Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5582 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. I, 28/02/2020, (ud. 11/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24761-2018 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Raffaele Tecce del foro di Avellino che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi,

n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta

e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna (c.c. 21/6/2018, dep.

13/7/2018);

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2019 dal consigliere relatore Dott. Ariolli

Giovanni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.M., cittadino della (OMISSIS), ha proposto opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Bologna, che ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale e di protezione umanitaria.

2. Con decreto depositato il 13/7/2018, il Tribunale di Bologna ha rigettato l’opposizione.

3. R.M. ricorre per cassazione avverso il suddetto provvedimento; svolgendo due motivi ne chiede l’annullamento.

4. Con controricorso ritualmente notificato, si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con due motivi il ricorrente deduce: 1) “violazione di legge ex art. 111 Cost., comma 7, e/o violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5”; 2) Con il secondo motivo il ricorrente deduce: “violazione di legge ex art. 111 Cost., comma 7e/o violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14”.

Entrambi i motivi sono inammissibili.

5.1. Quanto al profilo di attendibilità del ricorrente – aspetto che è alla base del diniego di entrambe le forme di protezione internazionali richieste (status di rifugiato e protezione sussidiaria) – la censura è inammissibile perchè il Tribunale ha colto nella genericità delle allegazioni dei fatti incidenti sull’effettività delle minacce subite e nelle contraddizioni intrinseche relative alla veridicità del pericolo per la propria incolumità (peraltro soltanto supposta), i profili di inattendibilità del racconto, così applicando i parametri legislativi che incentrano sulla coerenza intrinseca del racconto in tutte le sue parti e sulla non contraddittorietà riguardo alle allegazioni relative ai fatti integranti le condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale nelle sue emanazioni tipiche. Non ha fondato la valutazione di contraddittorietà e genericità su profili marginali ma sulla correlazione causale, oggetto di obbligo allegativo, tra l’esistenza delle gang (denominata (OMISSIS)) e il coinvolgimento personale e diretto del ricorrente (posto che l’obiettivo ritorsivo della gang sarebbe da individuarsi nel fratello, membro di altra gang opposta), per mezzo di minacce ed esposizione a pericolo per l’incolumità fisica nel paese di residenza. E tale valutazione costituisce un accertamento di fatto, che è censurabile, in costanza dei relativi presupposti, solo, per vizio di omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio che non è stato dedotto. L’assenza di attendibilità del narrato si riverbera necessariamente su quella dei presupposti invocati per il riconoscimento delle speciali forme di protezione richieste a cui si riferiscono specificamente i motivi di censura, tanto con riguardo al diritto di asilo quanto alla protezione sussidiaria.

5.2. In riferimento al caso della violenza indiscriminata di cui all’art. 14, lett. c il Tribunale, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, non si è sottratto all’onere di cooperazione istruttoria ed ha escluso, al lume di più reports, la situazione che legittima la tutela richiesta di conflitto interno armato nella regione di provenienza del richiedente che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia (v. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE), potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente, a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbrario 2009, Elgafaji, C-465/07 e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018; Cass., 6, ord. n. 24644 del 2019). Anche sotto tale profilo, pertanto, il provvedimento impugnato si sottrae alla denunziata violazione di legge. Peraltro, l’accertamento circa la sussistenza, in concreto, di siffatto tipo di situazione implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, che non è stato dedotto.

6. Meramente enunciato nelle conclusioni è il riferimento alla protezione umanitaria di cui si chiede a questa Corte “la concessione”, in assenza di censure specifiche sul punto al provvedimento impugnato. La doglianza, oltre ad articolare un petitum di merito estraneo al giudizio di legittimità, risulta inammissibile perchè generica.

7. In conclusione va dichiarata, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, condannandosi il ricorrente, stante la soccombenza, a rifondere le spese all’Amministrazione controricorrente, liquidate come in dispositivo.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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