Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5586 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/03/2010, (ud. 25/01/2010, dep. 08/03/2010), n.5586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

via dei Portoghesi 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Sport System di Fina Marco & C. s.n.c.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 34/3/07 del 10/7/07.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto che ha rigettato l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società contro un avviso di accertamento IVA. L’intimata non si è costituita.

Il ricorso contiene due motivi. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5) ed accolto, per manifesta fondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il primo motivo la ricorrente deduce il vizio di violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, censurando la sentenza impugnata quanto all’affermazione secondo cui, ai sensi dei commi 9 e 10, l’amministrazione non potrebbe contestare i crediti indicati nella dichiarazione di condono cosiddetto tombale.

Il mezzo è manifestamente fondato, in quanto questa Corte ha affermato che, in tema di condono fiscale, la previsione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 9, per il quale la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, se comporta che nessuna modifica di tali importi può essere determinata dalla definizione automatica, non sottrae all’ufficio il potere di contestare il credito. Pertanto, quando sia stato chiesto il rimborso dell’IVA e l’ufficio abbia motivo di ritenerla mai versata, trattandosi di operazioni inesistenti, l’Erario non è tenuto, per automatico effetto del condono, a procedere al rimborso, nè gli è inibito l’accertamento diretto a dimostrare l’inesistenza del diritto a conseguirlo, atteso che il condono fiscale elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio (Cass. 375/09).

Con il secondo motivo l’Agenzia censura la sentenza, sotto il profilo del vizio di motivazione, quanto all’affermazione secondo cui l’avviso di accertamento impugnato sarebbe illegittimo (anche) a causa della mancata allegazione dei documenti che giustificano i presupposti di fatto o le ragioni giuridiche per ritenere inesistenti le fatture emesse dalla Sri Soso.

Anche il secondo motivo è manifestamente fondato.

Va premesso che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in materia di IVA, in ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, grava su di essa l’onere di provare che le operazioni, oggetto delle fatture, in realtà non sono state mai poste in essere. Ma, se l’amministrazione fornisca validi elementi alla stregua del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, – per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 15395/08, 21953/07).

Considerato che gli elementi indiziari per sostenere la fittizietà delle operazioni emergevano dal pvc, sicuramente noto alla società, ne discende che nessun ulteriore onere probatorio gravava sull’amministrazione, spettando la prova della effettiva esistenza delle operazioni alla società�;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto, accolto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto, che farà applicazione dei principi di diritto suenunciati.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

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