W,

elettivamente

domiciliata in ROMA, Via ARCHIMEDE 164, presso lo
studio dell’avvocato MILITE PIERLUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato D’AMATO ALFONSO;
– ricorrente 4

2014
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contro

DEL LITTO MICHELINA DLLMHL46M41C929P, elettivamente
domiciliata in ROMA, Via PAVIA 2, presso lo studio
dell’avvocato GUGLIUCCI FRANCO, rappresentata e difesa
dall’avvocato NIGRO BENITO;

Data pubblicazione: 11/03/2014

- controricorrente

avverso la sentenza n. 847/2007 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 05/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. FELICE

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il
rigetto.

-t

MANNA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Maria Razzano, proprietaria di un fondo sito in Agropoli, proponeva
innanzi alla locaIe Pretura un’azione di regolamento di confini nei confronti di
Michelina Del Litto, proprietaria confinante cui attribuiva l’appropriazione di

l’apposizione di paletti di legno. In via accessoria, domandava che, una volta
regolato il confine, la convenuta fosse condannata al rilascio della porzione di
terreno illegittimamente occupata e al risarcimento del danno.
Nel resistere in giudizio Michelina Del Litto negava che il confine fosse
incerto; deduceva che la recinzione del canale di scolo era stata realizzata da
sua madre, cui era stata notificata un’ordinanza prefettizia di
regolamentazione delle acque meteoriche; e negava qualsiasi
impossessamento di terreno dell’attrice.
Con sentenza del 5.6.2003 il Tribunale di Vallo della Luiia (la cui
competenza era sopravvenuta per effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs.
n.51/98) regolava il confine come da relazione del c.t.u. e rigettava le
domande accessorie proposte dalla Razzano.
Adita da quest’ultima, che chiedeva l’accoglimento anche delle domande
accessorie di rilascio della porzione di terreno occupata dalla Del Litto e di
risarcimento del danno, la Corte d’appello di Salerno rigettava l’appello.
Riteneva la Corte territoriale che l’appellata aveva sempre negato la
volontà di detenere la striscia di terrena, di circa 30 mq., facente parte della
proprietà Ra7zano ed “occupata” (virgolette nel testo della sentenza) ai fini di
recinzione del canale di scolo. Pertanto, sebbene fosse indubbio che l’azione
di regolamento dei confini potesse avere anche un effetto recuperatorio,
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parte del suo terreno, realizzata attraverso la creazione di un canale di scolo e

quest’ultimo nello specifico doveva escludersi per difetto di qualsivoglia
volontà di spoglio da parte della Del Litto, la quale non era contraria a che la
recinzione fosse apposta secondo i termini (rectius, confini?) indicati dal c.t.u.
e non più oggetto di contestazione. Conseguentemente, doveva escludersi,

giudice di primo grado correttamente negato la sussistenza di un’ipotesi
d’impossessamento.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Maria Razzano, in base a due
motivi.
Resiste con controricorso Michelina Del Litto, che ha altresì depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo d’impugnazione si espone la violazione e/o falsa

applicazione degli artt. 832 e 950 c.c., in relazione all’art. 324 c.p.c., nonché il
vizio di motivazione e quello di ultrapeuzione.
Sostiene parte ricorrente che la natura reale dell’actio finium regundorum,
così esattamente interpretata la domanda da parte dei giudici di merito, rende
irrilevante l’accertamento dello stato soggettivo del soggetto occupante, la cui
volontà, detentiva o spolitiva, di buona o di mala fede, è del tutto irrilevante.
Formula al riguardo i seguenti quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366-bis
c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie: “se, proposta un’azione ex
arti. 950 e 951 c.c. ed una volta accertati e apposti i confini fra i fondi con
efficacia di giudicato tra le parti, costituisca occupazione illegittima la
realizzazione e la recinzione di un fosso/canale di scolo nel fondo confinante,
a prescindere dalla volontà detentiva o d’impossessamento dell’usurpatore; se,
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altresì, l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno, avendo il

in caso di risposta affermativa al quesito che precede, la pronuncia di
condanna al rilascio del terreno usurpato in favore della proprietaria
ritualmente richiesta sin dall’atto introduttivo della lite è la naturale e logica
conseguenza dell’eliminazione del preesistente stato d’incertezza sui confini”.

artt. 832, 950 e 2043 c.c., nonché il vizio d’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione e quello di ultrapetizione.
La sentenza impugnata ha escluso il risarcimento del danno per difetto
d’impossessamento della porzione di terreno oggetto di contesa. Se
l’impossessamento è stato inteso come sinonimo di occupazicl -iz, il rigetto
della domanda risarcitoria è palesemente illegittimo, atteso che le circostanze
di fatto emergenti dall’istruttoria hanno dimostrato inequivocabilmente la
sussistenza dell’occupazione. Se invece l’espressione adoperata dalla Corte
territoriale si collega alla ritenuta insussistenza da parte della Del Litto di una
volontà di detenere e/o possedere il fondo (id est, la porzione controversa di
esso: n.d.r.), allora occorre ribadire che il richiamo a tali istituti non ha nulla a
che vedere con la natura reale dell’azione di cui all’art. 950 c.c.
Il motivo mette capo ai seguenti quesiti: “se l’occupante sine titulo di un
fondo è tenuto al risarcimento del danno, ex art. 2043 c.c., in favore del
proprietario, per effetto della indisponibilità e impossibilità di conseguire
l’utilità anche solo potenzialmente ricavabile sia dal terreno occupato sia,
nella specie, dal residuo fondo (lucro cessante), avendo l’occupazione
interessato l’unica strada di accesso all’intero fondo che ne ha impedito
l’agevole e razionale coltivazione; se tale danno è in re ipsa e comprende
anche il costo per il ripristino dello statu quo ante (danno emergente)”.
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2. – Col secondo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli

