Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5569 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. II, 08/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 08/03/2010), n.5569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DORA 1, presso lo studio dell’avvocato LORIZIO MARIA

ATHENA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DELLA

COLLETTA LUIGI;

– ricorrente –

contro

D.M.A. (OMISSIS), D.M.P., D.

M.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

38, presso lo studio dell’avvocato MONZINI MARIO, che li rappresenta

e difende unitamente all’avvocato RONZON ANTONIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1164/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 14/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. PICCIALLI Luigi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 7.2.97 G.P. cito’ al giudizio del Pretore di Belluno, sez. dist. di Pieve di Cadore, D.M. A., D.M.P. e D.M.R., al fine di sentirsi dichiarare proprietaria dei terreni in agro di (OMISSIS), corrispondenti alla porzione sud dei mappali n. (OMISSIS) del nuovo catasto, assumendo che gli stessi, in precedenza censiti con i mappali (OMISSIS) del vecchio catasto agrario, facevano parte del proprio fondo ed erano stati inspiegabilmente ed erroneamente conglobati in quelle nuove particelle catastali unitamente e rispettivamente ai vecchi mappali (OMISSIS), appartenenti a G. e D.M.R., danti causa dei convenuti. Nei confronti di costoro gli attori riferivano di aver proposto due precedenti giudizi, il primo, all’inizio degli anni ’80, per regolamento di confini, il secondo con citazione del 10.9.91, di rivendicazione, quest’ultimo dichiarato estinto, per incompleta riassunzione a seguito della morte della convenuta, dopo che peraltro era stata, con sentenza non definitiva, rigettata l’eccezione di improcedibilita’ per precedente giudicato in relazione al primo giudizio di regolamento. Si costituiva il solo D.M.A. e, negata l’incertezza del confine, contestava il fondamento della domanda osservando che l’attrice, dopo essersi dichiarata proprietaria dei mappali (OMISSIS), rivendi cava ora i mappali (OMISSIS); soggiungeva che il Pretore con sentenza del 13.2.85 aveva dichiarato che l’esatta linea di confine tra i fondi era quella risultante dalle vigenti mappe catastali e, pur rimettendosi al giudice in ordine alla necessita’ di un’ulteriore verifica, ribadiva di essere proprietario, unitamente alle figlie P. e R., dei terreni censiti con i mappali (OMISSIS). Con sentenza del 15.10.01 il Tribunale di Belluno, subentrato al Pretore, rigetto’ la domanda, ritenendo che la questione fosse stata gia’ decisa con la sopra menzionata sentenza pretorile del 1985, considerato che anche in quella sede l’attrice aveva chiesto la delimitazione tra il fondo dei convenuti ed il proprio, poiche’, pur menzionando i nuovi mappali n. (OMISSIS), aveva comunque chiesto la relativa tutela con riferimento ai propri mappali, gia’ censiti con i nn. (OMISSIS), in relazione a quelli nn. (OMISSIS) di parte convenuta, di cui al vecchio catasto.

Contro tale sentenza propose appello Z.P., erede della G. nelle more defunta. Si costituirono resistendo al gravame A., P. e D.M.R..

Con sentenza del 6/4, pubblicata il 14.4.04, la Corte di Venezia dichiaro’ inammissibile l’appello avverso il capo relativo all’apposizione dei termini e confermo’ nel resto la sentenza impugnata, con condanna dell’appellante alle spese del grado.

La Corte dichiarava anzitutto fondato il primo motivo di appello, ritenendo insussistente la preclusione da giudicato ravvisata dal Tribunale, con riferimento alla sentenza del Pretore n. 5 del 1985, rilevando che l’eccezione in tal senso gia’ sollevata dalle parti convenute nel precedente giudizio era stata respinta con la sentenza non definitiva del Tribunale n. 558 del 1993 che, attenendo ad una questione preliminare di merito e non oggetto di impugnazione, aveva conservato efficacia ai sensi dell’art. 310 c.p.c. ed era passata in giudicato.

