Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5563 del 08/03/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 5563 Anno 2018
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: DI MARZIO PAOLO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9503/2014 R.G., proposto da:
Andrea Matteuzzi e Anna Maria Ravenni, rappresentati e difesi, giusta

mandato steso in calce al ricorso, dagli Avv.ti Filippo Toccafondi e Francesco
D’Ayala Valva, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quesfultimo, al
viale Parioli n. 43 in Roma;
— ricorrenti —
contro

Banca Popolare Società Cooperativa, quale successore in virtù di fusione per

incorporazione della Banca Popolare di Lodi Spa, in persona del legale
rappresentante pro-teinpore, rappresentata e difesa dal’ . Avvio Beatrice Ducci

7,0

Data pubblicazione: 08/03/2018

Donati, del Foro di Firenze, ed elettivamente domiciliata presso lo studio
dell’Avv.to Massimino Lo Conte, alla via di Porta Pinciana n. 6 in Rcma;

controricorrente

avverso la sentenza n. 2008 della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 30
dicembre 2013;
ascoltata la relazione svolta, nella camera di consiglio del 9 ottobre 2017, dal

osserva:

FATTI DI CAUSA
gli odierni ricorrenti adivano il Tribunale di Firenze lamentando l’omessa
informazione e la mancata valutazione dell’adeguatezza, da parte
dell’intermediario, odierno controricorrente, in relazione al contratto quadro di
investimento mobiliare ed ai contratti di acquisto di bond argentina (dal 1998
al 2000). Domandavano dichiararsi la nullità, l’annullamento o la risoluzione,
del contratto quadro e degli ordini di investimento, oltre al risarcimento del
danno.
Il Tribunale accoglieva la domanda di risoluzione di tutti i contratti. Riteneva,
infatti, non vi fosse la prova che la Banca avesse fornito le infmmazioni
doverose per legge.
Sull’appello della Banca, la Corte d’Appello riformava la decisione. Riteneva
confuso l’argomentare della sentenza di primo grado e, in primo luogo,
affermava la non risolubilità degli ordini di acquisto. Censurava, quindi, il
giudice di primo grado anche per non aver proceduto alla valutazione di
adeguatezza degli investimenti in relazione al profilo soggettivo dei clienti.
Affermava, inoltre, che l’obbligo informativo doveva ritenersi adempiuto
mediante l’avvenuta indicazione, da parte dell’intermediaria, della tipologia dei
titoli oggetto di contrattazione, obbligazioni argentine, le quali, avuto riguardo
al loro rating, ancora positivo all’epoca degli ordini, erano da ritenersi
conformi al profilo di rischio moderatamente speculativo proprio degli
investitori. La Banca, peraltro, deduceva di aver valutato l’adeguatezza degli
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Consigliere Paolo Di Marzio;

ordini e, a fronte del rifiuto di profilazione da parte dei clienti, aveva
comunque considerato la loro qualità di investitori di somme significative
anche in titoli azionari. La Corte territoriale rinnovava il giudizio, e concludeva
per la sussistenza dell’adeguatezza dell’investimento. Non sussistendo
l’inadeguatezza dell’acquisto dei valori mobiliari, peraltro, veniva meno anche
la prova della ricorrenza del nesso di causalità tra le omesse informazioni,

Avverso la decisione della Corte d’Appello di Firenze hanno proposto ricorso
per cassazione Andrea Matteuzzi e Anna Maria Ravenni, affidandosi a due
motivi. Resiste con controricorso la Banca Popolare Società Cooperativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1.

Con il primo motivo, indicato come proposto per contestare il vizio di

motivazione in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decis – vo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma primo,
n. 5, cod. proc. civ.), i ricorrenti ripropongono le proprie domande, che
affermano essere conseguenza della violazione degli obblighi di informazione,
e di valutazione dell’inadeguatezza dell’investimento, c a parte
dell’intermediario.

1.2. — Con il secondo motivo, i ricorrenti contestano la nullità della sentenza
impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. ci v.. perché
fondata “su una motivazione sostanzialmente omessa o solo apparente
(siccome insufficiente, illogica, incongrua e contraddittoria rispetto alle
emergenze documentali in atti)”.

2.1. — Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti procedono alla rilettura
di tutti gli atti e le vicende processuali riproponendo, di fatto, tutte le loro
difese.

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l’acquisto di titoli mobiliari ed il danno sofferto dai clienti.

I ricorrenti affermano che la Corte d’Appello non ha tenuto conto dell’omessa
comunicazione ai clienti delle informazioni doverose, che solo alla Banca
spettava provare di aver fornito, pur avendo il giudice riconosciuto la
sussistenza del vizio. La decisione della Corte territoriale doveva poi essere
censurata anche per non aver tenuto conto della mancata valutazione di
adeguatezza da parte della Banca. A proposito del giudizio di adeguatezza, gli

