Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5600 del 11/03/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5600 Anno 2014
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 9861-2008 proposto da:
INTESA SANPAOLO S.P.A. incorporante il SANPAOLO IMI
S.P.A. il quale ha incorporato il BANCO DI NAPOLI
S.P.A., quale mandataria della S.G.A. SOCIETA’ PER LA
GESTIONE DI ATTIVITA’ S.P.A., cessionaria del credito
del BANCO DI NAPOLI S.P.A., nonchè quale procuratore
2013
2225

della SGA S.P.A. a mezzo della Sig.ra LA MURA MARIA
ANTONIETTA quadro direttivo, elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAllA MANCINI 4, presso lo studio
dell’avvocato D’ONOFRIO GIAN FRANCO, rappresentata e
difesa dall’avvocato IURILLI PIERANGELO giusta delega

1

Data pubblicazione: 11/03/2014

in atti;
– ricorrente contro

PEPE GIUSEPPE, PIARULLI MARIA;
– intimati

di BARI, depositata il 05/07/2007, R.G.N. 761/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

2

avverso la sentenza n. 816/2007 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo e motivi della decisione.
1. Pepe Giuseppe e Piarulli Maria proponevano opposizione avverso il decreto 19 aprile 94 con

il quale venivano ingiunti di pagare al Banco di Napoli spa – in forza di cambiali agrarie – la
somma di lire 50 milioni, oltre interessi convenzionali di mora dal 30 dicembre ’89 e spese.
Nella costituzione della banca, interveniva la sentenza n. 258/04 con la quale il Tribunale di
Bari, in parziale accoglimento dell’opposizione: – revocava il decreto ingiuntivo; – condannava

convenzionali di mora dalla scadenza (ritenuta prorogata ex art.2 co.17 bis 1.237/93, di conv.
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149) del 31 dicembre 94 al saldo; – compensava
integralmente le spese di lite.
Interposto appello da parte di Sanpaolo Imi spa (incorporante il Banco di Napoli e
mandataria di SGA spa, cessionaria del credito) interveniva la sentenza n. 816/07 con la quale
la Corte di Appello di Bari, in parziale accoglimento del gravame: – rideterminava la decorrenza
degli interessi convenzionali di mora alla data di originaria scadenza (del 31 dicembre ’89,
ancorchè successivamente prorogata) delle cambiali agrarie; – condannava gli appellati alla
rifusione delle spese di lite, unitariamente considerate, in ragione di 3/4, con compensazione del
residuo; – respingeva il gravame avverso la ritenuta proroga ex lege delle cambiali agrarie fino
al 31 dicembre 1994, con conseguente affermazione della insussistenza, alla data del decreto
ingiuntivo, del requisito di esigibilità del credito.
Avverso tale sentenza interponeva ricorso per cassazione Intesa Sanpaolo spa (incorporante
Sanpaolo Imi spa), mediante illustrazione di tre motivi e formulazione di quesiti di diritto ex
articolo 366 bis cpc, nella specie applicabile ex 1.40/06. Gli intimati non si costituivano in
giudizio.
Nell’imminenza dell’udienza di discussione veniva depositata ‘comparsa di nuova costituzione
con altro difensore’ 5.11/11.13 da parte di Intesa Sanpaolo Group Services scpa (mandataria
della Società per la Gestione di Attività – SGA spa), la quale dichiarava di costituirsi in giudizio,
in esito a cessione 1.10.12 di ramo aziendale, in luogo dell’originaria ricorrente Intesa
Sanpaolo spa (già mandataria della medesima Società per la Gestione di Attività – SGA spa).

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Ricorso n.9861/08 rg.

gli opponenti al pagamento della capitale somma di euro 25.322,85, oltre interessi

2.1

Va preliminarmente rilevata la irritualità della sopravvenuta costituzione in giudizio di

Intesa Sanpaolo Group Services scpa per violazione dell’articolo 83 cpc nella formulazione, qui
applicabile

ratione temporis,

antecedente all’entrata in vigore della legge 69/09. Tale

costituzione in giudizio – non notificata alla controparte – è avvenuta da parte di un nuovo
difensore munito di procura speciale apposta in calce alla comparsa di costituzione medesima.
Dunque in difformità dalla norma testè menzionata, in forza della quale la procura alle liti deve

(3^ co.)

essere apposta in calce o a margine del ricorso introduttivo o di uno degli altri atti
tassativamente individuati dalla norma stessa. Nel caso di specie, fa difetto la procura per atto
notarile; né la procura speciale al nuovo difensore risulta apposta su uno degli atti in
questione. In fattispecie analoga, questa Corte ha già avuto modo di affermare che

“nel

giudizio di cassazione, il nuovo testo dell’art. 83 cod. proc. civ. secondo il quale la procura
speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal
controricorso, si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di
entrata in vigore dell’art. 45 della I. n. 69 del 2009 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti
instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al
ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o
scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, secondo comma” (Sez. 5, Ordinanza n.
7241 del 26/03/2010 – Rv. 612212; in termini, v.anche Sez. 3, Sentenza n. 929 del
24/01/2012, Rv. 621547).

