Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5601 del 21/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2022, (ud. 20/01/2022, dep. 21/02/2022), n.5601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12864-2021 proposto da:

ANTICA HIRPINIA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, VIA

DELLA GIULIANA, 37, presso l’avvocato DI CAPRIO AGNESE (STUDIO

LEGALE CAPECE MICHELE), rappresentata e difesa dall’avvocato

INTORCIA STEFANO;

– ricorrente –

contro

DECORASUD SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI CASAL DI MARMO 101, presso

lo studio dell’avvocato RUSSO SILVIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato CHIANESE RAFFAELE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3702/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

La società cooperativa agricola Antica Hirpinia ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3702/2020, che ha rigettato il gravame della ricorrente e confermato la pronuncia di primo grado. Il Tribunale di Napoli ha respinto l’opposizione della ricorrente avverso il decreto che le aveva ingiunto il pagamento di Euro 14.457,80 per la fornitura di merce.

Resiste con controricorso la società Decorasud s.r.l..

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1) Il primo motivo lamenta “nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., per motivazione insanabilmente contraddittoria, apparente, incomprensibile e illogica; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”.

Il motivo è inammissibile. Si contesta che la motivazione della pronuncia impugnata – che non presenta la “totale contraddizione” lamentata dalla ricorrente – sia succinta e così insufficiente (non considerando che è il legislatore a richiedere che sia tale, v. l’art. 118 disp. att. c.p.c.), nella sostanza contestando non il mancato esame di un fatto storico, ma la valutazione delle prove (in particolare di una testimonianza) operata dal giudice di merito, valutazione incensurabile di fronte a questa Corte di legittimità (ex multis, cfr. Cass. 4543/2019).

2) Il secondo motivo denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.”.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., in quanto “nell’ipotesi di c.d. doppia conforme prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. 26774/2016), adempimento che non è stato svolto dalla ricorrente nel ricorso. La medesima ha sì depositato memoria nella quale contesta l’applicazione dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5, deducendo la diversità delle ragioni di fatto poste a base delle due decisioni, ma al difetto di specificità del motivo non è possibile sopperire con argomentazioni avanzate con la memoria (secondo la giurisprudenza di questa Corte, “i vizi di genericità o indeterminatezza dei motivi del ricorso per cassazione non possono essere sanati da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 378 c.p.c., la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente inammissibili”, così Cass. n. 3780/2015).

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in Euro 2.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avvocato C.R. dichiaratosi antistatario.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta/seconda sezione civile, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

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