Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5570 del 01/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 01/03/2021), n.5570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32085-2019 proposto da:

D.G.M., rappresentato e difeso GIUSEPPE TUMMINELLO;

– ricorrente –

contro

C.A., C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 621/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO.

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Palermo accoglieva la domanda proposta da D.G.M., di condanna dei convenuti C.A. e C.G. al pagamento pro quota di opere eseguite dall’attore su edificio condominiale, in quanto ritenute giustificate dal presupposto dell’urgenza.

La corte d’appello, adita dai soccombenti, riformava la sentenza, negando che l’attore avesse dato prova del requisito dell’urgenza.

Per la cassazione della sentenza il D.G. ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 1134 c.c..

C.A., C.G. rimangono intimati.

La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza.

Il ricorso è inammissibile.

Per aver diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, il condomino deve dimostrarne l’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 – applicabile anche nel caso di due soli condomini, onde evitare, anche nei cosiddetti condominii minimi, dannose interferenze del singolo condomino, esigenza estranea alla comunione (art. 1110 c.c.) – ossia la necessità – da valutare dal giudice di merito – di eseguirla senza ritardo, e quindi senza poter avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. n. 7181/1997).

Il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso purchè ne dimostri, ex art. 1134 c.c., l’urgenza, ossia che le opere, per evitare un possibile nocumento a sè, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. n. 18759/2016; n. 9280/2018).

Nella sentenza impugnata non si leggono affermazioni in contrasto con tali principi. La corte di merito infatti ha negato il rimborso in base al rilievo che mancava “la prova che dall’omesso compimento degli stessi poteva derivarne un possibile nocumento alla cosa comune od alla stessa incolumità dei condomini o di terzi, ad eccezione delle opere di ripristino del sotto balcone del terzo piano e degli altri sottostanti, il cui immediato mancato compimento avrebbero potuto cagionare, a causa di pericoli di crolli, danni a cose o persone; che in particolare va precisato che mentre appare del tutto evidente che la sostituzione dell’intonaco esterno dell’edificio, sebbene indubbiamente necessario in quanto quello esistente non impediva le infiltrazioni acquifere, non può affatto ritenersi urgente, in assenza della prova del rischio di pericolo di crolli, e che, ugualmente, non può ritenersi che dall’esistenza di semplici macchie di umidità nelle scale possa conseguire il rischio di danni alla cosa comune o all’incolumità delle persone, con conseguente insussistenza della necessità di provvedere senza ritardo al compimento delle opere effettuate nelle scale; che per quanto attiene alle ulteriori opere compiute, in precedenza elencate, appare evidente che, per la loro tipologia, è da escludere a priori che dal loro immediato omesso compimento poteva derivarne il rischio di danni alla cosa comune o all’incolumità delle persone, trattandosi di opere dirette a migliorare l’estetica e/o la funzionalità della cosa comune”.

Tali considerazioni, sopra letteralmente trascritte, sono in linea con la giurisprudenza della corte di legittimità, anche per quanto riguarda la distinzione fra necessità e urgenza. E’ stato chiarito che per avere diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, il condomino deve dimostrarne l’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c., ossia la necessità di eseguirla senza ritardo e, quindi, senza potere avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini. Tale accertamento di fatto compete al giudice di merito e detto giudi7io è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato (Cass. n. 4364/2001; n. 21015/2011).

In verità, risulta del tutto evidente in base al contenuto della censura, che il ricorrente, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, vorrebbe, in realtà, dalla Corte una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito. Ciò in cassazione non è consentito, conseguendone pertanto l’inammissibilità del ricorso (Cass., S.U., n. 34476/2019).

Nulla sulle spese.

Ci sono le condizioni per dare atto al D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2021

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