Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5580 del 11/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5580 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 29327-2008 proposto da:
TRAVERSARO AURELIO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DI S. COSTANZA 46, presso lo studio
dell’avvocato MANCINI LUIGI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GOLDA CARLO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2014
325

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
L

SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 11/03/2014

in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA n.

29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, PREDEN
SERGIO, VALENTE NICOLA, giusta delega in atti;
– controricorrente

D’APPELLO di GENOVA, depositata il 10/12/2007 R.G.N.
168/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/01/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1356/2007 della CORTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10 dicembre 2007 la Corte di Appello di Genova respingeva l’impugnazione
proposta da Aurelio Traversaro avverso la sentenza n. 5 del 20 febbraio 2006 del Tribunale di
Chiavari, di rigetto delle sue domande nei confronti dell’Inps, di accertamento del proprio
diritto (in quanto già dipendente di Fincantieri s.p.a. di Riva Trigoso, con mansioni di operaio

1978, come da allegata certificazione Inail — Contarp e collocato in pensione dal 1° febbraio
1992) alla riliquidazione del!’ anzianità retributiva, a norma dell’art. 13, ottavo comma 1.
257/92 (come mod. dalla 1. 271/93) e di condanna dell’Inps al relativo pagamento,
sull’essenziale rilievo dell’inapplicabilità della normativa invocata ai titolari, al momento
della sua introduzione, di una pensione di anzianità (come appunto il ricorrente) o di vecchiaia
o di inabilità, senza alcun vizio di costituzionalità del suddetto discrimine temporale.
Ricorre Aurelio Traversaro per cassazione, sulla base di un unico motivo di gravame, cui
resiste l’Inps con controricorso, integrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico, complesso e articolato, motivo di gravame, Aurelio Traversaro si duole di
violazione e falsa applicazione degli artt. 13, settimo e ottavo comma 1. 257/92 (come mod.
dalla 1. 271/93) e 12 disp. prel. c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., per avere la
sentenza impugnata, in acritica recezione di un orientamento giurisprudenziale di legittimità
pure consolidato e tuttavia meritevole di rivisitazione (con particolare riferimento alla sua più
compiuta espressione, con sentenza n. 13786/2001), erroneamente escluso la legittima
applicazione della normativa di favore invocata anche ai pensionati. Applicazione invece
possibile sulla base di più attenta e puntuale lettura del tenore letterale del testo normativo
(anche considerata la sua ripercorsa evoluzione, di definitiva chiarificazione della spettanza
del trattamento ai lavoratori esposti al contatto ultradecennale con l’amianto,
indipendentemente dall’attualità della loro occupazione al momento di entrata in vigore della
legge 257/92): diversamente configurandosi evidente e ingiustificata disparità di trattamento
tra lavoratori nella stessa situazione, egualmente lesi nei diritti primari alla salute e alla
percezione di un adeguato trattamento previdenziale, in violazione degli artt. 3, 32 e 38 Cost.

siderurgico navale esposto alle polveri di amianto almeno dal 20 luglio 1956 al 31 dicembre

Il motivo è infondato, avendo la corte ligure correttamente applicato, come rilevato anche
dall’Inps, un principio di diritto assolutamente consolidato nell’insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, non contraddetto da nuove né persuasive ragioni argomentative;
neppure la norma in esame essendo affetta da alcun vizio di incostituzionalità, già escluso
dalla Corte costituzionale (in particolare con sentenze n. 434/2002 e n. 290/2010) sul rilievo

