Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 560 del 15/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/01/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 15/01/2020), n.560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12128/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Tau Metalli S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa

dall’Avv. Domenico D’Arrigo, elettivamente domiciliata in Roma alla

via M. Prestinari n. 13, presso l’avv. Paola Ramadori;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5852/14 della Commissione Tributaria Regionale

della Lombardia, sezione staccata di Brescia, pronunciata in data

27/10/2014, depositata in data 11/11/2014 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/11/2019 dal

Consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Basile Tommaso, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato dello Stato Giammario Rocchitta per l’Agenzia delle

Entrate e l’Avv. Domenico D’Arrigo per la società ricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro la Tau Metalli S.p.A. per la cassazione della sentenza n. 5852/14 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, pronunciata in data 27/10/2014, depositata in data 11/11/2014 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento per maggiori Ires, Irap ed Iva per gli anni di imposta 2005 e 2006, oltre interessi e sanzioni, in fattispecie relativa all’utilizzo di fatture ritenute dall’Ufficio soggettivamente inesistenti.

2. A seguito del ricorso, la società resiste con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza del 20/11/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per mancanza del requisito motivazionale, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 61 e art. 36, comma 2, n. 4 e violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per l’omessa pronuncia su di un motivo di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17, 18,19 e art. 21, comma 7, e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.2. I primi due motivi sono fondati, con conseguente assorbimento del terzo.

1.3. Con riferimento al primo motivo si osserva quanto segue.

La motivazione della sentenza impugnata, come dedotto dalla ricorrente, risulta tautologica e non idonea a manifestare compiutamente l’iter logico motivazionale del giudice e gli elementi di fatto posti a base del suo convincimento.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017).

In particolare, il giudice di appello, senza descrivere la fattispecie sottoposta al suo esame e senza fare alcun riferimento alla sentenza del giudice di prime cure, nè ai motivi di impugnazione dell’Ufficio, genericamente afferma che “per quanto riguarda l’utilizzo di fatture emesse da terzi occorre dare prova che esse erano fonte di un comportamento fraudolento anche del contribuente”.

La C.T.R. fa riferimento alla ricostruzione effettuata dai verbalizzanti, affermando che dalla stessa non è ravvisabile un comportamento di dolo del contribuente, senza in alcun modo spiegare il proprio convincimento in relazione al contesto fattuale oggetto della verifica.

Parimenti generiche e di difficile comprensione appaiono le argomentazioni, che rimangono mere affermazioni di principio del tutto avulse dalla fattispecie in esame, secondo cui “si dovrebbe ravvisare con chiarezza l’accordo simulatorio tra interposto, interponente e terzo”, che tale accordo “è atto a costituire la trama essenziale” e che “deve emergere a livello probatorio” che il terzo utilizzatore tragga un vantaggio “consentendo allo stesso di avere un indebito profitto”.

Infine, il giudice di appello sostiene che la fittizietà delle operazioni non è dimostrata dai prezzi praticati alla Tau Metalli, in quanto tali prezzi “potrebbero” essere stati applicati sistematicamente anche ad altri clienti, e che la contribuente ha fornito la prova documentale dei pagamenti, senza alcuna indicazione sul tipo di documentazione prodotta e sul motivo per cui la stessa è stata ritenuta idonea a dimostrare l’effettività dei pagamenti stessi.

Invero, “in tema di valutazione delle prove ed in particolare di quelle documentali, il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti” (Sez. 3 -, Ordinanza n. 14762 del 30/05/2019).

Passando al secondo motivo, anch’esso è fondato, poichè la ricorrente aveva ribadito nell’atto di appello (nell’ambito del II motivo) la fondatezza del recupero a tassazione, ai fini dell’imponibile Irap, delle plusvalenze derivanti dalla vendita di beni strumentali, per l’ordinario deperimento fisiologico degli stessi, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 3.

Il rilievo, che nasceva dal P.V.C. del 24 ottobre 2007, emesso dalla Direzione Regionale della Lombardia – Ufficio Controlli Fiscali, era stato recepito nell’avviso di accertamento, annullato dalla C.T.P. di Brescia, sul presupposto della carenza di potere di verifica in capo alla Direzione regionale stessa.

La statuizione era stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate, che aveva ribadito, nel merito, la fondatezza del recupero a tassazione, chiedendo la riforma della sentenza dei giudici di prime cure.

Nessuna statuizione si rinviene sul punto nella sentenza impugnata, che è incorsa in un’omissione di pronuncia su di una doglianza contenuta nel secondo motivo di appello dell’Agenzia delle entrate.

In conclusione, il primo ed il secondo motivo di ricorso sono fondati, con conseguente assorbimento del terzo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 15 gennaio 2020

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