Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5580 del 06/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 06/03/2017, (ud. 21/11/2016, dep.06/03/2017),  n. 5580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10829-2016 proposto da:

A.N., (alias A.K.), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA VINCENZO SPECIALE giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.D., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

ANCONA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, Avv.

G.G. quale tutore della minore C.I.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 20/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

emessa il 09/10/2015 e depositata il 28/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI.

La Corte:

Fatto

OSSERVA

Con ricorso del 2.9.2011 A.N., (alias A.K.), premesso che intendeva riconoscere la figlia naturale infraquattordicenne Ca.Ja., ma non aveva potuto provvedervi i stante il mancato consenso della madre – chiedeva la pronuncia di sentenza che tenesse luogo del consenso negato dalla madre.

Si opponevano alla pronuncia: la madre della minore, che ha provveduto al riconoscimento all’epoca della nascita, ed il tutore della bambina.

Il Tribunale minorile di Ancona – espletata istruttoria, anche a mezzo di CTU che accertava la paternità biologica del ricorrente nei confronti della bambina – con sentenza n. 11/2015 del 9/2/2015, ha rigettato la domanda. La sezione Minori della Corte d’appello di Ancona, con sentena n. 20 del 9.10.2015 (dep. 28/10/15) ha confermato la decisione di prime cure.

Ricorre per cassazione A.N., alias A.K..

Non si sono costituiti nè la madre nè il tutore della minore.

Esaminati gli atti di causa, non si ravvisano le contestate violazioni di legge, e le censure risultano peraltro proposte in modo inadeguato.

In sostanza il ricorrente, invocando la violazione di norme di diritto, in particolare, tra l’altro, l’art. 250 c.c., comma 4, nella parte in cui prescrive che debba procedersi all’audizione del minore anche se infradodicenne, quando capace di discernimento, afferma che il riconoscimento di un minore può essere negato al padre solo quando questo comporti un concreto pericolo per lo sviluppo psico-fisico e on risponda ad un concreto interesse del minore.

In realtà il ricorrente finisce per proporre valutazioni di fatto alternative a quelle svolte nella sentenza impugnata, caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.

E’ appena il caso di ricordare che il diritto del minore ad essere riconosciuto, e del genitore biologico a provvedere al riconoscimento, sono senz’altro tutelati dall’ordinamento vigente (cfr. artt. 249, 250, 254 c.c..).

Nella vicenda sottesa al presente giudizio, peraltro, come emerge dalla sentenza impugnata, la situazione è particolare. La piccola J. è nata dalla relazione tra l’odierno ricorrente e la madre, unica ad averla riconosciuta alla nascita. All’epoca del parto il padre, l’odierno ricorrente, era detenuto. A distanza di anni il padre ha quindi domandato di riconoscere la bambina, ma la madre si è opposta.

Il presupposto perchè sia adottato il provvedimento richiesto è che esso corrisponda all’interesse del minore.

Appare in proposito ben argomentata la prospettazione del ricorrente, fondata su di un’ampia citazione delle pronunce del Giudice di legittimità, secondo cui, poichè è corretto ritenere, in generale, che un bambino abbia diritto ad avere due genitori, è possibile affermare che la pronuncia sostitutiva del consenso possa essere negata solo qualora siano individuate specifiche cause di pregiudizio per il minore in conseguenza del riconoscimento. (Al riguardo, tra le altre Cass. n. 2645 del 2011, n. 4 del 2008; n. 5115 del 2003).

Nel caso di specie, però, evidenziata la natura essenzialmente fattuale della valutazione e pertanto nei limiti in cui essa può essere controllata nel giudizio di legittimità, la Corte di merito ha dettagliatamente dato conto di una pluralità di elementi che, nel loro complesso, depongono nel senso dell’inadeguatezza del ricorrente a svolgere la funzione genitoriale, e pertanto del pregiudizio che avrebbe a soffrire la minore in conseguenza del riconoscimento paterno.