Ed infatti, la maggiorazione contributiva prevista dall’art. 13, settimo e ottavo comma 1.
257/1992, come modificato dall’art. 1, primo comma d.l. 169/1993, conv. in 1. 271/1993, a
favore dei lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa della esposizione
all’amianto (settimo comma), ovvero che siano stati esposti a detta sostanza nociva per un
periodo ultradecennale (ottavo comma), non spetta ai soggetti già titolari, alla data di entrata
in vigore della legge n. 257/1992 (28 aprile 1992), di una pensione di anzianità o di vecchiaia
ovvero di inabilità; dovendo invece essere riconosciuta (nella ricorrenza di tutti gli altri
requisiti stabiliti dalle citate disposizioni) ai lavoratori che, a quella medesima data,
prestassero ancora attività di lavoro dipendente, ovvero versassero in stato di temporanea
disoccupazione, ovvero fossero titolari di pensione o di assegno di invalidità, siccome
anch’essi interessati ad incrementare la posizione assicurativa per conseguire le prestazioni di
vecchiaia (così, in particolare, Cass. 28 luglio 2010, n. 17638, che chiarisce come: scopo
generale della legge sia il sostegno ai lavoratori pregiudicati nelle loro possibilità
occupazionali dalla soppressione delle lavorazioni dell’amianto e che i benefici in questione
mirino alla specifica agevolazione del pensionamento di vecchiaia o di anzianità dei soggetti
esclusi dal beneficio del prepensionamento previsto dal secondo comma dello stesso art. 13,
per mancanza del requisito dei trent’anni di contribuzione o di attualità del rapporto di lavoro;
tale esigenza ricorra anche per i titolari di pensione o assegno di invalidità, infatti non esclusi
dalla rivalutazione dei periodi contributivi in questione, ben qualificabili lavoratori, non
precludendo il godimento della prestazione di invalidità lo svolgimento di attività lavorativa;
nella categoria dei lavoratori indicata dalla legge rientrino tutti coloro, alla data della sua
entrata in vigore, in stato di disoccupazione volontaria o involontaria, non facendo esso venir
meno che i medesimi abbiano prestato attività lavorativa).
E tale insegnamento costante (Cass. 17 gennaio 2005, n. 757; Cass. 28 aprile 2004, n. 8182;
Cass. 27 febbraio 2004, n. 4063; Cass. 7 novembre 2001, n. 13786) si fonda su una corretta

della liquidazione delle prestazioni previdenziali in base alla legge all’epoca in vigore.

lettura del testo normativo novellato. Come noto, l’art. 1, primo comrna-bis d.l. 169/1993
conv. con mod. in 1. 271/1993 ha sostituito, nel settimo comma dell’art. 13, le parole “per i

lavoratori” a quelle precedenti “per i dipendenti delle imprese di cui al primo comma, anche
se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite”. E l’art. 1, primo
comma d.l. cit., ha sostituito il testo previgente dell’ottavo comma dello stesso articolo (“ai

all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione
all’amianto gestita dall’Inail quando superano i 10 anni sono moltiplicati per il coefficiente
di 1,5”), con l’attuale: “per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo
superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria
contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’Inail, è
moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5”.
Invariato è rimasto, infatti, il chiaro riferimento della normativa di favore ai lavoratori,
dovendosi poi sottolineare, come già nella sentenza di questa Corte 7 novembre 2001 n.
13786, che ogniqualvolta il legislatore abbia inteso applicare anche ai già pensionati un
beneficio inesistente all’epoca della liquidazione, lo ha espressamente previsto (così per le
disposizioni in favore dei dipendenti pubblici ex combattenti, di cui alle leggi 336/1970 e
824/1971, analogicamente assimilabili a quelle in commento, traducendosi anche in aumenti
sul trattamento pensionistico), al fine di derogare al principio della normale irretroattività
della legge, di cui è esplicazione la regola per cui la pensione si liquida sulla base delle
disposizioni vigenti all’atto del conseguimento del diritto.
E tale indirizzo interpretativo è stato pure avallato dal legislatore, che ha disposto, con l’art.
80, venticinquesimo comma 1. 338/2000 (legge finanziaria 2001), che “in caso di rinuncia

all’azione proposta dai lavoratori esposti all’amianto, aventi i requisiti di cui alla legge
257/92 e cessati dall’attività lavorativa antecedentemente all’entrata in vigore della predetta
legge, la causa si estingue con compensazione delle spese e non si dà luogo da parte dell ‘Inps
al recupero dei relativi importi oggetto di ripetizione di indebito nei confronti dei titolari di
pensione interessati”. Ora, la disposizione, chiaramente finalizzata a deflazionare l’ingente
contenzioso pendente, rileva ai fini interpretativi qui d’interesse per la previsione di
esclusione della sua applicabilità per coloro che avevano cessato l’attività lavorativa prima
dell’entrata in vigore della legge (come si evince dal riferimento alla natura di “indebito” delle

fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche i periodi di lavoro soggetti

