Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5565 del 01/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 01/03/2021), n.5565

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24291-2019 proposto da:

K.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO N.

84, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO LA COMBA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROSARIO DI SALVO;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE LOGI SRL IN LIQUIDAZIONE; CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1083/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

K.E., titolare della omonima ditta individuale, subentrava, quale cessionaria di ramo d’azienda, nel contratto di locazione commerciale dell’immobile in (OMISSIS), intercorso fra la propria cedente e la proprietaria Immobiliare LO.GI s.r.l.

Sorgeva lite con la proprietaria dell’immobile in relazione a oneri condominiali che la conduttrice riteneva non dovuti in considerazione della particolare ubicazione dell’unità immobiliare condotta in locazione.

La conduttrice chiamava così in giudizio la proprietaria dell’immobile, chiedendo la restituzione delle somme nel frattempo pagate in favore del condominio.

Costituitasi, la proprietaria chiedeva il rigetto della domanda; in riconvenzionale, chiedeva pronunciarsi la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice nel pagamento degli oneri condominiali.

Il Tribunale di Palermo, anche nel contraddittorio del Condominio, terzo chiamato in causa, rigettava la domanda principale e accoglieva la domanda riconvenzionale; pronunciava perciò la risoluzione del contratto di locazione e condannava la conduttrice al pagamento della somma di Euro 20.306,14, a titolo di oneri condominiali.

La Corte d’appello di Palermo, adita dalla conduttrice, dichiarava inammissibile l’impugnazione, non riscontrando la proposizione di censure riconducibili nell’ambito dell’art. 342 c.p.c..

Per la cassazione della sentenza la K. propone ricorso affidato a un unico motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c..

La Immobiliare LO.GI. s.r.l. e il Condominio di (OMISSIS) rimangono intimati.

La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta di manifesta fondatezza.

Il ricorso è fondato.

La corte di merito imputa all’appellante di essersi limitata a richiamare i principi giurisprudenziali riguardanti i presupposti dell’inadempimento nelle locazioni commerciali, “senza nessun riferimento alle circostanze da cui deriverebbe la violazione di tali principi e senza prospettare doglianze in fatto ex art. 342 c.p.c., comma 2, n. 1. Analogamente (prosegue testualmente la corte d’appello), la censura di violazione dell’art. 1117 c.c., formulata con riguardo alla pronuncia di condanna della conduttrice, odierna appellante, al pagamento delle spese di portierato è del tutto priva di argomentazioni concrete riguardanti il caso di specie, non comprendendosi le ragioni per le quali l’appellante non dovrebbe corrispondere gli oneri accessori di che trattasi e non traendosi le necessarie conclusioni dalla premessa per cui “il primo giudice avrebbe dovuto valutare se o meno il pagamento degli oneri condominiali aveva interrotto l’equilibrio contrattuale””.

La ricostruzione, operata dal giudice d’appello, non riflette un confronto effettivo fra la sentenza di primo grado e le ragioni dell’appello.

La sentenza del tribunale si fonda sulle seguenti considerazioni: a) la domanda di revisione delle tabelle millesimali non è proponibile dall’inquilino; b) tramite consulenza tecnica era stato riscontrato il credito condominiale relativo all’unità immobiliare oggetto di locazione; c) il servizio di portierato è a carico del conduttore ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 9; d) l’inquilino aveva mostrato “una certa acquiescenza” al credito condominiale.

In contrapposizione a tale decisione, l’impugnazione richiamava innanzitutto il principio stabilito dall’art. 1123 c.c., e ciò al fine di sostenere che l’immobile locato, in ragione della sua posizione al piano terra e in quanto avente ingresso indipendente e separato dall’entrata principale dello stabile, non usufruiva per ragioni strutturali di alcuni servizi, sicchè il conduttore era esentato dal relativo onere. L’appellante richiamava ancora la regola secondo la quale, per gli immobili locati, il solo soggetto tenuto nei confronti del condominio è il proprietario, anche se gli oneri siano posti dal contratto a carico del conduttore: in forza di tale regola il proprietario ha solo azione di rivalsa nei confronti del conduttore, una volta eseguito il pagamento e nei limiti di esistenza del credito. L’appellante poneva ancora l’accento sull’inapplicabilità, nelle locazioni commerciali, della L. n. 392 del 1978, art. 5: da ciò la necessità di verificare i presupposti, oggettivi e soggettivi, dell’inadempimento secondo le norme generali.

Diversamente da quanto ha ritenuto la corte d’appello, dalla premessa della inapplicabilità della citata L. n. 392 del 1978, art. 5, l’appellante aveva tratto anche la debita implicazione in punto di diritto: e cioè che il primo giudice non avrebbe potuto pronunciare la risoluzione del contratto, senza accertare i presupposti dell’inadempimento secondo le regole ordinarie, presupposti insussistenti nel caso di specie secondo la tesi della K..

L’atto di appello conteneva perciò sia la parte volitiva, da identificare nella pronuncia di risoluzione del contratto, sia la parte argomentativa, e cioè l’indicazione degli errori che rendevano, nella prospettiva dell’appellante, ingiusta la sentenza di primo grado (Cass., S.U., n. 27199/2018). Attraverso l’esposizione operata con l’impugnazione, il giudice d’appello era stato posto nella condizione di cogliere natura, portata senso della critica (Cass. n. 7675/2019), tenuto conto che “ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice” (Cass. n. 23781/2020).

La sentenza, pertanto, deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione affinchè decida sulla proposta impugnazione.

La corte di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2021

 

 

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