Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5562 del 11/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5562 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 18666-2010 proposto da:
CELESTINO ANNA MARIA CLSNMR47H52D086Q, PALUMBO EMMA
PLMMME72A47D086E, PALUMBO GIUSEPPE PLMGPP76A15D086R,
(nella loro qualità di eredi di PALUMBO ALBERTO),
CARUSO PALMIRA CRSPMR53H52F416B, TERZI ANGELO
TRZNGL41L21D086G, tutti elettivamente domiciliati in
2013
3519

ROMA, VIA APPIA PIGNATELLI 292, presso lo studio
dell’avvocato COTARDO VINCENZO, rappresentati e
difesi dall’avvocato BIAMONTE MICHELE, giusta delega
in atti;
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 11/03/2014

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI COSENZA, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAllINI 73, presso lo
studio dell’avvocato DEL VECCHIO ARNALDO,

giusta delega in atti (atto di costituzione del
16/12/2010);

resistente con mandato

avverso la sentenza n. 168/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 09/02/2010 R.G.N.
614/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato DEL VECCHIO ARNALDO per delega BOVE
ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

rappresentata e difesa dall’avvocato BOVE ANTONIO,

FATTO
Con sentenza del 9 febbraio 2010 la Corte di appello di Catanzaro, in
riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda proposta dagli
eredi di Palumbo Alberto — Palumbo Emma, Palumbo Giuseppe e
Celestino Anna Maria — nonché da Caruso Palmira e Terzi Angelo intesa
ad ottenere la condanna della Azienda Sanitaria n. 4 di Cosenza al
pagamento in loro favore di differenze retributive, quanto agli anni 2000,
2001 e 2002, derivanti dall’espletamento degli incarichi conferiti a Palumbo

Alberto ed ad essi Caruso e Terzi dal direttore generale di detta azienda e
che prevedevano la corresponsione annuale di una indennità di funzione.
La Corte — disattesa la eccezione di inammissibilità dell’appello perché
generico – rilevava in punto di fatto: che con deliberazioni della direzione
generale dell’Asl n. 4 di Cosenza, adottate nel corso del 1998, erano stati
conferiti ai dipendenti Palumbo Alberto, Caruso e Terzi gli incarichi di
“coordinatore amministrativo” ( al Palumbo), di “responsabile dell’ufficio
amministrativo U.O. medicina di base e pediatria” ( alla Caruso) e di
“responsabile amministrativo f.f. U.O. SERT Distretto Sanitario di
Cosenza” ( al Terzi) prevedendo, per ciascuno di essi, la corresponsione
dell’indennità per qualificazione professionale e valorizzazione delle
responsabilità determinata, per la Caruso ed il Terzi, “nella misura massima
che sarà fissata sulla base delle vigenti norme contrattuali…” dizione
questa non riportata nei confronti del Palumbo; che con delibera n. 461 del
6 aprile 2000 l’Azienda determinava l’indennità di funzione dovuta al
personale amministrativo di 7° e 8° livello destinatario di incarichi
dirigenziali in lire 6.000.000 con un inserimento, a decorrere dal gennaio
2000, di un importo pari ad un dodicesimo di lire 6.000.000; che con
protocollo di intesa del 6 dicembre 2002, stipulato in costanza del CCNL
1998-2001 veniva riparametrata l’indennità dovuta ai dipendenti con
incarico ex art. 20 CCNL di comparto di cui alla delibera n. 461/2000 in lire
12.000.000 ( pari ad euro 6.197,48) oltre la 13° mensilità; che la direzione
generale dell’azienda, con delibera n. 273 del 16 aprile 2003, prendeva atto
di tale intesa approvandone il contenuto. Osservava, quindi, la Corte che
quanto stabilito nelle delibere di conferimento circa l’indennità di funzione
era riferito al tipo di incarico previsto dalla normativa all’epoca vigente e
non già, come pure sostenuto dai dipendenti, a quello diverso – posizione
organizzativa – introdotto con il CCNL 1998-2001 stipulato nell’aprile 1999.
Evidenziava che nella delibera n. 241 ( rectius: 461) del 2000, assunta
1

nella vigenza nel nuovo CCNL, la fissazione della indennità non era
circoscritta al solo 1999 — come affermato dal primo giudice — ma veniva
espressamente estesa anche agli anni a venire, come confermato dalla
riportata disposizione relativa al periodo successivo al 1° gennaio 2000;
che, quindi, la elevazione di detta indennità a lire 12.000.000 operata con
delibera n. 273/2003 non poteva che valere solo a decorrere dal 2003.
Concludeva sottolineando: che con le delibere del 2000 e del 2003
l’Azienda aveva determinato il compenso per i dipendenti nominativamente

indicati nella prima delibera con conseguente esclusione della possibilità di
pretendere somme previste in relazione ad incarichi contemplati dal CCNL
1998 -2001 non coincidenti con quelli previsti dal CCNL 1994 -1997 cui era
correlata la indennità per qualificazione professionale e valorizzazione delle
responsabilità individuali; che i dipendenti neppure avevano richiesto il
riconoscimento dell’incarico di posizione organizzativa previsto dal CCNL
1998 -2001.
Per la Cassazione di tale decisione propongono ricorso gli eredi di
Palumbo Alberto, la Caruso ed il Terzi affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la A.S.L. Provinciale di Cosenza.
DIRITTO
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del disposto
degli artt. 434 e 414 c.p.c. per aver la Corte di merito, con motivazione
lapidaria, rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
Il motivo è infondato.
Vale qui ricordare che non sono richieste formule sacramentali per
esprimere la volontà di impugnare nella sua globalità la sentenza di primo
grado, essendo sufficiente, ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ., che siano,
ancorché sommariamente, spiegate le ragioni dell’impugnazione, sì da
consentire al giudice di identificare i punti da esaminare e di vagliare le
ragioni di fatto e di diritto per le quali si è formulato il gravame (Cass. n.
5696 del 22/03/2004; più di recente è stato ribadito che l’inammissibilità
dell’appello per difetto di specificità dei motivi è legittimamente dichiarata
solo allorché l’incertezza investa l’intero contenuto dell’atto, mentre, quando
sia possibile individuare uno o più motivi sufficientemente identificati nei
loro elementi essenziali, l’eventuale difetto di determinazione di altri motivi,
malamente formulati nel medesimo atto, legittima la declaratoria
d’inammissibilità dell’appello per questi motivi soltanto e non dell’appello
nella sua interezza; Cass n. 15071 del 10/09/2012).
2

Nel caso in esame la Corte di appello ha fatto corretta applicazione di tali
principi in quanto, con motivazione sintetica ma esaustiva, ha ritenuto che il
gravame, con il prospettare una diversa lettura della normativa applicabile,
investisse nella sua globalità l’impianto argomentativo della impugnata
sentenza.
Del resto, i passi dell’atto di appello trascritti nel corpo del motivo sono la
conferma della individuabilità delle censure mosse con il gravame alla
sentenza del Tribunale.

Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione di
norme di diritto e del CCNL comparto Sanità 1998- 2001.
Premesso che nelle delibere di conferimento di incarico del 1998 era stato
previsto che l’indennità per qualificazione professionale e valorizzazione
delle responsabilità individuali fosse determinata nella “misura massima
che sarà fissata sulla base delle vigenti norme contrattuali”, si assume che
era stato violato l’art. 36 del CCNL biennio economico 1998-1999 secondo
cui l’indennità di funzione poteva essere stabilita in misura variabile da un
minimo di lire 6.000.000 ad un massimo di lire 18.000.000, disposizione
questa confermata dal CCNL biennio economico 2000-2001 e da quello
relativo al biennio 2002-2003. Ed infatti, solo per l’anno 1999, con delibera
n.461/2000, il Direttore Generale della A.S.L. n. 4 di Cosenza aveva
determinato detta indennità in lire 6.000.000 ( quindi, nel minimo) mentre,
per gli anni successivi, in mancanza di una analoga delibera, l’ammontare
di detta indennità doveva essere individuato in lire 18.000.000. Si
evidenzia, inoltre, che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che
il CCNL 1998-2001, biennio economico 1998 — 1999 non spiegasse i suoi
effetti dal 1 0 .1.1998 ma dalla sua emanazione o dalla pubblicazione sulla
. ottolinea, quindi, che il giudice del gravame non aveva
Gazzetta Ufficial2S
correttamente interpretato la delibera n. 241/2000 (rectius: 461/2000).
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
E’ inammissibile nella parte in cui argomenta la dedotta violazione delle
norme del CCNL sulla scorta di una assenta errata interpretazione della
delibera n. 461/2000 perché privo del requisito dell’autosufficienza.
Vale ricordare che per il principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di
motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o
processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto
della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente
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interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine
di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da
provare e, quindi, delle prove stesse, che la Corte di legittimità deve essere
in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui
lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v., ex multis,
Cass. n. 13677 del 31/07/2012; Cass. Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010).
E’ inoltre necessario che risulti indicata la sede processuale del giudizio di