L’ A. annovera plurimi precedenti penali, ed ha conosciuto prolungati periodi di detenzione (fino al giugno 2015, secondo quanto documentato in atti). E’ pure destinatario di misura di sicurezza di espulsione dal territorio nazionale di cui è stata disposta la esecuzione dal Magistrato di sorveglianza di Siena (20.5.2014), avendo il Giudice confermato l’attualità della pericolosità sociale dell’ A. in tempi ancora recenti, e comunque successivi all’istaurazione del primo grado di questo giudizio da parte sua. Peraltro, alcune delle relazioni comportamentali redatte dagli Istituti Penitenziari in cui è stato detenuto, evidenziano delle criticità nella sua modalità comportamentale. Inoltre, il ricorrente è aduso ad utilizzare nomi falsi, ed anche questa sua scelta di non assumere un’identità definita – dipenda essa da incapacità psicologica o da opportunismo delinquenziale – non depone in suo favore. Appare ancora significativa, nell’indurre a confermare un giudizio negativo sulla personalità del ricorrente e sulla sua idoneità a svolgere il ruolo di padre di una bambina peraltro ancora in tenera età, la condotta tenuta dall’ A. nei confronti della madre già all’epoca del concepimento. Il ricorrente, maggiore di dieci anni di età, conobbe la madre della bambina, all’epoca minorenne, presso una Comunità terapeutica per tossicodipendenti. Egli indusse la donna a sradicarsi dai luoghi in cui stava tentando un recupero della propria vita e la condusse in Sicilia, “inducendo la stessa a prostituirsi ed utilizzando il grembo della ragazza, nel mentre questa era in stato di gravidanza (e con ciò mettendo in serio pericolo la vita della minore), per il trasporto di ovuli contenenti sostanza stupefacente, così scrive il giudice a quo.

Ancora rilevante appare il dato di fatto che a seguito della somministrazione in ambito carcerario del test MMP1, il ricorrente ha rivelato l’alterazione della mobilità dei nessi associativi e difficoltà di operare un efficace controllo della sfera pulsionale; si rivelano comportamenti impulsivi, spesso caratterizzati da valenze oppositive nei confronti dell’ambiente… Il giudizio di realtà può essere conseguentemente compromesso in quanto la sfera pulsionale, debolmente controllata, piò disorganizzare l’attività ideativa.

Il difensore, nel suo apprezzabile ricorso, evidenzia elementi positivi nella condotta recente dell’ A., che ha migliorato il suo comportamento quando detenuto, ha ottenuto la rimessione in libertà, ha conseguito la licenza media, etc. Tali elementi, tuttavia, sono inidonei, nel necessario giudizio di bilanciamento, a smentire i dati fattuali che si sono innanzi illustrati i quali, nel loro complesso, depongono decisamente nel senso della inadeguatezza del ricorrente a svolgere la funzione di genitore, e pertanto inducono ad esprimere una valutazione di chiaro pericolo per la r,; minore di subire pregiudizio a seguito del domandato riconoscimento paterno.

In ogni caso qualsiasi profilo, non proposto davanti al giudice a (Ndr: testo originale non comprensibile).

Il ricorrente, come anticipato, ha contestato pure che la Corte d’Appello avrebbe violato la legge (art. 250 c.c., comma 4) non procedendo all’audizione della figlia minore infradodicenne e fornendo in proposito una motivazione “inesistente e/o falsa”.

La pronuncia della Corte territoriale non merita la censura che è stata ad essa rivolta ò essa ha innanzitutto ritenuto che il Tribunale non aveva proceduto all’audizione della minore, che all’epoca di proposizione della domanda da parte dell’odierno ricorrente, aveva solo sette anni, implicitamente ritenendone l’ascolto inopportuno. La Corte di merito ha peraltro integrato la motivazione, sottolineando che, sempre all’epoca di proposizione della domanda, la bambina aveva visto l’ A. solo quattro volte, ed ha pertanto ritenuto, con giudizio sintetico ma comunque adeguato ed incisivo, che “sia per la tenera età della minore, sia per l’assoluta sporadicità dei contatti con l’ A., nessun ulteriore serio elemento valutativo poteva utilmente trarre il Tribunale dalla audizione della minore, con ciò dovendosi, in concreto, pertanto, ritenere insussistente il presupposto della capacità di discernimento della minore in relazione alla specifica tematica”. Valutazione, dunque non illogica e adeguatamente motivata.

Il Collegio perciò, ritenuto di condividere la relazione proposta, ritiene di rigettare il ricorso.

Stante la soccombenza del ricorrente, e preso atto che non vi sono altre parti costituite, nulla occorre provvedere in ordine alle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

La presente decisione è stata estesa con la collaborazione dell’Assistente di studio dott. D.M.P..

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2017

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