sempre acquistato solo titoli obbligazionari di basso rischio (cfr. p. 24 del
ricorso).
I ricorrenti citano quindi accorsata dottrina per affermare che, se è inadempiuto
l’obbligo informativo, la sussistenza del nesso di causalità tra inadempimento e
danno può affermarsi.
Riaffermano, inoltre, la nullità del contratto d’investimento.
Sostengono, ancora, che le operazioni di acquisto delle obbligazioni argentine,
effettuate in -contropartita diretta”, erano state stipulate dall’intermediario in
conflitto d ‘ interesse.
A tutti questi argomenti sembra comunque opportuno dedicare una sintetica
valutazione, specie per evidenziare i limiti che si rivelano nell’esaminare anche
le singole censure, non senza segnalare subito che le critiche, indicate dai
ricorrenti come proposte per vizio di motivazione, investono in reallà, per più
profili, ventilati vizi più correttamente riconducibili ad una (eventuale)
violazione di legge.
Deve allora osservarsi, in primo luogo, che gli stessi ricorrenti, dopo aver
affermato di essere stati dediti soltanto a prudenti investimenti obbligazionari
(cfr. ricorso, p. 24), correggono poi la loro affermazione, e precisano di avere
effettuato anche investimenti azionari (cfr. ricorso, p. 48). Questi acquisti di
titoli mobiliari sono stati specificamente indicati in controricorso, senza che i
ricorrenti abbiano inteso replicare sul punto, e la presenza di investimenti
caratterizzati da un maggior livello di rischio certo incide in materia di
valutazione dell’adeguatezza soggettiva dell’investimento.

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impugnati sostengono che, prima di acquistare i Bond argentini. avevano

Gli impugnanti affermano quindi che, in presenza della riconosciuta
inottemperanza dell’intermediario finanziario nel fornire le infarmazioni
doverose, la prova del nesso di causalità tra l’inadempimento ed il danno può
essere fornita mediante presunzioni. Argomento di per sé non privo di
fondamento. Compete però alla parte che la invoca dimostrare la fondatezza
della presunzione, ed a tal fine deve indicare analiticamente gli elementi su cui

ritenere integrata la prova del fatto da dimostrare desumendolo da elementi
indiziari. Ad un simile onere gli odierni ricorrenti non hanno assolto.
In ordine alla domanda di nullità, riproposta dai ricorrenti (cfr. p. 40 del
ricorso), essa sembra doversi ritenere riferita al contratto quadro di
investimento mobiliare. In proposito la Corte d’Appello ha rilevato che il
giudice di prime cure, effettivamente, non aveva pronunciato sul punto, ma
neppure gli odierni impugnanti avevano avuto cura di proporre appello
incidentale. Questa decisiva ratio decidendi proposta dalla Corte territoriale
non è stata sottoposta a critica specifica nel presente grado del giudizio, in cui
la parte ricorrente avrebbe dovuto indicare, e riprodurre nel loro contenuto
essenziale, gli atti processuali idonei a smentire le affermazioni della Corte di
merito.
I ricorrenti affermano ancora l’integrazione di una invalidità, che questa volta
sembra doversi riferire ai singoli ordini di acquisto, per avere l’intermediaria
contrattato in partita diretta e comunque in conflitto di interessi. Gli
impugnanti non hanno però cura di indicare da quali atti, presenti nel fascicolo
processuale, sia possibile desumere la fondatezza delle loro asserzioni. Non
solo, i ricorrenti avrebbero anche dovuto precisare quando e dove abbiano
proposto la loro critica, riproducendo la formula utilizzata, e come abbiano
diligentemente coltivato la contestazione, in modo da consentire la verifica
della regolarità dell’intera procedura.
Tutto quanto innanzi premesso, deve comunque evidenziarsi che in un giudizio
di natura impugnatoria, quale è quello di legittimità, è specifico onere della
parte ricorrente indicare sempre dettagliatamente quando le proprie domande e
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la stessa si fonda, nonché quale sia la concatenazione logica che induce a

contestazioni siano state proposte nel corso del processo, indicando anche le
formule con le quali sono state introdotte, non mancando di segnalare mediante
quali atti processuali siano state diligentemente coltivate, in modo da
consentire il controllo della regolarità e tempestività di ogni istanza.
A questi specifici canoni di contestazione i ricorrenti non si sono attenuti
proponendo il motivo di ricorso in esame, e lo stesso deve essere pertanto

2.2. — Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti censurano il vizio di
nullità della sentenza impugnata per essere del tutto inconferen te con le

emergenze documentali in atti”. A fronte del lunghissimo primo motivo di

ricorso, esposto in oltre cinquanta pagine, il secondo motivo risulta proposto in
forma assai laconica ed argomentato per poche righe. Secondo i ricorrenti la
decisione della Corte territoriale deve considerarsi nulla perché assolutamente
infondata rispetto alle risultanze processuali. I ricorrenti non hanno però cura
di indicare a quali atti processuali intendano operare riferimento, e quali
sarebbero i vizi di giudizio in cui sarebbe incorso il giudice impugnato.
Non è evidentemente consentito limitarsi a proporre in sede di giudizio di
legittimità contestazioni di estrema genericità, al fine di indurre la Suprema
Corte ad esaminare il materiale probatorio e la decisione impugnata, al fine di
individuare essa stessa quali vizi possano sussistere nella decisione della Corte
di merito.
Anche il secondo motivo di ricorso, pertanto, deve essere dichiarato
inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
Riscontrato che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto
dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei
presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l quater,
introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
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dichiarato inammissibile.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese di lite in favore della costituita resistente, e le liquida in
complessivi Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella

di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2017.

misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori

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