Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5594 del 21/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2022, (ud. 13/10/2021, dep. 21/02/2022), n.5594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9727-2020 proposto da:

T.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO

CAMPANELLO 23, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLO COPPOLA, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato EUGENIO MARIA

PATRONI GRIFFI;

– ricorrenti –

e contro

P.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 903/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 30/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il giudizio trae origine dalla domanda proposta innanzi al Tribunale di Lagonegro da M.A. nei confronti di P.P., con la quale chiese accertarsi il suo diritto ad attraversare il fondo del convenuto e la cessazione delle molestie;

– la Corte d’appello di Potenza, con sentenza del 30.12.2019, in riforma della sentenza di primo grado, rigettò la domanda.

– la corte di merito osservò che l’attrice aveva esercitato l’actio confessoria servitutis ma non aveva chiesto accertarsi l’usucapione del diritto della servitù di passaggio. In ogni caso, trattandosi di servitù apparente, non aveva fornito la prova dell’esistenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù;

– anche l’azione possessoria era inammissibile perché proposta dopo due anni dal presunto spoglio;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso T.T., in qualità di erede di M.A., sulla base di due motivi:

– nessuno degli altri intimati ha svolto attività difensiva:

– il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre all’errata valutazione delle prove testimoniali e dal materiale fotografico in atti, dalle quali risulterebbe che l’attrice era titolare della servitù di passaggio, che avrebbe esercitato per oltre trent’anni acquisendo il relativo diritto per usucapione.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., l’errata ricostruzione del fatto e la valutazione delle prove, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la corte di merito ritenuto tardivamente proposta dopo due anni dallo spoglio l’azione di reintegrazione del possesso nonostante l’eccezione di tardività non fosse mai stata proposta dal convenuto.

I motivi, che per la loro connessione, vanno esaminati congiuntamente sono inammissibili.

Quanto alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., deve richiamarsi l’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Sez. 3, Sent. n. 23940 del 2017).

Il ricorrente, nella specie, non indica alcun omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ma sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto le ragioni che giustificano la loro decisione, sicché deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste – manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori ai sensi del – nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831).

Inoltre, deve ribadirsi che l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, sono attività riservate al giudice del merito, in quanto involgono accertamenti di fatto, con la conseguenza che è insindacabile, in sede di legittimità, la valenza probatoria di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base alle quali il giudice di secondo grado sia pervenuto ad un giudizio logicamente motivato. Il controllo di legittimità demandato a questa Corte non è configurabile come terzo grado di giudizio, nel quale possano essere ulteriormente valutate le istanze e le argomentazioni sviluppate dalle parti ovvero le emergenze istruttorie acquisite nella fase di merito, mediante proposta di ricostruzioni alternative dei fatti di causa rispetto a quelli accertati nella sentenza impugnata.

Infine, va richiamato anche il consolidato orientamento secondo il quale: per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c., è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892 del 2016, Cass. S.U. n. 16598/2016).

La deduzione della violazione dell’art. 116 c.p.c., è ammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nei limiti in cui è consentito il sindacato di motivazione (Cassazione civile sez. un., 30/09/2020, n. 20867).

La corte di merito si è infine conformata ai principi di diritto in materia di acquisto per usucapione di servitù apparente in quanto ha accertato l’inesistenza di opere stabili e permanenti destinate all’esercizio della servitù, sulla base sia delle risultanze delle prove testimoniali che del materiale fotografico in atti.

Ne’, una volta qualificata la domanda come azione petitoria, era possibile configurare l’azione possessoria, trattandosi di azioni caratterizzate da diversità di “petitum” e “causa petendi”, giacché il giudizio petitorio è volto alla tutela della proprietà o di altro diritto reale, mentre il giudizio possessorio tende soltanto al ripristino dello stato di fatto mediante un’azione che culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale, indipendentemente dall’esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponda e il cui eventuale contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune “restitutiones in integrum” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2300 del 05/02/2016; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 14979 del 16/07/2015)”.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il Collegio condivide la proposta del Relatore;

– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente reiterativa degli stessi;

– il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;

– nulla va statuito sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

– ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA