Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5586 del 11/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 5586 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 20526-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 7103880585) – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
MASTRANGELO ALFONSO , elettivamente domiciliato in ROMA,
CORSO D’ITALIA 102, presso lo studio dell’avvocato MOSCA
GIOVANNI PASQUALE, che lo rappresenta e difende giusta delega
a margine del controricorso;

– controficorrente –

Data pubblicazione: 11/03/2014

avverso la sentenza n. 2253/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 9/03/2010, depositata il 12/08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Mosca Giovanni Pasquale difensore del

controricorrente che si riporta agli scritti.

Ric. 2011 n. 20526 sez. ML – ud. 30-01-2014
-2-

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 30
gennaio 2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” La Corte di appello di Roma, con sentenza del 12 agosto 2010, in

termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra Poste Italiane e
Mastrangelo Alfonso per il periodo dal 1°.12 1999 al 29.2.2000 ed
accertata la intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato a decorrere dal 1°.12 1999, condannava la società a
riammettere in servizio il Mastrangelo ed al risarcimento del danno
quantificato nelle retribuzioni spettanti dalla notifica del ricorso
introduttivo alla data della pronuncia detratto raliunde perceptum” così
come risultante dalla documentazione agli atti, oltre interessi legali e
rivalutazione monetaria.
Il termine al contratto era stato apposto ” per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di ritnodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa
dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle
risorse umane”.
La Corte territoriale rilevava che detto contratto era stato stipulato
dopo lo spirare del termine massimo di vigenza della contrattazione che
autorizzava le ipotesi “ulteriori” di legittima apposizione del termine ai
contratti di lavoro con la società Poste Italiane (e cioè dopo il 30/4/1998).
Per la cassazione della sentenza propone ricorso Poste Italiane s.p.a.
affidato a tre motivi.
Il Mastrangelo resiste con controricorso.

i

S30

«:«iti

riforma della decisione del Tribunale di Roma, dichiarata la nullità del

Con il primo motivo del ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione
della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994,
nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 18.1.1998, del 27.4.1998,
del 2.7.1998 e del 18.1.2001, in connessione con l’art. 1362 c.c. e segg. art. 360 c.p.c., n. 3. Si assume che, facendo corretta applicazione dei criteri

volontà comune delle parti nello stipulare l’integrazione all’art. 8 CCNL
1994, doveva concludersi che gli accordi collettivi non fissavano alcun
limite temporale alla stipula dei contratti a termine.
Con il secondo motivo si deduce omessa ed insufficiente motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio assumendosi che la
Corte territoriale aveva esposto in modo inidoneo le ragioni circa il
rapporto, asseritamente sussistente, tra il contratto collettivo, l’Accordo
sindacale del 25.9.1997 ed i successivi ed. accordi attuativi, in relazione alla
esistenza del supposto limite temporale.
Entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente
connessi, sono infondati.
Ed infatti la costante giurisprudenza di questa Corte ritiene che la L. 28
febbraio 87, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la
possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla
L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonché dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17,
art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di
apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una
vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non
sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque
omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).
Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale
nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo
del 25.9.97, la giurisprudenza considera corretta l’interpretazione dei

2

ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg., e, in particolare, ricercando la

giudici di merito che, con riferimento agli accordi attuativi sottoscritti lo
stesso 25.9.97 e il 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano
convenuto di riconoscere la sussistenza dapprima fino al 31.1.98 e poi (in
base al secondo accordo) fino al 30.4.98 della situazione di fatto integrante
delle esigente eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo. Per far

personale con contratto tempo determinato solo fino al 30.4.98, di modo
che debbono ritenersi privi di presupposto normativo i contratti a termine
stipulati successivamente. Le parti collettive, dunque, avevano raggiunto
un’intesa senza limite temporale ed avevano poi stipulato accordi attuativi
che tale limite avevano posto, fissandolo prima al 31.1.98 e dopo al
30.4.98, per cui l’indicazione di quella causale nel contratto a termine
avrebbe legittimato l’assunzione solo se il contratto fosse scaduto dopo il
30.4.98 (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378).
La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto irrilevante l’accordo 18.01.01
perché stipulato dopo oltre due anni dall’ultima proroga, e cioè quando si
era già perfezionato il diritto all’accertamento della nullità. Anche se con
quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente gli
accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine
effettuate senza la copertura dell’accordo 25.09.97 (ormai scaduto),
comunque sarebbe stato violato il principio dell’indisponibilità del diritto
dei lavoratori, dovendosi escludere che le parti stipulanti potessero, con
detto strumento, autorizzare ex posi contratti a termine non più legittimi
perché adottati in violazione della durata in precedenza stabilita (vedi, per
tutte, Cass. 12.03.04 n. 5141).
L’esistenza delle esigente eccezionali è dunque negozialmente
riconosciuta fino al 30.04.98, di modo che la legittimità dei contratti a
termine stipulati entro tale data è basata su una ricognizione di fatto
derivante direttamente dal sistema normativo nato dall’attuazione dell’art.

3

fronte a tali esigenze l’impresa poteva dunque procedere ad assunzione di

23. Essendo stato il contratto del Mastrangelo stipulato per il periodo
1.12.1999 — 29.2.2000 i motivi sono infondati.
Col terzo motivo viene denunciata violazione degli artt. 1206, 1207, 1217,
1219, 2094, 2099 e 2697 c.c., quanto alle conseguenze economiche della
conversione del contratto a tempo indeterminato tra le parti, invocando

n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010,
Il motivo è fondato sotto il profilo dell’applicazione della L. n. 183 del
2010, art. 32. Come affermato da questa Corte (Cass., n. 3056 del 2012 e
da numerose altre successive), lo “ius superveniens” costituito dalla L. n.
183 del 2010, ex art. 32, commi 5, 6 e 7, (applicabile nel giudizio pendente
in grado di legittimità qualora pertinente alle questioni dedotte nel ricorso
per cassazione) configura, alla luce dell’interpretazione adeguatrice offerta
dalla Corte costituzionale con sentenza n. 303 del 2011, una sorta di
penale “ex lege” a carico del datore di lavoro che ha apposto il termine
nullo; pertanto, l’importo dell’indennità è liquidato dal giudice, nei limiti e
con i criteri fissati dalla novella, a prescindere dall’intervenuta costituzione
in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente
subito dal lavoratore (senza riguardo, quindi, per l’eventuale “aliunde
perceptum”), trattandosi di indennità “forfetizzata” e “onnicomprensiva”
per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto
“intermedio” (dalla scadenza del termine alla sentenza di conversione).
Per tutto quanto sopra considerato, si propone, ex art. 375 cod.
proc. civ., n. 5, l’accoglimento del ricorso nei termini di cui sopra con
cassazione della impugnata sentenza e rinvio alla Corte di Appello la quale
provvederà nella specie anche ai sensi di quanto disposto in rito dal citato
art. 32, comma 7.”

4

l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010,

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
Il Mastrangelo ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. nella quale si
deduce: la inammissibilità del terzo motivo di ricorso e la conseguente

impugnata sentenza relativo alle conseguenze risarcitorie della ritenuta
nullità del termine; la rilevanza nel caso in esame della sentenza della Corte
di Giustizia UE relativa alla causa Carratù contro Poste Italiane s.p.a. .
Orbene, osserva il Collegio che il terzo motivo di ricorso non è
inammissibile essendo stata, comunque, chiesta l’applicazione dello ius
superveniens su un capo della decisione ancora sub iudice e in quanto oggetto
di censure, dunque, ancora non coperto dal giudicato ( le decisioni di
questa Corte richiamate afferiscono al diverso caso in cui l’applicazione
dell’art. 32 cit. era stata chiesta non nel ricorso ma solo nella memoria ex
art. 378 c.p.c. ).
Quanto alla decisione Carratù contro Poste Italiane si evidenzia che
Corte di Giustizia UE ha affermato che sulla scorta del solo principio di
uguaglianza/non discriminazione, previsto dalla Clausola 4 della Direttiva
1999/70/Ce, non si può ritenere violata la parità di trattamento, perchè
non appaiono direttamente comparabili la tutela prevista per la illegittima
interruzione dei contratti a tempo indeterminato ex art 18 1. 300/70, nella
formulazione ante riforma c.d. Fornero, e quella dovuta per l’ipotesi di
illegittima interruzione dei contratti a termine (punti 44 e 45 della
Sentenza). Le conseguenze della illegittima interruzione del rapporto di
lavoro a termine non trovano quindi tutela sulla scorta della sola Clausola
4.
Alla luce di quanto esposto il Collegio ritiene il contenuto e le
conclusioni della riportata relazione condivisibili e, dunque, accoglie il

5

inapplicabilità dell’art. 32 cit. essendo passato in giudicato il capo della

ricorso limitatamente al terzo motivo e cassa in relazione al motivo accolto
l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa
composizione anche per le spese.

P.Q.M.
La Corte accoglie solo il motivo di ricorso relativo all’art. 32 L. n.

Roma in diversa composizione anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2014
residente

183/2010, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA