Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5569 del 08/03/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 5569 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

sul ricorso 18062/2016 proposto da:

Astaldi S.p.a., in proprio e quale mandataria dell’ATI costituita con
ICLA Costruzioni Generali s.p.a. e Impregilo s.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, Largo Sarti n.4, presso lo studio dell’avvocato Capponi
Bruno, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Salvi
Mario, Varrone Claudio, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente contro
Presidente della Regione Campania – Commissario Liquidatore della
Gestione Fondi fuori bilancio ex art.11, comma 18, legge n.
887/1984;

c›,4
IZCIG

Data pubblicazione: 08/03/2018

- intimato –

nonchè contro
Presidente della Regione Campania – Commissario Liquidatore della
Gestione Fondi fuori bilancio ex art.11, comma 18, legge n.

Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, domiciliati in
Roma, Via dei Portoghesi n.12, presso l’ Avvocatura Generale dello
Stato, che li rappresenta e difende ope legis;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali contro
Astaldi S.p.a., in proprio e quale mandataria dell’ATI costituita con
ICLA Costruzioni Generali s.p.a. e Impregilo s.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, Largo Sarti n.4, presso lo studio dell’avvocato Capponi
Bruno, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Salvi
Mario, Varrone Claudio, giusta procura a margine del ricorso
principale;
-controricorrente al ricorso incidentale avverso la sentenza n. 588/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 10/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/11/2017 dal cons. VALITUTTI ANTONIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 16 maggio 2006, la Astaldi
s.p.a. – in proprio e quale mandataria dell’ATI costituita con ICLA
Costruzioni Generali s.p.a. e Impregilo s.p.a. – conveniva in giudizio,
dinanzi al Tribunale di Napoli, il Presidente della Regione Campania 2

887/1984, e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del

Commissario Liquidatore della gestione fondi fuori bilancio, ex art.
11, comma 18, della legge n. 887 del 1984, chiedendone la
condanna al risarcimento dei danni subiti, a causa della mancata
esecuzione dei lavori di adeguamento della linea ferroviaria
Circumflegrea, aventi ad oggetto il collegamento con l’area

1.1. Esponeva l’attrice che – sebbene con convenzioni n. 281 del
9 dicembre 1986 e n. 524 del 31 marzo 1987, quest’ultima diretta a
regolare i rapporti con la SEPSA, esercente la Ferrovia
Circumflegrea, fosse stato stabilito che, in caso di mancata
esecuzione delle opere per difetto di copertura finanziaria o altro
motivo, fermo restando che all’ATI non sarebbe stato riconosciuto
indennizzo alcuno, ma solo le spese di progettazione e gli eventuali
oneri di esproprio, la concessionaria avrebbe avuto diritto di
proseguire comunque nella realizzazione dell’opera, impiegando
all’uopo qualsiasi altra fonte di finanziamento – i lavori in questione
non furono mai effettuati dalla concessionaria, per fatto ad essa non
imputabile. Ed invero, la mancata esecuzione delle opere sarebbe
stata ascrivibile alla condotta della SEPSA la quale, utilizzando le
progettazioni di massima ed esecutiva elaborate dall’ATI, richiese ed
ottenne i finanziamenti statali e regionali occorrenti per la
realizzazione dell’opera, ed indisse una nuova gara per l’affidamento
dei medesimi lavori ad altri soggetti.
Deduceva, quindi, la Astaldi che – nonostante la SEPSA ed il
Commissario Straordinario avessero presentato istanza congiunta al
CIPE di procedere alla voltura del contributo ottenuto da SEPSA in
favore del Commissario Straordinario – quest’ultimo non aveva poi
adempiuto i propri obblighi contrattuali. Sicchè il pregiudizio sofferto
sarebbe stato imputabile anche alla condotta di quest’ultimo.
3

universitaria di Monte Sant’Angelo.

1.2. Il Tribunale adito, con sentenza n. 23292010, in parziale
accoglimento della domanda, dichiarava risolta per inadempimento
del Commissario Straordinario la convenzione n. 281/1986, e per
l’effetto lo condannava al risarcimento dei danni subiti dall’ATI,
quantificati in Euro 17.763.153,99, oltre interessi legali e

2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 588/20009,
depositata il 10 febbraio 2016, accoglieva parzialmente sia l’appello
principale del Commissario Straordinario, che l’appello incidentale di
Astaldi (limitatamente alla decorrenza degli interessi). Il giudice di
seconde cure riteneva che la mancata esecuzione dei lavori da parte
dell’ATI concessionaria fosse da ascrivere all’oggettivo esaurimento
dei fondi e che, comunque, tale mancata esecuzione fosse imputabile
anche alla condotta della stessa ATI che non aveva proseguito i
lavori – «impiegando all’uopo le eventuali, quali che siano, ulteriori
fonti di finanziamento», come imposto dall’art. 3 della convenzione
n. 524 del 1987. Ne conseguiva, ad avviso del giudice del gravame,
l’applicabilità dell’art. 7 della convenzione n. 281 del 1986, che
riconosceva il diritto dell’ATI al pagamento delle sole spese di
progettazione, peraltro non rivalutabili, trattandosi di credito
restitutorio e non risarcitorio.
La Corte condannava, pertanto, il Commissario Straordinario al
pagamento, in favore dell’ATI, dell’importo di Euro 4.430.466,27,
oltre interessi legali, e compensava tra le parti le spese del giudizio.
3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la
Astaldi s.p.a. – in proprio e quale mandataria dell’ATI costituita con
ICLA Costruzioni Generali s.p.a. e Impregilo s.p.a. – nei confronti del
Presidente della Regione Campania – Commissario Liquidatore della
gestione fondi fuori bilancio, ex art. 11, comma 18, della legge n.
4

rivalutazione monetaria.

887 del 1984, sulla base di cinque motivi. Il Commissario
Straordinario e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno
replicato con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale,
affidato ad un solo motivo, al quale la Astaldi ha replicato con
controricorso.

civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi tre motivi di ricorso – che, per la loro evidente
connessione vanno esaminati congiuntamente – la Astaldi s.p.a.
denuncia la violazione degli artt. 1362 e ss., 1218, 1411, 1175, 1453
cod. civ., 99 della legge n. 633 del 1941, 11 della legge n. 887 del
1984, 12 disp. prel. cod. civ., 112 cod. proc. civ., nonché l’omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360,
primo comma, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ.
1.1. Si duole la ricorrente del fatto che la Corte d’appello abbia
erroneamente ritenuto – incorrendo nella violazione dei parametri
interpretativi previsti dagli artt. 1362 e ss. cod. civ., e nel vizio di
omesso esame di un fatto decisivo della controversia che ha formato
oggetto di discussione tra le parti – che fosse ravvisabile un
inadempimento dell’ATI – concessionaria dei lavori di adeguamento
della linea ferroviaria Circumflegrea, ai fini del collegamento con
l’area universitaria di Monte Sant’Angelo – alla convenzione n. 281 in
data 9 dicembre 1986, con la quale era stato disciplinato il rapporto
concessorio tra il Presidente della Regione Campania, quale
liquidatore dei fondi di cui all’art. 11, comma 18 della legge n. 887
del 1984 e l’ATI.
A tale conclusione la Corte sarebbe, invero, pervenuta – a parere
della Astaldi s.p.a. – in virtù di un’erronea e parziale interpretazione
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4. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc.

della successiva convenzione n. 524 del 31 marzo 1987, a tenore
della quale (art. 3), pure in difetto di copertura finanziaria da parte
del Commissario Liquidatore, l’ATI concessionaria avrebbe dovuto
proseguire «nell’esecuzione delle opere concesse, impiegando
all’uopo le eventuali quali che siano ulteriori fonti di finanziamento».

desunto – a parere della istante – la sussistenza dì un obbligo
dell’ATI di proseguire i lavori anche con fondi propri, obliterando la
circostanza decisiva che la mancata effettuazione delle opere era
imputabile al fatto che la SEPSA – terzo beneficiario dell’esecuzione
dei lavori, in quanto esercente, per conto dello Stato, la Ferrovia
Circumflegrea – si era illegittimamente appropriata del progetto dei
lavori predisposto dalla Astaldi, utilizzandolo per indire una nuova
procedura di gara per l’affidamento delle opere concesse all’ATI ad
altra impresa, ed ottenendo – all’uopo – i necessari finanziamenti.
La Corte di merito non avrebbe, poi, tenuto conto dell’ulterior
decisiva circostanza costituita dalla richiesta congiunta al CIPE, da
parte del Presidente della Regione e della SEPSA, certamente
significativa del fatto che anche il concedente era chiaramente
consapevole dell’obbligo di garantire all’ATI la effettuazione dei
lavori, in caso di reperimento di nuovi fondi.
1.2. Ne sarebbe derivata, ad avviso della ricorrente, la
responsabilità solidale anche del Commissario Straordinario sotto un
duplice profilo: 1) per non essersi il medesimo adoperato al fine di
sollecitare il CIPE a revocare il finanziamento concesso alla SEPSA:
2) per avere addirittura il medesimo, nella sua concorrente qualità di
Presidente della Giunta Regionale, erogato un cofinanziamento
(P.O.P. – Programma Operativo Plurifondo), che ha reso possibile

6

Da tale previsione il giudice di seconde cure avrebbe erroneamente

l’esecuzione dei lavori con pregiudizio per l’ATI al quale erano stati
concessi.
1.3. La Corte territoriale avrebbe, infine, omesso di pronunciarsi
sulla domanda di risoluzione della successiva convenzione n. 2 del
25 maggio 1989, sebbene la Astaldi avesse reiterato la domanda nel

1.4. Le censure sono fondate.
1.4.1. Va – per vero – rilevato, al riguardo, che l’art. 7 della
convenzione n. 281 del 9 dicembre 1986 stabiliva che «in ipotesi di
mancata totale e/o parziale esecuzione della opera per difetto di
copertura finanziari o atro motivo saranno riconosciuti al
Concessionario in deroga all’art. 345 I. Ilpp. soltanto le spese
affrontate per la progettazione ….e gli oneri di esproprio già
sostenuti […] escluso ogni altro compenso, riconoscimento e/o
indennizzo».
Con la successiva convenzione del 31 marzo 1987, n. 524, nella
quale venivano regolati i rapporti anche con la SEPSA, quest’ultima
si dichiarava edotta della concessione n. 281 del 1986, che accettava
in ogni sua parte, riconoscendo l’opportunità dell’esecuzione unitaria
di tutte le opere oggetto della concessione. All’art. 3 le parti
stabilivano, quindi, che «il medesimo concessionario, anche
nell’ipotesi di cui all’ultimo comma dell’art. 7 della citata convenzione
(ossia di difetto di copertura finanziaria da parte del Commissario),
prosegua nell’esecuzione delle opere concesse, impiegando all’uopo
le eventuali quali che siano ulteriori fonti di finanziamento».
Con la convenzione del 25 maggio 1989, n. 2, infine, veniva
approvato lo schema aggiuntivo alla concessione n. 281 del 1986, e
formalizzato alla stessa ATI concessionaria l’affidamento della
progettazione esecutiva e della realizzazione dell’opera.
7

giudizio di appello.

1.4.2. Orbene, tale complesso ed articolato quadro negoziale ha
formato oggetto di una stringata e parziale interpretazione da parte
del giudice di appello, essendosi la Corte territoriale limitata ad
affermare che l’indisponibilità dei fondi ex legge n. 887 del 1984,
avrebbe determinato l’impossibilità oggettiva per il Commissario di

oggetto della convenzione n. 281 del 1986. «In tale contesto» afferma la Corte d’appello – «si è insinuata la SEPSA la quale,
utilizzando i progetti dell’ATI, ha chiesto ed ottenuto i fondi del CIPE
ed ha indetto una gara per l’esecuzione dei lavori».
Di conseguenza – a parere del giudice di seconde cure – sia la
SEPSA che l’Astaldi, quale capogruppo dell’ATI, non avrebbero
osservato il disposto dell’art. 3 della convenzione n. 524 del 1987, la
prima per avere – nonostante il riconoscimento dell’opportunità di
esecuzione unitaria di tutte le opere – eseguito in proprio la tratta, la
seconda per non avere proseguito l’esecuzione delle opere concesse,
«impiegando all’uopo le eventuali quali che siano ulteriori fonti di
finanziamento». Ne sarebbe conseguita, pertanto, ad avviso della
Corte territoriale, l’applicabilità del disposto dell’art. 7 della
convenzione n. 281 del 1986, con l’insorgenza del diritto dell’ATI ad
ottenere il solo rimborso delle spese affrontate per la progettazione e
gli oneri di esproprio già sostenuti.
1.4.3. Tale interpretazione non può essere condivisa, essendo la
Corte d’appello incorsa, sotto diversi profili, nella violazione dei
parametri interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ.
1.4.3.1. Deve, invero, anzitutto osservarsi che l’espressione
«senso letterale delle parole» – contenuta nell’art. 1362, primo
comma, cod. civ. – deve intendersi riferita all’intera formulazione
letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte e in ogni
8

