Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5601 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. I, 28/02/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27589/2015 proposto da:

Autolinee D. Di T.F.D. & C Sas, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Ennio Quirino Visconti 103, presso lo studio dell’avvocato

Gobbi Luisa, rappresentata e difesa dall’avvocato Nicchi Sergio,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Automobilistica Potentina Sap Srl, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale

Mazzini 140, presso lo studio dell’avvocato Limongi Maria,

rappresentata e difesa dall’avvocato Savi Giancarlo, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 685/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 22/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/10/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La società Autolinee D. di T.F.D. & C. s.a.s. (in seguito D.) proponeva impugnazione avverso il lodo arbitrale pronunciato in esecuzione di clausola compromissoria, sottoscritto in Macerata il 13 ottobre 2009 e reso esecutivo, con cui la predetta società era stata dichiarata inadempiente in relazione agli obblighi assunti con il contratto di cessione di azienda stipulato in data 30 giugno 2007 e dichiarata tenuta a pagare alla cessionaria S.A.P. – Società Automobilistica Potentina – srl (in seguito Sap), a titolo risarcitorio, la complessiva somma di Euro 94.146,25 con conseguente condanna della cedente, tenuto conto dei reciproci rapporti di dare e avere di cui veniva effettuata la parziale compensazione, al pagamento della somma di Euro 36.020,42, oltre interessi e spese legali.

A fondamento della proposta impugnazione, veniva dedotta la nullità del lodo per violazione dell’art. 829 c.p.c., comma 3, per mancato rispetto del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. (perchè la domanda di riduzione del prezzo della cessione aziendale era tardiva) e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ex art. 112 c.p.c. (perchè la domanda di risoluzione comprende la richiesta di esatto adempimento o di risoluzione del contratto, salvo il risarcimento del danno, ex art. 1453 c.c., ma non comprende la domanda di riduzione del prezzo con richiesta di condanna alla corresponsione della somma risultante a credito per differenza), perchè il collegio arbitrale aveva riqualificato la domanda come azione risarcitoria ed assegnando alla invocata riduzione del prezzo valenza di risarcimento del danno, in contrasto non solo con il citato art. 112 c.p.c., ma anche con l’art. 24 Cost., non essendosi l’impugnante potuta difendere rispetto alla nuova e diversa qualificazione giuridica imposta dal collegio arbitrale.

Nella resistenza della S.A.P. (che spiegava pure impugnazione incidentale volta ad ottenere la decurtazione del valore dell’avviamento), la Corte d’appello rigettava l’impugnazione.

A fondamento della propria decisione di rigetto, la Corte riteneva che la domanda della Sap non fosse tardiva, perchè formulata fin dalla domanda di arbitrato (che è l’inizio del procedimento, vedi foglio 9 della sentenza impugnata), e doveva essere qualificata come richiesta di riduzione del prezzo e di risarcimento del danno, ex artt. 1490 e 1492 c.c.; d’altra parte, l’impugnazione del lodo arbitrale per nullità dà luogo a un giudizio a critica vincolata, dove nella fase rescindente non si procede ad accertamenti di fatto nè a un autonomo giudizio sul merito della controversia.

La società Autolinee D. di T.F.D. & C. s.a.s. ricorre per Cassazione sulla base di due motivi mentre S.A.P. – Società Automobilistica Potentina – srl ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, la ricorrente deduce il vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge, in quanto, erroneamente, la Corte d’appello aveva “inquadrato” la domanda introduttiva del giudizio arbitrale, nell’ambito del perimetro degli artt. 1490,1492 e 1494 c.c., che attengono e regolano la disciplina dei vizi della cosa venduta, ma nessun vizio era stato dedotto e provato dalla Sap sia con riferimento all’azienda che con riferimento ai singoli beni che la compongono; infatti, la Sap aveva fatto riferimento al solo inadempimento del contratto di cessione.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce il vizio di omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, in quanto, la motivazione della sentenza impugnata è viziata come da rubrica, perchè il contratto di cessione d’azienda, oggetto di controversia, dissimulava, in effetti, una cessione dell’atto di concessione delle linee di trasporto pubblico ed, erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto di non poter dichiarare d’ufficio la nullità del lodo arbitrale per un motivo diverso da quello prospettato, perchè l’odierna ricorrente non aveva chiesto di dichiarare la nullità del lodo arbitrale ma la nullità del contratto oggetto del lodo (cfr. p. 18 del ricorso in cassazione).

Il primo motivo di ricorso, è inammissibile, perchè nuovo, in quanto la sentenza impugnata non dà atto di un motivo di gravame dove si censura la mancata proposizione dell’astio quanti minoris da parte della Sap, in particolare, sotto lo specifico profilo del difetto di allegazione e prova dei vizi, come, invece, sostenuto con il ricorso per cassazione; nè in quest’ultimo si riferisce che la prospettazione del difetto di allegazione e prova dei vizi dell’azienda o dei singoli beni che la compongono sia stata posta a fondamento dell’impugnazione del lodo.

Il secondo motivo è infondato, perchè oggetto del motivo d’impugnazione del lodo arbitrale non può essere altro (nella fase rescindente), ex art. 829 c.p.c., che la nullità del lodo stesso, per i motivi indicati dalla legge (Cass. n. 9387/18), e non la nullità del contratto oggetto del lodo come aveva chiesto l’appellante (v. ricorso p. 18).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente a pagare alla società S.A.P. srl le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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