Esaminando tuttavia il secondo motivo di gravame, relativo alla richieste che l’appellante aveva ribadito a fronte del lamentato stravolgimento catastale, i giudici di appello premettevano che l’appellante aveva evidenziato di aver proposto due autonome domandera’ prima ex art. 949 c.c. per l’accertamento della proprieta’ dell’area contraddistinta dai vecchi mappali (OMISSIS), come da contratto di acquisto del 20.11.1948, ed una ex art. 950 c.c., per la delimitazione di confini. Ma la prima domandarne secondo l’appellante era stata espressamente proposta al fine di sentir accertare il suo diritto di proprieta’, che sarebbe stato messo in dubbio dalle modifiche delle mappe catastali assegnanti agli appellati beni appartenenti all’appellante, tendeva all’accertamento di una circostanza che gli appellati non avevano mai contestato, avendo i medesimi espressamente dedotto che ” G.P., dante causa dell’odierno appellante, dal lontano 1948 e’ proprietaria degli appezzamenti di terreno identificati ai mappali (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) del vecchio catasto..”; d’altra parte l’inesatta rappresentazione grafica sulle nuove mappe catastali non poteva avere effetti in ordine alla definizione dei confini, poiche’ il contratto di acquisto del 1948 faceva riferimento alle vecchie e non alle nuove mappe; neppure risultava che i D.M. avessero compiuto atti denotanti la loro intenzione di asservire, sia pure in parte, la proprieta’ dell’appellante, tale non potendosi ritenere la contestazione relativa ai confini indicati nelle nuove mappe; sicche’ l’actio negatoria andava rigettata.

Quanto alla domanda di accertamento dei confini, poiche’ la dedotta incertezza non riguardava il confine effettivo tra i fondi, ma solo la sua rappresentazione grafica nelle mappe catastali, pur dando atto che il consulente aveva confermato l’errore al riguardo, comportante una dilatazione verso sud delle vecchie particelle (OMISSIS), con correlativa variazione della linea catastale di confine interessante il fondo G. ed altri di terzi, la corte osservava che non erano tuttavia risultati elementi tali da dar luogo ad “incertezza oggettiva o soggettiva” relativamente ai confini reali;

sicche’ l’azione di regolamento di confini andava respinta, in assenza di un effettivo “conflitto tra fondi” e non potendosi con la stessa perseguire finalita’ di mera rettifica catastale, tenuto conto della precipua funzione fiscale, e non di accertamento della proprieta’, rivestita dal catasto.

Per quanto riguardava, infine, la domanda di apposizione di termini, reiterata in secondo grado, osservava la corte che, a fronte della mancata pronunzia al riguardo da parte del Tribunale equivalente al relativo rigetto, non essendo stato proposto alcun motivo di censura nell’atto di appello, il gravame era su tale capo inammissibile.

Contro la suesposta sentenza Z.P. ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo.

Hanno resistito con controricorso A., P. e D. M.R..

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I controricorrenti hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilita’ del ricorso, perche’ lo stesso, pur deducendo violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non avrebbe indicato le norme che sarebbero state violate o falsamente applicate, omettendo anche di precisare, sul piano sostanziale, quali affermazioni di diritto contenute nella sentenza impugnata sarebbero incorse nei, genericamente, dedotti vizi di legittimita’.

L’eccezione e’ infondata, alla luce del principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la mancata o imprecisa indicazione, ai fini dell’art. 366 c.p.c., n. 4, nell’epigrafe o rubrica del mezzo d’impugnazione, dell’articolo di legge violato o falsamente applicato, non determina inammissibilita’ del ricorso per Cassazione, allorquando sia inequivocamente possibile desumere, dal contesto dello stesso, la norma o il principio di diritto oggetto del lamentato malgoverno da parte del giudice di merito e le specifiche argomentazioni contenute nella sentenza impugnata al riguardo censurate (tra le altre, v. Sez. Un. 1652/01, Cass. 10816/00, 1027/00, 1430/99). Nel caso di specie non sussiste l’eccepita indeterminatezza dell’unico motivo di ricorso, perche’ lo stesso, pur non contenendo in rubrica l’indicazione della norma di diritto oggetto della violazione o falsa applicazione lamentata (unitamente all’anche dedotta carenza o contraddittorieta’ di motivazione), successivamente espone chiaramente le ragioni per le quali il ricorrente ritiene che la corte di merito abbia erroneamente applicato nella specie i principi che regolano l’azione negatoria di cui all’art. 949 c.c. tale dovendo ritenersi la norma di riferimento dell’impugnazione, al di la’ del palese lapsus calami nel quale il deducente e’ incorso nell’esordio argomentativo (laddove appare indicato l’art. 940 c.c. palesemente inconferente nella controversia, attenendo tale articolo alla “specificazione”, modo di acquisito della proprieta’).

