Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5602 del 02/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/03/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 02/03/2021), n.5602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO G. M. – Consigliere –

Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8068 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

M.C., titolare dell’omonima ditta, rappresentato e difeso

dall’Avv. Enzo Giardiello per procura a margine del controricorso,

presso il cui studio in Roma, via V. G. Galati, n. 100/c, è

elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, n. 17/9/2012, depositata in data 30 gennaio

2012;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 novembre

2020 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata nonchè dagli atti difensivi delle parti si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a M.C., titolare dell’omonima ditta esercente l’attività di “lavori generali di costruzione edifici”, un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2004 e per quanto di interesse, aveva rettificato la dichiarazione dei redditi ritenendo non deducibili ai fini Irap e non detraibili ai fini Iva i costi sostenuti per le prestazioni ricevute da terzi; avverso l’avviso di accertamento il contribuente aveva proposto ricorso che era stato parzialmente accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Rieti, ritenendo illegittimo il recupero relativo Irap e Iva; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale del Lazio ha confermato la sentenza del giudice di primo grado, in particolare ha ritenuto che era legittima la deduzione dei costi operati ai fini Irap e Iva, considerato che il contribuente aveva ricevuto prestazioni di servizi da ditte terze nell’ambito della propria attività di impresa ed il cui corrispettivo comprendeva non solo il costo di produzione, ma anche il costo per il lavoro “aggiunto congruo in questa tipologia di attività”; l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi, cui ha resistito il contribuente depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 4, comma 1, e art. 11, per non avere ritenuto che i costi di cui alle fatture addebitate alla società ricorrente, e da questi dedotti, erano in realtà relativi al prestito di personale messo a disposizione da terzi e non era, invece, riconducibile nell’ambito della prestazione di appalto o d’opera, sicchè gli stessi non potevano essere dedotti ai fini Irap; con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere indicato specificamente, nel qualificare il rapporto quale prestazione di appalto o d’opera, sulla base di quali elementi di fatto ha ritenuto di dovere pervenire alla suddetta conclusione, tenuto conto del fatto che, invero, era stato versato solo il costo del lavoro e nessun ulteriore corrispettivo;

i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla questione della corretta qualificazione del rapporto negoziale sottostante all’emissione delle fatture da parte di terzi, sono fondati;

si evince dal ricorso che nell’avviso di accertamento era stato specificato che la ripresa dell’amministrazione finanziaria era fondata sulla circostanza che le fatture oggetto di contestazione, contabilizzate titolo di “prestazioni di terzi” ovvero di “prestazione di manodopera”, era stato addebitato il solo costo relativo al personale messo a disposizione da terzi rapportato alle ore di lavoro prestato; ai fini Irap, va quindi osservato che, il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 11, nel testo applicabile ratione temporis, prevedeva che tra i costi non ammessi in deduzione, di cui al comma 1, lett. b), “…vanno, in ogni caso, escluse le somme erogate a terzi per l’acquisizione di beni e di servizi destinati alla generalità o a categorie dei dipendenti e dei collaboratori e quelle erogate ai dipendenti e collaboratori medesimi a titolo di rimborso analitico di spese sostenute nel compimento delle loro mansioni lavorative. Gli importi spettanti a titolo di recupero di oneri di personale distaccato presso terzi non concorrono alla formazione della base imponibile. Nei confronti del soggetto che impiega il personale distaccato, tali importi si considerano costi relativi al personale non ammessi in deduzione ovvero concorrenti alla formazione della base imponibile ai sensi dell’art. 10, comma 1, e dell’art. 10-bis, comma 1”; la pretesa, dunque, sulla cui base l’amministrazione aveva ritenuto non deducibile l’Irap, richiedeva di accertare, stante la contestazione del contribuente, se il rapporto negoziale con i terzi fosse riconducibile ad un appalto per prestazioni di servizi ovvero ad una somministrazione di lavoro, posto che solo nel primo caso i costi potevano essere considerati deducibili ai fini Irap;

la configurazione del rapporto in esame in termini di appalto richiedeva che il giudice del gravame accertasse la modalità di organizzazione dei mezzi necessari da parte del terzo appaltatore, la sussistenza in capo a questo del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori nonchè l’assunzione del rischio di impresa; in particolare, sotto il profilo del rischio di impresa, lo stesso deve essere inteso in senso economico, in particolare nella impossibilità di stabilire in anticipo i costi legati all’esecuzione dell’appalto, con possibile eventuale perdita, posto che, sotto tale ottica, il corrispettivo ricevuto per l’appalto deve essere subordinato al risultato produttivo del servizio e non alla semplice messa a disposizione di prestazioni di lavoro;

in questo ambito, l’amministrazione finanziaria aveva posto in evidenza che il corrispettivo era stato stabilito per ore lavorate, circostanza che è in contrasto, di per sè, con l’assunzione del rischio di impresa;

tali profili non sono stati presi in considerazione dal giudice del gravame al fine di pervenire alla esatta qualificazione della natura del rapporto sottostante all’emissione delle fatture, limitandosi a confermare la linea difensiva del contribuente che “al caso in discussione, appare del tutto legittimo ed in ogni modo è pacifico, che la ditta ricorrente aveva fornito di prestazioni di servizi da ditte terze nell’ambito della propria attività di impresa ed addebitate ad un corrispettivo comprendente oltre al costo di produzione, il lavoro aggiunto congruo in questa tipologia di attività, così come aveva asserito il ricorrente nel ricorso introduttivo”;

la pronuncia in esame, pertanto, ha solo genericamente, quindi in modo insufficiente, motivato in ordine alla esatta natura del rapporto negoziale esistente tra le parti, avendo fatto generico riferimento ad un corrispettivo relativo anche ad una prestazione aggiuntiva, oltre a quella della mera prestazione di servizi, senza ulteriore specificazione e senza tenere conto del fatto decisivo, riportato nell’avviso di accertamento, che le prestazioni era fatturate unicamente al solo costo relativo alle spese del personale; ne consegue che i motivi di ricorso sono fondati con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2021

 

 

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