d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di
giudizio di legittimità essa è rinvenibile ( Cass. n. 4056 del 19/02/2009;
Cass. n. 26888 del 10/11/2008; Cass. n. 12239 del 25/05/2007)
Nel caso in esame nel motivo non viene riportato il contenuto della
menzionata delibera n. 461/2000, se non per limitati stralci, né delle altre
pure richiamate e neppure viene indicata la sede processuale in cui le
stesse sono state prodotte.
Il motivo è, altresì, infondato.
Osserva il Collegio che l’art. 36 del CCNL prevede che l’indennità di
funzione è determinabile tra un minimo di lire 6.000.000 ad un massimo di
18.000.000.
Ne consegue che, a prescindere dalla corrispondenza o meno degli
incarichi conferiti con le delibere del 1998 con quelle introdotti con il CCNL
1998 -2001, e, a tutto concedere, anche a voler ritenere che detti incarichi
coincidessero con quelli del CCNL 1998 -2001, correttamente la ASL ha
determinato l’ammontare per il 2000 – 2001 e 2002 con la delibera del 461
del 6 aprile 2000 nella misura minima prevista dal citato art. 36 con
l’inserimento di un ulteriore importo di un dodicesimo del detto importo
minimale.

4-

Che la delibera si riferisca non solo al 2000 ma anche agli anni 2001 e
2002 emerge dal tenore letterale della stessa ( la disposizione che
prevedeva un inserimento, a decorrere dal gennaio 2000, di un importo pari
ad un dodicesimo di lire 6.000.000 non poteva che riferirsi agli anni
successivi al 2000) come correttamente ritenuto dalla Corte di merito, con
conseguente superamento del disposto contenuto nelle delibere del 1998
che determinava l’indennità nella misura massima.
Peraltro, la rideterminazione in lire 12.000.000 di detta indennità con
delibera n. 273 del 2003 conferma che la ASL aveva inteso adeguarsi al
4

merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo

protocollo di intesa in quanto per gli anni precedenti la misura della
indennità era stata fissata in lire 6.000.000.
I ricorrenti, inoltre, non spiegano le ragioni per le quali detta indennità
dovrebbe essere determinata nella misura massima se non facendo
riferimento alle delibere del 1998 superate dalla successiva del 2000 ( e,
comunque, per il Palumbo neppure la delibera del 1998 prevedeva la
determinazione della indennità nel massimo) che essi apoditticamente

Con il terzo motivo viene dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto decisivo del giudizio per avere la Corte di appello
– nell’affermare che il richiamo alla misura massima dell’indennità di
funzione, di cui alle delibere del 1998, era da riferire all’incarico previsto
dalla normativa vigente nel 1998 e non già a diverso incarico ( posizione
organizzativa) introdotto con il CCNL 1998 – 2001 stipulato solo nel
successivo aprile 1999 — confuso l’indennità di funzione prevista dagli artt.
20 e 21 del CCNL Comparto Sanità 1998 – 2001 con l’indennità di
qualificazione prevista e disciplinata dal CCNL di comparto 1994-1997 art.
45 commi 1° e 2°.
Il motivo è irrilevante in quanto, come detto, anche a voler ritenere —
diversamente dalla Corte di merito — una corrispondenza tra gli incarichi
conferiti con le delibere del 1998 a quelli previsti dal CCNL 1998 -2001,
comunque la misura della indennità era stata determinata nel rispetto del
disposto dell’art. 36 del CCNL 1998 -2001.
Per quanto esposto il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico dei ricorrenti e vengono liquidate come da dispositivo in
favore dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti alle spese del presente
giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3.000,00 per
compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2013.

intendono riferita solo al 1999.

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