Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5558 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. I, 28/02/2020, (ud. 09/07/2019, dep. 28/02/2020), n.5558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13142/2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la cancelleria civile della Corte di cassazione e

rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Giuratrabocchetta

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elettivamente

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresentato e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 817/2017 della Corte di appello di Potenza,

pubblicata il 27/10/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella Camera di consiglio del 09/07/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.A., cittadino della (OMISSIS), ricorre in cassazione con cinque motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Potenza, nel confermare l’ordinanza emessa D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 e art. 702-bis c.p.c., dal locale Tribunale, ha rigettato le domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria dal primo proposte, nella ritenuta insussistenza dei relativi presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente, originario della Costa d’Avorio, esponeva alla Commissione territoriale di Crotone che mentre si trovava in (OMISSIS) per alcuni lavori, nel paese di origine scoppiava la guerra civile durante la quale la sua casa veniva saccheggiata e nel massacro dei civili che ne era venuto, rimanevano uccisi il padre e tre suoi cugini.

La guerra civile era scoppiata nel 2010 perchè l’ex Presidente G.L. non aveva accettato la sconfitta alle elezioni vinte dal concorrente O.; poichè gli uomini che sostenevano il primo avevano ucciso il padre del ricorrente ritenendolo, con il ricorrente stesso, un sostenitore politico del nuovo Presidente, F. era fuggito dal proprio Paese temendo per la propria vita.

1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità processuale dell’impugnata sentenza, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., per mancanza di motivazione sui motivi di appello con cui si era censurato il giudizio, reso in primo grado, sulla non credibilità del racconto del richiedente protezione.

La Corte non avrebbe esaminato le circostanze in fatto dedotte sulla base dei parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

1.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1-bis. Sarebbero stati violati tutti i parametri di giudizio utili alla valutazione di attendibilità del richiedente non avendo la Corte territoriale fatto uso dei poteri ufficiosi riconosciutile in punto di prova, provvedendo a sollecitare al richiedente protezione, chiarimenti sul racconto reso.

1.3. Con il terzo motivo si fa valere la violazione delle norme di diritto sul riconoscimento dello status di rifugiato (D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,4,5,6,7 e 8; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,27) non avendo la Corte di merito considerato il rischio corso dall’appellante al suo rientro nel Paese di origine per mano dei sostenitori dell’ex presidente G., in quanto egli era ritenuto fautore del nuovo. La Corte di merito non avrebbe verificato la non capacità dello Stato di offrire protezione di fronte al dedotto pericolo di persecuzioni.

1.4. Con il quarto motivo si fa valere la nullità della sentenza e del procedimento in relazione alla violazione degli artt. 112,277 e 359 c.p.c.; la Corte di appello non avrebbe statuito sull’intera domanda di protezione sussidiaria e quindi non solo sulla Fattispecie di violenza indiscriminata D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ma anche sulle ipotesi di cui all’art. 14, lett. a) e b) D.Lgs. cit..

I giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere all’appellante protezione sussidiaria, rientrando i sostenitori dell’ex Presidente G. tra i soggetti non statuali responsabili del danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 5, comma 1, lett. c), in tal modo mancando i primi all’esercizio dei poteri ufficiosi di indagine D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3.

1.5. Con il quinto motivo si fa valere la nullità del procedimento e della sentenza in relazione agli artt. 115,116,702-quater c.p.c.; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,27 e 32; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; D.Lgs. n. 261 del 2007, art. 3.

La Corte territoriale non avrebbe valutato la documentazione sanitaria depositata in appello in via telematica in data 13.03.2017, un giorno prima dell’udienza tenutasi il 14/03/2017 (referto medico dell’A.O.R. (OMISSIS) – Servizio Psichiatrico di diagnosi e cura; relazione redatta dagli operatori di cooperativa sociale; referto medico emesso dall’ASP di Potenza, Dipartimento di Salute Mentale), con cui si offriva la prova che il richiedente era affetto da patologie psichiatriche (disturbo psicotico N.A.S.), con necessità di trattamento psicofarmacologico costante e controlli ambulatoriale cadenzati, evidenze integrative della condizione di vulnerabilità legittimante il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. I primi quattro motivi possono trovare congiunta trattazione venendo per gli stessi in valutazione questioni tra loro strettamente connesse.

Il motivi proposti sulla credibilità del richiedente protezione, gli estremi per il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione internazionale sono inammissibili là dove essi non si confrontano con la ratio che, in principalità, sostiene la decisione impugnata e cioè che l’appellante non aveva, in appello, contestato in modo specifico la decisione del primo giudice senza neppure fare oggetto di critica le informazioni sul Paese di origine acquisite dal primo giudice.

L’odierno ricorso reitera le iniziali critiche, già poste a sostegno della domanda di primo grado, e non facendosi carico di quell’onere di specificità rilevato dal giudice di appello incorre in inammissibilità per non aver colto la ratio decidendi dell’impugnata sentenza (Cass. 10/08/2017 n. 19989).

Il primo giudice aveva dato conto di una situazione sociopolitica della Costa d’Avorio che nel tempo e fin dal 2011 aveva visto la soluzione della guerra civile nell’intervenuta stabilizzazione del Paese, con l’insediamento del nuovo presidente O.A., l’arresto del precedente, il presidente G., ed il suo processo dinanzi alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità.

L’indicata evidenza esclude in radice la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto persona perseguitata per ragioni politiche, e finanche la protezione sussidiaria declinata per le fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), rispetto alla quale non si configura neppure la dedotta omessa pronuncia.

L’esclusione operata dalla Corte territoriale circa la sussistenza dei presupposti di riconoscimento oltre che dello status di rifugiato anche di quelle situazioni integranti il “danno grave” alla persona e di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, vale invero a ricomprendere anche la fattispecie di cui alla lett. c).

3. Il quinto motivo si espone ad una valutazione di inammissibilità per un duplice profilo.

Il ricorrenteche invoca l’applicabilità nella specie dell’art. 702-quater c.p.c., norma per la quale sono ammissibili nuovi mezzi di prova in appello quando il collegio li ritenga indispensabili per la decisione o la parte dimostri di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile, non allega puntualmente di aver fatto valere in appello le ragioni legittimanti la tardiva produzione (indisponibilità, nel pregresso, delle prove documentali, per causa non imputabile; indispensabilità delle prove ai fini della decisione).

In tal modo il ricorrente manca di fornire a questa Corte di legittimità gli elementi per apprezzare la fondatezza della proposta censura di omesso esame delle relative risultanze probatorie, in modo inammissibile sollecitando in sede di legittimità un giudizio di diretta rilevanza delle prime ai fini della decisione per i canoni che, invece, avrebbero dovuto sostenere il giudizio della Corte di appello (Cass. 12/11/2018 n. 28990).

Il motivo si espone ad un ulteriore giudizio di inammissibilità perchè manca di autosufficienza (art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4).

Qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha, invero, l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass. 13625/2019; Cass. 18506/2006).

4. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento in favore dell’Amministrazione costituitasi delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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