Governo di realizzare a mezzo dell’ATI concessionaria la tratta

parola che la compone, e non già limitata ad una parte soltanto o
addirittura a singole parole di essa. Per cui il giudice,
nell’interpretazione di una clausola negoziale, non può arrestarsi ad
una considerazione atomistica, utilizzando esclusivamente singole
proposizioni o frasi di essa, ma deve verificare il contenuto

Nel caso di specie, per contro, la Corte d’appello ha estrapolato
dal più ampio testo dell’art. 3 della convenzione n. 524 del 1987, la
sola frase «impiegando all’uopo le eventuali quali che siano ulteriori
fonti di finanziamento», laddove l’esame della clausola nella sua
interezza avrebbe consentito al giudice di appello di accertare la
sussistenza di un diritto dell’ATI (la concessionaria «prosegua
nell’esecuzione delle opere concesse») ad eseguire le opere oggetto
della prima convenziona n. 281/1986 anche in mancanza di fondi ex
legge n. 887 del 1984, in caso di reperimento di ulteriori fonti di
finanziamento, poi effettivamente reperite per il tramite della SEPSA.
1.4.3.2. La Corte territoriale ha, inoltre, omesso di valutare il
comportamento successivo delle parti, ai sensi dell’art. 1362,
secondo comma, cod. civ., essendo certamente significativo del
riconoscimento del diritto dell’ATI ad effettuare i lavori, la richiesta
congiunta al CIPE, da parte del Commissario Liquidatore e della
SEPSA, di volturare a favore del primo il finanziamento ottenuto
dalla seconda, proprio al fine di consentire l’esecuzione dell’opera
pubblica tramite il concessionario già incaricato.
1.4.3.3. La Corte d’appello è incorsa, poi, nella violazione
dell’art. 1363 cod. civ., per non avere valutato complessivamente e
comparativamente i diversi contratti intercorsi tra le parti.
Va osservato, infatti, che, in tema di interpretazione del
contratto, qualora la medesima vicenda negoziale ed i relativi effetti
9

complessivo del documento (Cass., 24/12/2004, n. 23978).

abbiano formato oggetto di due o più atti scritti, il giudice è tenuto,
giusta il disposto dell’art. 1363 cod. civ., ad esaminare tutte le
convenzioni intercorse tra le parti, sì come risultanti dai documenti
all’uopo formati, stabilendo, altresì, il rapporto tra clausole e
documenti, se di chiarimento, di integrazione, di modificazione, di

16/07/2002, n. 10298; Cass., 07/10/2010, n. 20817).
Nel caso concreto, il giudice di seconde cure avrebbe dovuto,
pertanto, valutare la portata della clausola n. 7 della convenzione n.
281 del 1986 – secondo la quale, in caso di mancata esecuzione
delle opere sarebbe stato riconosciuto alla concessionaria solo il
rimborso delle spese di progettazione – alla luce di quanto stabilito
dalle due successive convenzioni, la n. 524 del 1987 e la n. 2 del
1989, dalle quali si desumeva, invece, il diritto dell’ATI a proseguire
l’esecuzione delle opere, con l’approvazione – nell’ultima – perfino
dello schema aggiuntivo alla concessione n. 281 del 1986, e con la
formalizzazione alla stessa ATI concessionaria dell’affidamento della
progettazione esecutiva e della realizzazione dell’opera. La Corte
d’appello avrebbe dovuto, pertanto, stabilire quali fossero i rapporti
tra le tre convenzioni, se di integrazione reciproca, di modificazione
o di annullamento della prima da parte delle successive, e
desumerne l’effettivo significato unitario da attribuire al complesso
negoziale.
1.4.3.4. Né è sostenibile – in difetto di riferimenti espressi e
specifici a forme di autofinanziamento da parte dell’ATI, nel predetto
art. 3 – che quest’ultima dovesse effettuare i lavori reperendo in
proprio un finanziamento. D’altro canto, tale interpretazione trattandosi di opera pubblica a finanziamento statale – si porrebbe in
contrasto con il disposto dell’art. 117 del r.d. n. 827 del 1924 10

trasformazione o di annullamento delle precedenti pattuizioni (Cass.,

applicabile

ratione temporis

a tenore del quale compete

all’amministrazione stipulante l’esecuzione dei contratti, ivi comprese
le aggiunte e le variazioni necessarie (Cass. Sez. U., 08/11/1972, n.
3348), e, quindi, anche il reperimento di nuove fonti di
finanziamento indispensabili a consentire la completa esecuzione

