Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5575 del 06/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/03/2017, (ud. 05/07/2016, dep.06/03/2017),  n. 5575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20263-2014 proposto da:

S.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI 8,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PRECENZANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato LORENZO TRUCCO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

PREFETTO della PROVINCIA di TORINO;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. R.G. 14/2011 del GIUDICE DI PACE di TORINO,

depositata il 13/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 20263/2014:

“Nel 2014 il Prefetto di Torino emetteva nei confronti del sig. S.Z. un decreto di espulsione perchè entrava nel territorio dello Stato Italiano nel 1985 e vi si è trattenuto nonostante gli sia stata respinta la domanda di permesso di soggiorno inoltrata sotto l’alias M.Z..

Il ricorrente si rivolgeva al Giudice di Pace di Torino, opponendosi al decreto di espulsione, chiedendone l’annullamento. Si costituiva in giudizio la Prefettura di Torino con proprio funzionario che, contestando la domanda avanzata, chiedeva il rigetto del ricorso. 11 Giudice di Pace, rigettando la domanda del ricorrente, respingeva il ricorso proposto dal Sig. S. e dichiarava inammissibile l’opposizione avverso il provvedimento di espulsione. A sostegno della decisione impugnata veniva affermato: dalla documentazione agli atti risultava che il ricorrente sosteneva di convivere in (OMISSIS), con la madre e con il fratello unilaterale, così da configurare la causa di inespellibilità T.U. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 2, lett. c). Tuttavia non risultava provato che il ricorrente convivesse con questi, anzi dai documenti prodotti emergeva che detta convivenza non sussistesse. Il ricorrente invocava anche il proprio stato di salute per sostenere l’illegittimità del provvedimento impugnato. Tuttavia risultava che il ricorrente è stato ricoverato in regime di T.S.O. in condizioni di scompenso psicotico ed agitazione psicomotoria e gli esami a cui è stato sottoposto escludevano cause organiche responsabili dei disturbi comportamentali ed ideativi manifestati. Durante il periodo di permanenza illegale sul territorio italiano, il ricorrente veniva condannato dalla Corte d’Appello di Bologna per rapina e per precedenti a suo carico per violazione della normativa sugli stupefacenti, furto ed evasione.

Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per Cassazione dal sig. S. affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione al combinato disposto del T.U. n. 296 del 1998, art. 5, commi 5 e 6 e art. 19: il ricorrente contestava il fatto di non ritenere sufficiente l’ampia documentazione medico-psichiatrica prodotta, con riferimenti ad accertamenti in corso e ad un recente ricovero in T.S.O. Appariva incoerente che la diagnostica riportata nella narrativa venisse considerata come insufficiente a considerare le condizioni di salute del ricorrente come uno stato patologico che imponesse la somministrazione di cure urgenti o essenziali.

2) Violazione dell’obbligo di motivare il mancato accoglimento del ricorso sulla base di tutte le censure esposte dal ricorrente: il ricorrente contestava la mancata risposta del Giudice alla contestazione di genericità dell’atto amministrativo, ove il ricorrente veniva ritenuta persona pericolosa per la pubblica sicurezza.

La prefettura ha resistito con controricorso.

Il ricorso è manifestamente infondato cd entrambi i motivi non possono trovare accoglimento. Il T.U. n. 286 del 1998, art. 35 illustra che ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorchè continuative, per malattia e infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Nel caso di specie, come risulta dalla documentazione prodotta, non risulta provato l’attuale sussistenza in capo al ricorrente di uno stato patologico che imponga la somministrazione di cure urgenti o essenziali al fine di scongiurare un irreparabile pregiudizio al suo diritto costituzionale alla salute. Lo stesso medico, in seguito a sua relazione sullo stato di salute del ricorrente, non delle cure proposte.

In merito al secondo motivo, deve impugnato emerge che l’espulsione è stata fondata sul T.U. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) ovvero su una causa espulsiva diversa dalla pericolosità sociale. Nel provvedimento impugnato il riferimento ai precedenti penali viene utilizzato per descrivere le complessive condizioni di vita anche ai fini delle misure attuative dell’espulsione, del cittadino straniero.La censura ha, anche il carattere della novità.

In conclusione, qualora si condividano le suesposte considerazioni, si converrà sulla reiezione del ricorso”.

Il collegio condivide senza rilievi la relazione, rigetta il ricorso e in considerazione della natura della controversia compensa le spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese processuali del presente procedimento e compensa le spese del presente giudizio.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2017

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