Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5592 del 06/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 06/03/2017, (ud. 05/07/2016, dep.06/03/2017),  n. 5592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19068/2014 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 118, presso lo studio dell’avvocato MARIA CARLA VECCHI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA VERNAZZA

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA NICATORE giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

21/01/2014, depositata il 03/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/07/2016 dal Presidente Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito l’Avvocato Maria Carla Vecchi difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Alessio Petretti difensore del controricorrente che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

F.P., avendo ottenuto disconoscimento di paternità nei confronti di F.L., proponeva azione di dichiarazione giudiziale nei confronti del presunto padre, G.G..

G.G. si costituiva dapprima rimettendosi a giustizia sulla domanda; successivamente con un nuovo difensore, chiedendone il rigetto.

Il Tribunale di Chiavari, con sentenza del 4/3/2009 accoglieva la domanda.

La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 21/1/2014 n. 281/14 confermava la sentenza impugnata.

Ricorre per cassazione il G..

Resiste con controricorso il F., che pure deposita memoria difensiva.

Va precisato che il ricorso appare ammissibile, in quanto autosufficiente diversamente da quanto ritiene il controricorrente; si individua seppur succintamente la vicenda e sono sviluppati i motivi proposti.

Appare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 247, 269 c.c. per violazione dell’art. 24 Cost., con riferimento all’assenza di legittimazione, nel procedimento di disconoscimento di paternità, del presunto padre biologico, di cui al primo motivo del ricorso.

Non sussiste collegamento giuridico tra azione di disconoscimento e di dichiarazione giudiziale di paternità, ma semmai (e solo in via eventuale) di mero fatto.

Si tratta di azioni del tutto autonome ed indipendenti (tra l’altro, alla prima sono legittimati il padre, la madre e il figlio, alla seconda, il solo figlio). L’effetto della prima, ove accolta, comporta un mutamento dello status del soggetto che acquisisce quello di figlio di padre ignoto; potrà seguire o non seguire una azione per la dichiarazione giudiziale di paternità. Così, del resto, si è già espressa questa Corte (tra le altre, Cass. n. 1784 del 2012).

Quanto al secondo motivo, attinente a vizio di motivazione, esso appare inammissibile.

In sostanza il ricorrente propone una valutazione di fatto alternativa a quella effettuata dal giudice a quo, insuscettibile di controllo in questa sede.

Si viola l’art. 360 c.p.c., n. 5, essendo svolto il motivo come carenza o contraddittorietà di motivazione, senza fare riferimento, come richiede oggi la disposizione novellata, a specifici fatti, oggetto di dibattito in causa, incidenti sulla decisione e omessi dal giudice a quo.

Va conclusivamente rigettato il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 3.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

A norma del D.L. n. 196 del 2003, art. 52, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2017

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