Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5573 del 08/03/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 5573 Anno 2018
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: CENICCOLA ALDO

sul ricorso n. 16433\2015 proposto da

Ud. 15.12.2017

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, Provveditorato
Interregionale per le Opere Pubbliche Emilia Romagna Marche (CF
80075190373) e MINISTERO DEGLI INTERNI (CF 80014130928), in
persona dei rispettivi legali rapp.ti p.t., rapp.ti e difesi dall’Avvocatura
Generale dello Stato presso i cui uffici domiciliano per legge in Roma
alla v. dei Portoghesi n. 12
– ricorrenti contro
FALLIMENTO COGESTO s.p.a. (CF 05789770483), in persona del
curatore, rapp.to e difeso per procura a margine del controricorso
dall’avv. Gianluigi Cecchi Aglietti, con il quale elettivamente domicilia in
Roma alla via Silla n. 2/A presso lo studio dell’avv. Lucia Cecchi Aglietti
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 763/2015 del 17 aprile 2015 della Corte di
Appello di Firenze;

Data pubblicazione: 08/03/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
15 dicembre 2017 dal relatore dr. Aldo Ceniccola.

Rilevato che:
con sentenza n. 763 del 2015 la Corte di Appello di Firenze respingeva
l’appello proposto dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e dal

Firenze aveva dichiarato l’inefficacia ai sensi dell’art. 64 I.fall., nei
confronti dei creditori del Fallimento Cogesto, dell’atto con il quale la
Cogesto aveva assunto i debiti maturati dalla Tofanelli Costruzioni s.r.l.
in relazione all’esecuzione di un contratto di appalto concluso da
quest’ultima con il Ministero dei Trasporti;
osservava la Corte, per quanto ancora di interesse, che la valutazione
della gratuità od onerosità di un contratto va valutata con riguardo alla
sua causa in concreto, ossia con riferimento allo scopo pratico
concretamente perseguito dalle parti, laddove l’esame della complessiva
vicenda disvelava chiaramente il carattere gratuito dell’atto in
questione: la reale finalità sottesa alla scrittura privata del 27.5.2008
era costituita dall’assunzione di un debito scaturente da una penale a
carico della Tofanelli Costruzioni, a nulla rilevando né la circostanza che
tale scrittura dovesse essere inquadrata all’interno della complessiva
vicenda negoziale scaturente dall’affitto del ramo di azienda
(precedentemente intercorso tra Tofanelli e Cogesto), né il fatto che tra
le poste transitate in capo alla Cogesto dovesse ricomprendersi anche
un credito di C 233.475,44 (scaturente a sua volta da un atto
aggiuntivo al contratto di appalto del 5.12.2007 stipulato dal Ministero
con la Tofanelli Costruzioni);
né la contropartita, rilevante ai fini della qualificazione dell’atto come
oneroso, poteva essere ravvisata nell’ottenimento dell’autorizzazione al
subentro nell’appalto da parte del Provveditorato delle Opere Pubbliche,
assumendo tale vicenda un rilievo del tutto marginale, considerato il

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Ministero degli Interni avverso la sentenza con la quale il Tribunale di

valore residuo dell’appalto ed i costi stimati per il completamento
dell’opera a carico dell’appaltatore;
tale conclusione, del resto, risultava accreditata dai rapporti
intercorrenti tra le due società, riconducibili al medesimo gruppo, ed in
particolare dal fatto che la Cogesto era partecipata per il 45% dalla
Tofanelli Costruzioni, donde il convincimento (condiviso anche dal primo

essenzialmente finalizzato a liberare la controllante dal debito verso
l’appaltatore;
avverso tale sentenza ricorrono per cassazione il Ministero delle
Infrastrutture ed il Ministero degli Interni sulla base di un solo motivo; il
Fallimento della Cogesto s.p.a. resiste mediante controricorso.

Considerato che:
con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa
applicazione dell’art. 64 1.fall., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.,
avendo la Corte territoriale trascurato di considerare l’operazione nel
suo complesso, non potendosi nel caso in esame prescindere dalla
considerazione del preesistente contratto di appalto come modificato
con l’atto aggiuntivo e la successiva autorizzazione al subingresso;
dalla documentazione in atti, infatti, risulta chiaramente come con il
provvedimento del 22.5.2008 l’Amministrazione, il cui unico interesse
era avere un referente unico per l’appalto, acconsentì ad una variazione
soggettiva nel rapporto contrattuale e dunque tanto nei crediti quanto
nei debiti;
in particolare, quanto ai crediti, la Corte territoriale avrebbe omesso di
considerare che in virtù della scrittura aggiuntiva del maggio 2008 tutti i
crediti riguardanti la gestione dell’azienda, maturati tra la data presa in
considerazione dal 7° Sal e la data di decorrenza del contratto di affitto,
sarebbero passati all’affittuario (e non rimasti all’affittante come era
invece previsto dall’originario contratto di affitto);

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giudice) che l’assunzione dell’obbligo da parte della Cogesto fosse

anche l’ulteriore somma di C 233.475,44, quale importo aggiuntivo
risultante da una perizia di variante e suppletiva in favore della Tofanelli
Costruzioni era, in forza della nuova scrittura privata, di spettanza della
Cogesto, onde, in definitiva, non era affatto vero che la Tofanelli aveva
trasferito un debito sulla società partecipata senza alcuna contropartita;
il motivo è inammissibile in quanto mira ad introdurre questioni (quali la

l’esistenza di un ulteriore credito di C 233 mila; la convenienza
economica nel subingresso nel contratto di appalto) che evidentemente
tendono ad una rivalutazione del merito della vicenda già
compiutamente esaminata, in relazione a ciascuno degli indicati profili,
dalla Corte di Appello;
ciò del resto trova conferma, su un piano più generale, in quanto
statuito da Cass. n. 18781 del 2017 secondo cui “in tema di contratti, la
individuazione della causa concreta del contratto, e cioè degli interessi
perseguiti dalle parti con la specifica stipulazione negoziale, costituisce
accertamento di fatto riservato al giudice del merito, con la
conseguenza che essa è sottratta a censure in sede di legittimità”;
le considerazioni che precedono impongono dunque di dichiarare
l’inammissibilità del ricorso;
le spese della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo;
l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228
del 2012, l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova
applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal
pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. n.
1778 del 2016).

P.Q.M.

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necessità di una considerazione della natura unitaria del rapporto;

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; pone le spese del giudizio di
legittimità a carico dei ricorrenti liquidate in C 6.200, di cui C 200 per
esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 dicembre 2017.

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