Lamenta concretamente il ricorrente che i giudici di appello, nel ritenere che da parte convenuta non fosse stata avanzata alcuna effettiva pretesa ad oggetto del fondo dell’attore, tale da giustificare l’actio negatoria, non abbiano considerato come D. M.A., nel costituirsi aveva ribadito di essere, unitamente alle figlie P. e R., comproprietario, per successione agli originari proprietari Pi., G. e D.M. R., dei terreni di cui ai mappali (OMISSIS) del f.l, (OMISSIS) del nuovo catasto del Comune di (OMISSIS) e di averli sempre posseduti; tale posizione, di cui gli stessi giudici di appello avrebbero dato atto in motivazione, ribadita nel successivo corso del processo dagli aventi causa dall’originario convenuto, avrebbe dato luogo ad una concreta pretesa reale sul fondo degli attori. Cosi’ giustificandone l’azione diretta all’accertamento dell’effettiva estensione delle rispettive proprieta’, a prescindere dalle relative indicazioni nelle mappe catastali.

Il motivo di ricorso, che cosi’ come prospettato risulta chiaramente circoscritto alla reiezione della domanda sotto il profilo dell’art. 949 c.c. senza investire anche quella del rigetto quale regolamento di confini ex art. 950 c.c., e’ fondato.

Premesso che l’azione negatoria di cui all’art. 949 c.c. e’ concessa al proprietario al fine di fare accertare la liberta’ del fondo, non solo da pretese altrui corrispondenti all’esercizio di servitu’ prediali, ma anche l’insussistenza di qualsiasi altro diritto dominicale comunque affermato sullo stesso (v., tra le altre, Cass. n. 12223/02), deve ritenersi che l’interesse alla proposizione della stessa sussista anche quando, pur non denunciandosi l’avvenuto esercizio di atti materialmente lesivi della proprieta’ attrice, a fronte tuttavia di inequivoche pretese reali sulla stessa affermati dalla controparte, l’attore intenda far chiarezza al riguardosi fine di ottenere una sentenza dichiarativa che accerti l’infondatezza delle stesse.

Nel caso di specie e’ la stessa corte di merito a dare atto, nella narrativa del processo (non a caso preceduto da altri tra le medesime parti, originato dalla stessa questione sostanziale), che D.M. A., nel costituirsi in giudizio, negando che vi fosse incertezza del confine, aveva tra l’altro eccepito che “l’esatta linea confinaria tra tali fondi era quella risultante dalle vigenti mappe cernitane” e, pur rimettendosi “al giudice in ordine alla necessita’ di un’ulteriore verifica…ribadiva di essere proprietario, unitamente alle figlie… dei terreni di cui ai mappali (OMISSIS)”. Tale posizione processuale, di sostanziale contestazione (seppur temperata dall’ambigua dichiarazione di rimettersi comunque al giudice) della domanda attrice ad oggetto dell’accertamento dell’esatta estensione dei rispettivi fondi, confermava l’esistenza delle condizioni dell’azione ex art. 949 c.c. proposta dalla G. e proseguita dallo Z.. Parte convenuta, infatti, nel dichiararsi proprietaria per successione dei fondi censiti con i mappali (OMISSIS), ossia delle intere superfici di terreno riportate nel nuovo catasto rustico con quelle particelle, aveva inequivocamente confermato la sussistenza di una propria pretesa dominicale avente ad oggetto anche quelle parti che l’attrice lamentava essere state erroneamente incluse in dette particelle, per sottrazione dalle superfici dei propri vecchi mappali (OMISSIS).

In buona sostanza l’attrice lamentava che i nuovi mappali (OMISSIS), oltre a comprendere le superfici dei vecchi mappali (OMISSIS) (appartenenti alla controparte), includevano anche alcune parti dei vecchi mappali (appartenenti alla deducente) n. (OMISSIS). La circostanza che parte convenuta non avesse contestato che questi ultimi appartenessero all’attrice non era sufficiente ad escludere la sussistenza di una sostanziale controversia reale, ancorche’ non sfociata in materiali attentati, poiche’ detta parte, traendo spunto dalla nuova rappresentazione catastale dei confini tra i fondi, asseritamente erronea secondo quella attrice (che al riguardo invoca anche le risultanze dell’espletata consulenza tecnica), si era dichiarata proprietaria delle intere odierne particelle n. (OMISSIS), cosi’ giustificando l’interesse della controparte alla proposizione di una sentenza dichiarativa, al fine di rimuovere quella situazione d’incertezza determinata dalla sussistenza di due contrapposte pretese dominicali ad oggetto della superficie di terreno corrispondente alla dilatazione catastale dei suddetti mappali, rispetto a quelli corrispondenti nel vecchio catasto. Ne’ a dirimere siffatto inconveniente sarebbe stata sufficiente, come assume la corte di merito una semplice rettifica catastale in sede amministrativa, la cui richiesta da parte della sola attrice non sarebbe stata giustificata, in cospetto della sussistenza dell’inequivoca pretesa dei controinteressati su tutte le superfici dei mappali in questione. Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, in relazione alla reiezione della domanda ex art. 949 c.c., con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte veneta, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

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