Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5567 del 26/02/2019

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2019, (ud. 18/01/2019, dep. 26/02/2019), n.5567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GEAC SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso

lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta difende

unitamente agli avvocati MARIA SONIA VULCANO, MARIO GARAVOGLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 58/2012 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 29/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/01/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 58/31/2012, depositata il 29 ottobre 2012, non notificata, la CTR del Piemonte rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del SITRACI S.p.A., incorporata nella GEAC S.p.A., avverso la sentenza della CTP di Cuneo, che aveva accolto i ricorsi, separatamente proposti dalla società e di seguito riuniti, avverso i provvedimenti di diniego di rimborso di crediti d’imposta esposti nelle dichiarazioni IRPEG per l’anno 1996 per l’importo di Lire 187.238.000 (pari ad Euro 96.700,36) e per l’anno 1997 per l’importo di Lire 133.318.000 (pari ad Euro 68.853,00).

La CTR, rilevato che del disconoscimento del credito d’imposta per l’anno 1997, che sarebbe stato operato dall’Amministrazione nella procedura di controllo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, non vi era prova, ritenne che il credito IRPEG indicato dalla società nelle dichiarazioni afferenti agli anni anzidetti dovesse ritenersi consolidato, in forza del riconoscimento implicito dell’Ufficio derivante dal mancato esercizio del potere dovere di controllo da parte dell’ufficio medesimo nei termini di legge.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui la società resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo l’Amministrazione finanziaria ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, nella formulazione applicabile ratione temporis, della L. n. 449 del 1997, art. 28, comma 1 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando come, rispetto all’orientamento di parte della giurisprudenza di legittimità richiamato nella decisione impugnata (Cass. sez. 5, 16 maggio 2005, n. 11830; Cass. sez. 5, 6 agosto 2002, n. 11830) addotto dalla CTR a sostegno della decisione assunta, si contrapponesse opposto indirizzo del quale non era stato dato conto alcuno dalla decisione impugnata, incorsa peraltro in errore nell’interpretazione di quanto espresso da Cass. sez. 5, 25 maggio 2011, n. 11444 citata dall’Amministrazione a fondamento del gravame proposto, indirizzo espresso nel principio secondo cui “Il termine stabilito nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, (nel testo applicabile ratione temporis, introdotto dal D.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 1), entro il quale l’Amministrazione finanziaria deve provvedere alla liquidazione dell’imposta, ha natura ordinatoria secondo l’interpretazione, avente efficacia retroattiva, che ne ha dato la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 28, comma 1”, a ciò conseguendo che il credito esposto in dichiarazione non si consolida con lo spirare del predetto termine o perchè l’Amministrazione abbia omesso di procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 (cfr. Cass. sez. 5, 22 aprile 2009, n. 9524; Cass. sez. 5, 18 maggio 2012, n. 7899).

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ancora violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata, coerentemente alla tesi condivisa del consolidamento dei crediti d’imposta esposti nelle dichiarazioni succitate in conseguenza della mancata rettifica da parte dell’Ufficio nei termini previsti, ha confermato la spettanza dei rimborsi richiesti dalla società, così violando le regole di distribuzione dell’onere della prova nella materia in esame.

3. Il primo motivo è fondato.

Il contrasto emerso nella giurisprudenza della sezione tributaria di

questa Corte è stato infine composto dalla Sezioni Unite (cfr. Cass. 15 marzo 2016, n. 5069), che hanno affermato il principio secondo il quale “In tema di rimborso di imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum”, desumibile dall’art. 1442 c.c., u.c..

A detto principio si è uniformata la successiva giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 17 giugno 2016, n. 12557; Cass. sez. 5, 31 gennaio 2018, n. 2392) e ad esso va data in questa sede ulteriore continuità.

4. La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento del primo motivo, restando assorbito il secondo, con rinvio della causa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui spetta l’accertamento di fatto in ordine all’esistenza dei crediti d’imposta per gli anni in contestazione, il cui onere probatorio incombe alla società richiedente il rimborso.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2019

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