somme già erogate a tale titolo) e per il riferimento ai “titolari di pensione”, questa intesa in
collegamento alla cessazione del lavoro e pertanto ad uno stato definitivo di inattività e non
meramente temporaneo di inoccupazione (7 novembre 2001 n. 13786).
Dalle superiori argomentazioni si evince l’esatta applicazione delle norme di legge denunciate
da parte della Corte d’Appello di Genova, nel solco dell’insegnamento di questa Corte e pure

infatti, in riferimento al vizio denunciato ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., come al giudice di
legittimità spetti, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma
solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logicoformale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale riservato in via esclusiva il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’ attendibilità e la
concludenza, scegliendo, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti, dando così libera prevalenza all’uno
o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge; non
equivalendo il controllo di logicità del giudizio di fatto ad una revisione del ragionamento
decisorio (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 marzo
2007, n. 5066).
Né, infine, una tale interpretazione viola gli artt. 3, 32 e 38 Cost.
La Corte costituzionale già si è data carico, con ampia e persuasiva motivazione non
seriamente contraddetta dalle odierne censure del ricorrente, neppure originali, di escludere
l’illegittimità costituzionale delle norme in questione per violazione degli artt. 3 e 38 Cost., in
particolare con la sentenza 31 ottobre 2002, n. 434.
Sotto il primo profilo, la Corte, previamente esclusa la loro ratio risarcitoria o indennitaria
(neppure affermata nel propria precedente del 12 gennaio 2000, n. 5), ha in particolare ritenuto
che l’estensione di agevolazioni a categorie di soggetti non contemplate dalla disciplina di
favore possa ritenersi costituzionalmente necessitata solo ove, accertata la piena omogeneità
delle situazioni poste a confronto, lo esiga la ratio della disciplina invocata quale tertium
comparationis (Corte cost. 431/1997 e 86/1985; 194/2000, ord.): dovendosi escludere nella
specie tale omogeneità, per la diversità delle date di conseguimento del diritto cui si deve fare
riferimento per ciascuna delle categorie di soggetti di cui si tratta e la corrispondenza di tale
criterio discretivo ai principi generali regolatori della materia, coerente con un esercizio non

la motivazione congrua della sentenza impugnata, esente da vizi logici e giuridici. E’ noto,

irragionevole della discrezionalità che compete al legislatore nella scelta delle modalità di
configurazione dei trattamenti, come la rivalutazione contributiva in oggetto, di carattere
eccezionale.
Sotto il secondo profilo, la Corte ha essenzialmente ribadito che l’art. 38, secondo comma
Cost. esige la sufficienza del trattamento previdenziale ad assicurare le esigenze di vita del

principio, un margine di discrezionalità, anche in relazione alle risorse disponibili, almeno
quando non sia in gioco la garanzia delle esigenze minime di protezione della persona (nel
caso di specie rispettata).
Manifestamente infondata è poi la prospettata violazione dell’art. 32 Cost., non essendo
neppure configurabile una lesione del bene primario della salute del ricorrente, in quanto già
in pensione e non più esposto alle polveri di amianto morbigene, né in alcun modo su esso
incidendo la misura del trattamento pensionistico, invece rilevante sotto diverso profilo (art.
38, secondo comma Cost.) negativamente scrutinato.
Per tali ragioni il ricorso deve essere respinto per infondatezza, con riaffermazione del
principio di diritto, ai sensi dell’art. 384, primo comma c.p.c., del principio di diritto, secondo
cui il beneficio previdenziale per i lavoratori del settore amianto, stabilito dall’art. 13, ottavo
comma 1. 257/1992 e succ. mod., compete esclusivamente ai soggetti qualificabili come
“lavoratori” alla data di entrata in vigore della stessa legge (28 aprile 1992), ovvero ai
prestatori di lavoro subordinato in attualità di servizio, a quelli in stato di temporanea
disoccupazione ed anche ai titolari fornitori di pensione o assegno di invalidità, in quanto
beneficiari di prestazioni non preclusive dello svolgimento di attività lavorativa, nonché,
infine, ai superstiti di tali soggetti, purché il decesso si sia verificato dopo il 28 aprile 1992.
Non occorre, infine, provvedere sulle spese del giudizio, in applicazione ratione temporis
dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alla modifica introdotta dal d.l. 269/2003
(conv. in 1. 326/2003).

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

lavoratore pensionato: dovendosi peraltro riconoscere al legislatore, nell’attuazione del

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2014

Il Presidente

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