1.4.4. Va, dipoi, osservato che la Corte territoriale non ha per
nulla considerato, pur avendolo espressamente menzionato (p. 10),
il fatto decisivo per il giudizio costituito dalla callida e scaltra
condotta posta in essere dalla SEPSA, concretatasi nell’utilizzazione
dei progetti dell’ATI per chiedere ed ottenere dal CIPE, oltre che
dallo stesso Commissario Straordinario, i finanziamenti necessari alla
prosecuzione dell’opera, e nella indizione di una nuova gara per
l’affidamento degli stessi lavori ad altri soggetti.
E neppure risolta affatto valutata la condotta dello stesso
Commissario Straordinario – ritenuto dalla Corte d’appello esente da
responsabilità sulla base della mera circostanza dell’esaurimento dei
fondi – che, profittando della sua qualità anche di Presidente della
Regione, ebbe ad erogare un cofinanziamento a favore della SEPSA,
nonostante che nell’altra veste, di Commissario Straordinario, avesse
affidato l’esecuzione dell’opera all’ATI. Di più, è stato totalmente
pretermesso dal giudice di seconde cure anche il fatto che il
medesimo Commissario, sebbene fossero stati reperiti – anche
mediante la sua stessa intermediazione – i fondi per l’esecuzione dei
lavori, non avesse poi consentito – con palese violazione anche del
disposto dell’art. 1375 cod. civ. – alla concessionaria la prosecuzione
delle opere, come previsto dall’art. 3 della convenzione n. 524 del
1987.

11

dell’accordo.

Sotto i profili indicati, la motivazione dell’impugnata sentenza si
palesa, dunque, sostanzialmente «apparente», e tale da integrare,
quindi, il denunciato vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 cod.
proc. civ., nella formulazione (applicabile

ratione temporis)

introdotta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7

Cass., 08/10/2014, n. 21257; Cass., 12/10/2017, n. 23950).
1.4.5. La Corte territoriale ha, infine, omesso di pronunciarsi
sulla domanda – reiterata dalla Astaldi con l’appello incidentale (p. 2
dell’impugnata sentenza) – di risoluzione della convenzione n. 2 del
1989 per inadempimento del Commissario Straordinario.
1.5. Per tutte le ragioni esposte, I motivi in esame vanno,
pertanto, accolti.
2. Restano assorbiti il quarto e quinto motivo del ricorso
principale (concernenti l’eventuale spettanza, sulle somme
riconosciute dalla sentenza, della rivalutazione monetaria e/o degli
interessi nella misura di cui all’art. 36 del d.P.R. 1063 del 1962),
nonché l’unico motivo del ricorso incidentale (avente ad oggetto la
liquidazione del danno, operata dal giudice di appello sulla base della
c.t.u. disposta dal collegio arbitrale).
3. L’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale comporta
la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello
di Napoli in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo
esame del merito della controversia, facendo applicazione dei principi
di diritto suesposti. In particolare, alla stregua di un rinnovato esame
delle diverse pattuizioni intercorse tra le parti, alla luce dei criteri
sopra evidenziati, la Corte d’appello dovrà procedere a stabilire
l’eventuale responsabilità del Commissario Straordinario nella vicenda
de qua, alla stregua dei principi che regolano il nesso di causalità ed il
12

agosto 2012, n. 134 (Cass. Sez. U., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054;

concorso di più cause efficienti nella produzione dell’evento (Cass.
30/03/2010, n. 7618). La Corte territoriale dovrà, altresì,
pronunciarsi sulla domanda di risoluzione della convenzione,
intercorsa tra le parti, n. 2 del 1989.
4. Il giudice di rinvio provvederà, infine, alla liquidazione delle spese

P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi del ricorso principale; dichiara assorbiti il
quarto e quinto motivo del ricorso principale e l’unico motivo del
ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte
d’appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di
provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 15/11/2017.

del presente giudizio.

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