Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5583 del 06/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 06/03/2017, (ud. 12/10/2016, dep.06/03/2017), n. 5583
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
F.R., elettivamente domiciliato in Roma, via Luigi
Gherzi 9, presso lo studio dell’avv. Alessandro Pone, rappresentato
e difeso dall’avv. Giampiero Vellucci, per procura speciale in calce
al ricorso, che indica per le comunicazioni relative al processo la
p.e.c. avvgiampiero.vellucci-pecavvocatifrosinone.it;
– ricorrente –
nei confronti di:
F.A., in persona del curatore speciale avv.
C.P., giusta decreto del Tribunale di Cassino del 2 maggio 2007 e
successivo provvedimento del G.T. in data 8 aprile 2016 che agisce
di persona ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliata in Roma via
Silvio Pellico 24 (presso lo studio dell’avv. C. Romano Carello) che
indica per le comunicazioni relative al processo il fax 0776/311533
e la p.e.c. paola.carello-pec.avvocaticassino.it;
e
C.M.A., elettivamente domiciliata in Roma, via degli
Scipioni 268/A, presso lo studio dell’avv. Piero Frattarelli,
rappresentata e difesa dall’avv. Attilio Turchetta, giusta procura
speciale in calce al controricorso, che dichiara di voler ricevere
le comunicazioni relative al processo alla p.e.c.
avv.attilioturchetta-pec.avvocaticassino.it e al fax n. 0776/770156;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4721/2015 della Corte di appello di Roma,
emessa il 29 luglio 2015 e depositata il 3 agosto 2015, n. R.G.
110/2014.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Rilevato che in data 22 agosto 2016 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta:
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Cassino, con sentenza n. 743/2013, ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di disconoscimento proposta da F.R. nei confronti del figlio A., nato il (OMISSIS) da C.M.A., per intervenuta decadenza dall’azione.
2. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4721/15, ha respinto l’appello del F. rilevando che nessuna prova era stata portata dall’attore, su cui incombeva l’onere, della tardiva conoscenza della paternità di Alessandro da parte di un’altra persona. Al contrario risultava dalle prove per testi che Roberto F. fosse consapevole di ciò sin da prima del matrimonio e avesse accettato di sposare C.M.A. sapendo che aspettava un figlio da un altro uomo.
3. Propone ricorso per Cassazione F.R. deducendo violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione all’art. 235 c.p.c., comma 1, n. 3, art. 244 c.c., comma 2, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 134/1985.
4. Propongono controricorso C.M.A. e F.A. in persona del curatore speciale avv. C.P. ed eccepiscono l’inammissibilità sotto vari profili del ricorso.
Ritenuto che:
1. Le eccezioni di inammissibilità, relative al mancato rispetto dell’art. 366 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 5, appaiono fondate perchè al di là della mera indicazione delle violazioni di legge (artt. 235 e 244 c.c.) il ricorrente non chiarisce in alcun modo in cosa la decisione impugnata si sia posta in contrasto con tali disposizioni e con l’interpretazione di esse da parte della giurisprudenza di legittimità. Nè vi è nel ricorso una indicazione di un fatto decisivo e discusso nel giudizio di merito la cui valutazione sia stata omessa dalla Corte di appello. Il contenuto del ricorso consiste infatti esclusivamente nella contestazione della valutazione delle prove da parte della Corte di appello che ha sicuramente espresso al riguardo una motivazione adeguata sotto il profilo della rispondenza ai parametri costituzionali.
2. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
La Corte, letta la memoria difensiva del ricorrente che non apporta ulteriori argomenti da valutare rispetto alle deduzioni difensive contenute nel ricorso, condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate per ciascuno dei ricorrenti in complessivi Euro 3.200, di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2017