Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5584 del 02/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/03/2021, (ud. 28/10/2020, dep. 02/03/2021), n.5584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23848-2013 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO LOVISOLO,

giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 17/2013 della COMM.TRIB.REG. di GENOVA,

depositata il 04/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/10/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MUCCI ROBERTO, che ha concluso per la richiesta di cessazione della

materia del contendere per i primi cinque motivi e rigetto nel

sesto;

udito per il controricorrente l’Avvocato SEVERI che si riporta agli

scritti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate notificava avviso di accertamento a P.G., esercente attività di “studi di ingegneria” recante rettifica della dichiarazione dei redditi, ed IVA, per l’anno d’imposta 2005 in relazione ai movimenti rilevati sui suoi conti correnti bancari a seguito di indagini finanziarie effettuate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 1.

Il contribuente, che non aveva accettato le proposte dell’Ufficio a seguito di richiesta di accertamento con adesione, proponeva ricorso avverso il predetto atto impositivo.

L’Agenzia delle Entrate si costituiva contrastando l’assunto della parte contribuente.

La Commissione Tributaria Provinciale di Savona rigettava il ricorso sul rilievo che i maggiori ricavi erano stati accertati sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti.

Tale sentenza era gravata di appello da parte del P..

L’ufficio resisteva al gravame, del quale deduceva l’inammissibilità e l’infondatezza.

La Commissione Tributaria Regionale della Liguria pronunciava sentenza con cui “in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma della sentenza appellata, dichiara(va) illegittime e annulla(va) le riprese fiscali di cui all’avviso di accertamento impugnato nei limiti del complessivo importo di Euro 62.052,29; conferma(va) nei limiti del residuo l’avviso di accertamento impugnato; sanzioni di conseguenza”; si precisa che il residuo ascende ad Euro 24.313,71.

Per la cassazione di detta sentenza il contribuente propone ricorso – illustrato da memoria – recante sei motivi; resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Occorre fare una essenziale premessa prima di passare all’esame del ricorso: successivamente al deposito della sentenza impugnata e alla proposizione dell’odierno gravame, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1 n. 2, secondo periodo, come modificato dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 402, lett. a), n. 1) limitatamente alle parole “o compensi”. A seguito del deposito di detta sentenza, il contribuente presentava ricorso in autotutela in via amministrativa che era parzialmente accolto dall’Agenzia delle Entrate (con provvedimento allegato alla memoria del ricorrente) con la eliminazione della voce “prelevamenti non giustificati”, restando in contestazione, in base alla sentenza della CTR, “versamenti non giustificati per Euro 24.313,71, portano ad un reddito delle attività professionali accertato pari ad Euro 38.027,71”. Sulla scorta del menzionato provvedimento dell’Amministrazione il ricorrente ha, in sede di memoria, rilevato preliminarmente che la totalità dei prelevamenti (che occupano i motivi da 1 a 3 del ricorso) esulano dall’oggetto del contendere, che pertanto resta limitato ai motivi da 4 a 6, ai quali sono dedicate le considerazioni che seguono.

Alla stregua della premessa che precede, il ricorso, per quanto ancora di interesse, consta dei seguenti motivi che recano: 4) “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”; 5) “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”; 6) “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, tenuto conto dell’interpretazione costituzionalmente orientata di cui alla sentenza 3.6 2005 n. 225 della Corte Costituzionale.

Può ora procedersi all’esame dei motivi (residui) del ricorso principale.

I motivi 4) e 5) vanno trattati congiuntamente: infatti il secondo attiene all’Iva, la cui ripresa non sarebbe, a dire del ricorrente, dovuta avendo egli fornito la prova della irrilevanza fiscale di taluni versamenti, oggetto della censura di cui sub 4), che rappresenta il presupposto della censura soggettiva.

I ricorsi sono inammissibili in quanto con essi il ricorrente si duole della valutazione della prova (essi hanno ad oggetto degli assegni emessi dai P.L. e V. e assegni emesse da B.I. per la casa in Francia) che non spetta alla Corte, ma al giudice del merito; il ricorso si risolve, in sostanza, in una critica dell’apprezzamento operato dalla CTR che non può trovare ingresso nel giudizio di cassazione.

L’ultimo motivo va dichiarato inammissibile, in quanto formulato in via subordinata per il caso di mancato accoglimento dei precedenti cinque, il cui esame – per come si è detto in precedenza – resta superato a ragione dell’applicazione della più volte menzionata sentenza della Corte Costituzionale (il riferimento è ai motivi da 1 a 3) e per la restante parte è, per le ragioni esposte, inammissibile.

Conclusivamente, va dichiarata cessata la materia del contendere quanto ai motivi da 1) a 3) oltre che agli altri motivi, limitatamente ai prelevamenti, del ricorso, i quali vanno infine dichiarati inammissibili per la restante parte concernente i versamenti.

La parziale soccombenza delle parti costituisce motivo che giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

Dichiara cessata la materia del contendere per i motivi da 1) a 3) e per i prelevamenti di cui ai motivi 4), 5) 6) per i versamenti dichiarati inammissibili.

Compensa le spese del processo.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2021

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