2.2 Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo la banca lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia, ex articolo 360 1″ co. n.5 cpc, avendo la corte di
appello desunto il realizzarsi in capo ai debitori dei presupposti di ottenimento dei benefici di
cui al di 149/93 conv.in 1.237/93 (essenzialmente, la proroga delle cambiali agrarie ingiunte),
nonostante che (ric., pag.6) “non solo la documentazione portata in atti non consenta di
pervenire ad alcuna affermazione in tal senso, ma nessuna attività istruttoria risulti essere
stata espletata di fronte all’espressa e specifica affermazione dell’istituto di credito di non aver
mai ricevuto richieste di concessione di finanziamento o proroga da parte del signor Pepe ai

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Ricorso n.9861/08 rg.

essere conferita (2^ co.) con atto pubblico o scrittura privata autenticata; ovvero

sensi del dl 149/93”. Tale motivo è stato poi corredato da un momento di sintesi del seguente
tenore:

“dica la corte se sussistano o meno i presupposti per affermare l’avvenuta

presentazione da parte del signor Pepe alla banca di una specifica istanza intesa ad ottenere le
provvidenze di cui al dl 149/93”.
La censura appare mal posta, dal momento che la corte di appello ha ritenuto nella specie
sussistente il presupposto della moratoria a seguito e per effetto della presentazione da parte

Basilicata) preposta a vagliare i requisiti della rinegoziazione dei finanziamenti agevolati
(sent.pag :6) “il presupposto della detta moratoria (…) non è l’apertura dell’istruttoria da parte
della banca della pratica relativa al nuovo finanziamento, ma la richiesta di intervento
presentata dall’agricoltore all’autorità regionale e l’ammissione di lui, da parte di quest’ultima,
alle provvidenze di sostegno previste dalla legge. In effetti, una volta che l’ente regione ha
valutato positivamente la domanda di aiuto presentata dall’agricoltore, la nuova data di
scadenza a cui la legge va a posticipare l’esigibilità della cambiale, rappresenta il termine
ultimo entro cui il debitore può accedere al nuovo finanziamento, per cui non si può dire che
egli abbia omesso di richiedere i benefici di legge se non quando quel termine è spirato”.
Ribadiva poi la corte territoriale (pag.7) che la normativa sopravvenuta di cui all’art.2 co.17 bis
dl cit. comportava la proroga delle cambiali con scadenza anteriore al 31 dicembre 92 “al
ricorrere della sola presentazione della richiesta di aiuto alla Regione”.
E’ su tale premessa che il giudice di appello ha in concreto affermato la sussistenza della
proroga legale, essendo documentato in atti (pag.7) tanto che il Pepe aveva in effetti richiesto
alla Regione Basilicata di essere ammesso ai benefici di cui al dl 149/93, quanto che tale
istanza gli era stata accolta.
Ora – al di là del fatto che la censura mira a suscitare in sede di legittimità un inammissibile
sindacato sulla ricostruzione del fatto e sulla valutazione del compendio istruttorio da parte del
giudice di appello – è dirimente osservare come l’avvenuta (o meno) presentazione dell’istanza
di moratoria da parte del debitore alla banca risulti, nella ricostruzione del ragionamento
logico-giuridico della corte di appello, circostanza del tutto ininfluente; avendo appunto
quest’ultima ricollegato il presupposto della proroga delle cambiali alla presentazione della

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del Pepe di istanza in tal senso – non già alla banca – ma all’autorità amministrativa (Regione

medesima istanza alla Regione (che l’aveva accolta). E’ dunque evidente che il domandarsi se
nella specie sussistessero i motivi (di puro riscontro probatorio) per affermare l’avvenuta
presentazione dell’istanza in questione alla banca non coglie nel segno; trattandosi di quesito
‘altro’ rispetto alla ratio decídendi posta dalla corte di appello a fondamento – come si è visto della propria decisione.
E’ principio consolidato di questa corte che: “la mancanza di conferenza del quesito di diritto

il richiedente, è priva di rilevanza nella fattispecie, in quanto il deciso attiene a diversa
questione, sicché il ricorrente non ha interesse a proporre quel quesito dal quale non può
trarre alcuna conseguenza concreta utile ai fini della causa – è assimilabile all’ipotesi di
mancanza del quesito, a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., con conseguente
inammissibilità del motivo, in applicazione del principio in tema di motivi non attinenti al
“decisum”, nel senso che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di
specifiche attinenze al “decísum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata
enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4, con conseguente
inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio”

(Sez. U, Sentenza n. 14385 del

21/06/2007, Rv. 598789). La controprova dell’inconferenza del quesito qui proposto sta nel
fatto che, quand’anche esso venisse in ipotesi delibato nel senso auspicato dalla banca, in nulla
verrebbe inficiata la logica sottesa alla decisione impugnata.

