Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5587 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. un., 28/02/2020, (ud. 14/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di sez. –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20836-2018 proposto da:

R.E., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato PASQUALE NAPOLITANO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2744/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 08/05/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2019 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, il quale conclude per il dichiararsi

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

1. Gli attuali ricorrenti, tutti in possesso del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, hanno impugnato davanti al TAR del Lazio il D.M. 22 giugno 2016, n. 495 con il quale il Ministero dell’Istruzione aveva disposto l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento (GAE) per il personale docente ed educativo della scuola per il triennio 2014/2017 senza prevedere la possibilità di inserimento, in tali graduatorie, dei docenti muniti del diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso ed il Consiglio di Stato, richiamando quanto deciso in adunanza plenaria, con la sentenza n. 11 del 2017, ha confermato il rigetto.

2. Quanto alla tempestività della domanda di inserimento nelle GAE e del successivo ricorso giurisdizionale, il giudice d’appello ha accertato che i ricorrenti avrebbero potuto percepire l’illegittimità del mancato inserimento nelle graduatorie ben prima del 2013 atteso che la conoscenza non è sorta nel momento in cui la questione è giunta in sede giurisdizionale, ma piuttosto con il D.M. 16 marzo 2007 con il quale in attuazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 605 (legge finanziaria del 2007) era stato disposto l’aggiornamento delle graduatorie permanenti che erano state chiuse e portate ad esaurimento. Inoltre, richiamandosi ancora una volta alla decisione dell’Adunanza plenaria, si è negata la qualifica di titolo abilitante al diploma magistrale.

3. Avverso la sentenza del Consiglio di Stato ricorrono in Cassazione i ricorrenti in epigrafe indicati che denunciano la violazione dei limiti esterni della giurisdizione con un unico articolato motivo al quale resiste con controricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria ed ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO

CHE:

4. Con il ricorso è denunciato l’eccesso di potere giurisdizionale per avere il Consiglio di Stato sconfinato dai limiti della sua giurisdizione e pronunciato su una domanda rientrante nella sfera riservata al giudice ordinario essendo il petitum sostanziale, da valutare per mezzo della causa petendi, finalizzato ad ottenere l’accertamento del loro diritto ad essere inseriti nella graduatoria eventualmente previa disapplicazione dell’atto amministrativo.

5. Tanto premesso il ricorso è inammissibile.

5.1. Va premesso in fatto che la presente controversia trae origine da un ricorso proposto al giudice del lavoro di Roma che con sentenza n. 6214 del 2016 declinò la propria giurisdizione.

5.2. Il giudizio fu riassunto dagli odierni ricorrenti davanti al TAR del Lazio che con sentenza n. 3024 del 2017 affermò la propria giurisdizione ma respinse nel merito la domanda.

5.3. Il Consiglio di Stato ha quindi deciso sull’unico motivo di ricorso, con il quale si deduceva di essere in possesso di un titolo abilitante che legittimava all’inserimento nella graduatoria di terza fascia o in altra graduatoria eventualmente aggiuntiva.

5.4. Da tale ricostruzione si evince, pertanto, che la statuizione sulla giurisdizione del giudice amministrativo, affermata dal TAR davanti al quale gli odierni ricorrenti avevano riassunto il giudizio a seguito della declinatoria da parte del Tribunale di Roma, non ha costituito oggetto di gravame davanti al Consiglio di Stato.

6. Alla luce di tali incontestate premesse va rammentato che come più volte ritenuto da questa Corte si forma il giudicato interno sulla giurisdizione tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato sulla giurisdizione affermandola e poi abbia statuito nel merito – così come anche nel caso in cui tale statuizione sia implicita alla definizione nel merito della controversia – e le parti vi abbiano prestato acquiescenza non impugnando sotto questo profilo la sentenza (cfr. tra le tante Cass. Sez. U. 27/04/2018 n. 10265 e recentemente Cass. Ord. 22/05/2019 n. 13750).

6.1. Nè la questione può essere sottoposta sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale atteso che anche per tale aspetto la violazione in ipotesi riferibile alla sentenza di primo grado avrebbe dovuto costituire oggetto di specifica censura in appello da parte dei ricorrenti che sotto tutti i profili erano risultati soccombenti.

7. In conclusione, per le considerazioni che precedono il ricorso è inammissibile.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 3000,00 per compensi professionali oltre a s.p.a.d.. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio delle sezioni unite, il 14 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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