3. – I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro
complementarietà, sono fondati nei termini che seguono, assorbita ogni altra
questione.
3.1. – L’azione di regolamento di confini ha natura reale e petitoria (cfr.

quantitativo di un diritto assoluto. L’effetto recuperatorio della porzione
immobiliare illegittimamente posseduta dalla parte a svantaggio della quale è
regolato il confine, non muta la natura dell’azione (cfr. Cass. n. 589/01) e
dunque non ne modifica neppure le condizioni, tra cui non è compresa
l’origine illecita del possesso della porzione controversa. Pertanto, ai fini della
relativa pronuncia accessoria di rilascio, è del tutto irrilevante stabilire se tale
possesso (che pkaaltro può anche essere promiscuo fra le parti, nell’ipotesi in
cui l’incertezza sul confine abbia carattere oggettivo) sia scaturito da uno
spoglio volontario, da un errore incolpevole o da qualsivoglia altra causa,
essendone necessaria e sufficiente la sola qualificazione in termini
d’illegittimità per essere stato altrimenti accertato il confine.
3.1.1. – La Corte territoriale ha completamente distorto scopo ed effetti
dell’actio finium regundorum.
Affermando che non poteva essere disposto il rilascio della porzione di
terreno appartenente alla Razzano, sia perché l’altra parte non se ne era
impossessata mediante un atto volontario di “spoglio” (le virgolette sono nel
testo della sentenza impugnata), sia perché la Del Litto non era contraria ad
apporre la recinzione secondo quanto indicato dal c.t.u. e non piu oggetto di
contestazione, i giudici d’appello fanno mostra di non essersi interrogati sul
senso stesso della decisione e sulla sua utilità. Se la pronuncia accessoria al
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Cass. n. 5134/08) e come tale ha per oggetto unicamente l’accertamento

rilascio fosse una variabile dipendente dalle modalità illecite
dell’impossessamento della parte obbligata, l’azione di regolamento dei
confini sarebbe vanamente esercitata tutte le volte in cui tale
impossessamento non corrisponda alla nozione di spoglio valevole nei giudizi

modo spendibile sia per difetto di titolo esecutivo, sia perché le medesime
ragioni erroneamente ritenute ostative alla condanna accessoria varrebbero
quale res iudicata in qualsivoglia successivo giudizio fra le medesime parti, ai
sensi dell’art. 2909 c.c. Con il bel risultato di consolidare la situazione di fatto
a vantaggio della parte avente torto.
3.1.2. – Né varrebbe obiettare che la condanna al rilascio sia giuridicamente
non necessaria, potendo la parte odierna ricorrente apprendere per pacifiche
vie di fatto quanto le compete, ovvero materialmente sovrabbondante per il
difetto o la quasi nulla consistenza sul terreno di segni dell’altrui possesso.
Infatti, le sentenze si eseguono a norma degli arti. 474 e ss. c.p.c., ovvero
mediante spontanea ottemperanza della parte obbligata, non g;A attraverso
un’attività materiale di spoglio posta in essere dal soggetto a favore del quale
si è formato un titolo soltanto dichiarativo. Ancora, il rilascio dei beni
immobili avviene di regola mediante un’immissione in possesso di tipo
simbolico, tramite l’ufficiale giudiziario (art. 608 c.p.c.). E — da ultimo ma
non per ultimo — il giudice non è autorizzato a ritenere che il consenso della
parte soccombente a rispettare il confine, così come regolato, non sarà
revocato al momento in cui l’altra parte tenterà, per via bonaria, di
impossessarsi della porzione di terreno che le spetta.

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possessori. Pur effettuato, l’accertamento del confine non sarebbe in alcun

4. – In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata con
rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Salerno, che nel decidere il
merito si atterrà al seguente principio di diritto: “l’azione di regolamento di
confini ha natura reale e petitoria e come tale ha per oggetto unicamente

della porzione immobiliare illegittimamente posseduta dalla parte a
svantaggio della quale è regolato il confine, non muta la natura dell’azione e
dunque non ne modifica neppure le condizioni, tra cui non è compresa
l’origine illecita del possesso della porzione controversa. Pertanto ai fini della
relativa pronuncia accessoria di rilascio, è del tutto irrilevante stabilire se tale
possesso sia scaturito da uno spoglio volontario, da un errore incolpevole o da
qualsivoglia altra causa, essendone necessaria e sufficiente la sola
qualificazione in termini d’illegittimità per essere stato altrimenti accertato il
confine”.
4. – Al giudice di rinvio è rimesso, ai sensi dell’art. 385, comma 3 c.p.c.,
anche il regolamento delle spese di cassazione.

P. O. M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad
altra sezione della Corte d’appello di Salerno, che provvederà anche sulle
spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 9.1.2014.

l’accertamento quantitativo del diritto di proprietà. L’effetto recuperatorio

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