2.3. Con il secondo motivo, la banca lamenta violazione o falsa applicazione di norme di
diritto, ex art.360, 1^co., n.3) cpc, avendo la corte di appello interpretato l’articolo 2 co.17 bis
dl 149/93, come mod.dalla 1.237/93 nel senso della automaticità della proroga delle cambiali,
nonostante la discrezionalità asseritamente attribuita dalla legge agli istituti di credito nel
valutare, caso per caso, i presupposti e le condizioni delle agevolazioni finanziarie stabilite
dalla legislazione di sostegno. Ciò ha portato la banca a formulare i seguenti quesiti di diritto: ;
“dica la SC se la norma in questione: a. preveda, quale presupposto della sua applicazione, la’
presentazione di una specifica istanza all’ente Regione, ovvero la richiesta debba
necessariamente essere presentata all’istituto di credito; b.abbia sancito una proroga
automatica ed ope legis delle cambiali agrarie scadute prima del 31 dicembre 92 ovvero svolga

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rispetto al deciso – che si verifica allorché, da una parte, la risposta allo stesso pur positiva per

una funzione meramente autorizzatoria, riservando agli istituti di credito, nel rispetto della loro
autonomia negoziale, di valutare caso per caso la concessione e la durata della eventuale
proroga dei titoli di credito”.
Anche tale motivo deve ritenersi inammissibile per l’evidente astrattezza del quesito di diritto
che lo riassume: – privo della seppur sintetica indicazione del presupposto di fatto sul quale la
diversa interpretazione giuridica andrebbe ad incidere; – finalizzato a suscitare una teorica

con immediatezza la relazione logica tra l’interpretazione giuridica sottoposta al vaglio di
legittimità e la soluzione del caso recepita in sentenza.
Si è in proposito affermato che:

“in tema di ricorso per cassazione, secondo la nuova

disciplina introdotta dall’art. 366 bis cod.proc. cív., il quesito di diritto con il quale deve
concludersi a pena di inammissibilità ciascuno dei motivi con i quali il ricorrente denunzia alla
Corte un vizio riconducibile ad una o più fattispecie regolate nei primi quattro numeri dell’art.
360, comma primo, cod. proc. civ. deve essere risolutivo del punto della controversia e non
può definirsi nella richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del
giudice di legittimità”

(Sez. 5, Sentenza n. 17108 del 03/08/2007, Rv. 600540); e che:

“A

norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui
quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di
qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in
esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal
ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con
il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo”.

(Sez. U, Sentenza n. 6420

del 11/03/2008, Rv. 602276).
Va qui ribadito che il quesito di diritto ex art.366 bis cit. deve costituire il punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, così da /
necessitare di uno specifico ed espresso collegamento con la fattispecie concreta, non/
altrimenti desumibile dalla narrativa di illustrazione del motivo (Cass.6420/08, cit.).
Considerazioni analoghe valgono anche per il terzo motivo di ricorso, con il quale la banca ha
dedotto la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.360, 1 Aco., n.3) cpc, con

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affermazione di principio sull’interpretazione della norma giuridica; – inidoneo a far constare

riferimento agli articoli 633 e 653 cpc, avendo la corte di appello confermato la revoca del
decreto ingiuntivo sul presupposto della non esigibilità, al momento del ricorso ex articolo 633
segg.cpc, del credito ingiunto (portato da cambiali agrarie prorogate e venute a scadere
soltanto nel corso del giudizio di opposizione). Ciò ha indotto la ricorrente a formulare il
seguente quesito di diritto ex articolo 366 bis cpc:

“dica la SC se nell’ipotesi in cui il requisito

ingiuntivo , il provvedimento monitorio debba essere revocato ovvero confermato”. Anche in
tal caso ci si trova di fronte ad un quesito formulato in maniera teorica e generica; in quanto
tale, del tutto svincolato dalla prefigurazione dell’esito che l’adottata opzione giuridica di
legittimità sortirebbe sulla soluzione del caso concreto.
Al di là di quanto finora osservato, emerge poi – a riprova del inammissibilità del ricorso
globalmente considerato – che la banca ricorrente non ha esplicitato sotto quale profilo
permanga il suo interesse concreto ed attuale ad ottenere l’annullamento di un regolamento
sostanziale di merito che ha condannato i debitori al pagamento della medesima somma
ingiunta, stabilendo al contempo (in accoglimento sul punto dell’appello) la decorrenza degli
interessi moratori, così come richiesto dalla banca medesima nel propugnare il difetto dei
presupposti di proroga delle cambiali agrarie, dalla originaria scadenza del 31 dicembre 89.
Basterà in proposito considerare che anche questo aspetto fondamentale – attinente ad una
condizione dell’azione – doveva essere specificato in ricorso, in maniera tale da risultare
immediatamente e chiaramente enucleabile. Vieppiù in assenza di specifica censura sulla
disciplina delle spese del giudizio monitorio e di quello di merito.
Ne segue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Nulla si dispone sulle spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata
costituzione degli intimati.

– dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso nella,camera di consiglio della terza sezione civile in data 26.11.13.

della esigibilità del credito ricorra al momento della decisione della opposizione a decreto

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