Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5586 del 02/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/03/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 02/03/2021), n.5586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7586/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

M.G.F., elettivamente domiciliato a Roma, in Via Po n.

102, presso lo studio dell’avv. Pietro Anello, dal quale è

rappresentato e difeso per procura a margine del ricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 66/05/13 pronunciata il 27.9.2013 e depositata il

28.10.2013;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 novembre 2020

dal consigliere Dott. Giuseppe Saieva;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale, Dott. Mucci Roberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

Udito il difensore della ricorrente, in persona dell’Avvocato dello

Stato Mattia Cherubini, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.G.F., esercente attività di broker, impugnava gli avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate gli aveva contestato un maggior reddito imponibile ai fini Irpef, di 92.786,00 Euro per l’anno 2005 e di 106.524,83 Euro per l’anno 2006; accertamento eseguito in forma sintetica ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 in applicazione del c.d. “redditometro”, essendo risultato il contribuente proprietario di un appartamento di 200 mq., sito in Genova, gravato da due mutui di 28.632 Euro annui, di un’autovettura di 24 HP e di una moto di cilindrata compresa tra 350 e 500 cc., nonchè detentore (in leasing) di un’imbarcazione con motore di 120 HP.

2. La Commissione tributaria provinciale di Genova rigettava il ricorso del contribuente, il cui appello interposto dinanzi alla Commissione tributaria regionale ligure veniva viceversa accolto con sentenza n. 66/05/13 depositata il 28.10.2013, nella considerazione che l’ufficio aveva accertato la non compatibilità del reddito imponibile dichiarato per l’anno 2005 ai fini IRPEF per un importo pari ad 34.655,00 Euro e la non compatibilità del reddito imponibile dichiarato per l’anno 2006 per un importo pari a 538,00 Euro; scostamento che non essendosi verificato per oltre 1/4 per due anni consecutivi consentiva di annullare l’accertamento.

3. Avverso tale sentenza, l’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi cui resiste con controricorso il contribuente, eccependo l’inammissibilità del ricorso e dei motivi ivi dedotti, oltre che la totale infondatezza.

4. Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c., il ricorrente ha depositato una memoria insistendo nell’accoglimento delle proprie richieste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce “violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4), dell’art. 118 disp. att. c.p.c. – vizio di motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, avendo la C.T.R. omesso di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui avrebbe tratto il proprio convincimento ovvero, avendo indicato “tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento”.

2. Con il secondo motivo deduce “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” avendo la C.T.R. negato l’esistenza dello scostamento su cui l’ufficio aveva fondato il contestato accertamento.

3. Con il terzo motivo deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, avendo la C.T.R. negato l’esistenza dello scostamento, tacendo poi sulle disponibilità economiche non reddituali delle quali il contribuente non aveva fornito alcuna giustificazione.

4. Il primo ed il terzo motivo, suscettibili di trattazione unitaria per evidente connessione, vanno accolti, mentre resta assorbito il secondo.

5. In primo luogo va osservato che, nel caso di specie, non è applicabile – come erroneamente ritenuto dalla C.T.R. – la normativa relativa agli studi di settore ed ai relativi parametri, trattandosi di accertamento sintetico eseguito dall’ufficio ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, commi 4, 5 e 6; norma in base alla quale l’Amministrazione finanziaria determina (sinteticamente) il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute, degli investimenti e dei consumi effettuati nel corso del periodo d’imposta.

6. Al riguardo, questa Corte ha già chiarito (Cass. Sez. 5, 26/11/2014, n. 25104) che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5 e 6 prevede che gli uffici finanziari, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, possano “determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente, in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato”. In sostanza, il dettato della citata disposizione normativa prevede che il controllo della congruità dei redditi dichiarati venga effettuato partendo da dati certi ed utilizzando gli stessi come indici di capacità di spesa, per dedurne, avvalendosi di specifici e predeterminati parametri di valorizzazione (c.d. redditometro), il reddito presuntivamente necessario a garantirla. Quando il reddito determinato in tal modo si discosta da quello dichiarato per almeno due annualità, l’ufficio può procedere all’accertamento con metodo sintetico, determinando il reddito induttivamente e quindi utilizzando i parametri indicati, a condizione che il reddito così determinato sia superiore di almeno un quarto a quello dichiarato.

7. Questa Corte con sentenza della Sez. 5, 18/04/2014, n. 8995, ha poi chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico eseguito ai sensi dell’art. 38 citato, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma richiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso; previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perchè in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente”.

8. A fronte della indicazione da parte dell’Ufficio erariale di elementi certi indicatori di capacità di spesa, il contribuente ha l’onere di contestare il possesso degli indicatori di capacità di spesa ovvero di provare, con idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente era costituito in tutto o in parte “da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”, così restando esposto alle conseguenze, in tema di accertamento presuntivo del reddito della propria dichiarazione.

9. I giudici della C.T.R., invero, non hanno in alcun modo ravvisato l’assoluta carenza di documenti idonei a contestare l’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva evidenziata dall’ufficio finanziario e, con motivazione meramente apodittica, hanno escluso che nella specie sussistessero le condizioni previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, citato art. 38 per l’accertamento sintetico eseguito, procedendo incomprensibilmente all’annullamento degli avvisi impugnati.

10. La C.T.R. infatti non ha fornito alcuna spiegazione delle ragioni per le quali aveva ritenuto di escludere lo scostamento rilevato fra reddito imponibile dichiarato e reddito accertato, nè indicato da quali documenti avrebbe desunto la congruità di “quanto asserito da parte contribuente” il quale “per i due anni in questione non aveva lavorato cedendo la propria quota nella società di brokeraggio assicurativo e quindi essendo tenuto a non agire in concorrenza come da contratto di cessione” e riconoscendo al medesimo la disponibilità finanziarie più che sufficienti per far fronte al tenore di vita rilevato con gli indicatori del cosiddetto redditometro”.

11. Sulla base delle argomentazioni esposte, si ritiene, pertanto, che i Giudici di secondo grado non abbiano correttamente applicato le disposizioni normative ed i principi giurisprudenziali in tema di accertamento sintetico. Il ricorso va quindi accolto con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, per il riesame di merito della vicenda, oltre che per la liquidazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2021

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