Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5557 del 08/03/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 5557 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

Ud. 7.7.2017
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12121/2013 R.G. proposto da:
CASSA DI RISPARMIO DI RIETI S.P.A.

rappresentata e difeso dall’avv. Filippo Falivene, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina Margherita, n. 217, scala D
– ricorrente contro
COMUNE DI MONTEROTONDO

rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Venettoni, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via C. Fracassini,

Data pubblicazione: 08/03/2018

n. 18

– controricorrente avverso le sentenze della Corte di appello di Roma, n.

6185, depositata in data 10 dicembre 2012;
uditala relazione svolta nella camera di consiglio del 7 luglio
2017 dal Consigliere dott. Pietro Campanile.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza non definitiva indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione del
Tribunale capitolino n. 3649 del 2005, con la quale, in accoglimento della domanda proposta dalla Cassa di Risparmio
di Rieti, il danno

conseguente all’occupazione ed

all’irreversibile trasformazione, ad opera del Comune di
Monterotondo, di un terreno appartenente all’attrice era stato determinato in euro 257.366,00, oltre all’indennità di occupazione della maggiore estensione di mq 11.757, liquidata
in euro 355.199,00, ha qualificato l’area, destinata ad edilizia scolastica, non edificabile, ed ha quindi disposto la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio.
2. Con la successiva sentenza definitiva del 10 dicembre
2012, considerati i valori agricoli medi dei terreni, il pregiudizio relativo alla perdita della proprietà del lotto irreversibilmente trasformato – esteso per mq 5.537 – è stato determinato in euro 1.158,15, mentre l’indennità di occupazio-

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1070, depositata il 10 marzo 2008, non definitiva, e n.

ne è stata liquidata in euro 2.459,15.
3. Per la cassazione di entrambe le decisioni la Cassa di Risparmio di Rieti propone ricorso, affidato a cinque motivi, il-

con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso riguarda la ricognizione giuridica del terreno operata dalla Corte di appello con la sentenza non definitiva: deducendosi violazione della I. 29 settembre 1964, n. 847, artt. 1 e 4, dell’art. 5 bis della I. n. 359
del 1992 e dell’art. 2043 cod. civ., si sostiene che il vincolo
preordinato all’esecuzione di opere concernenti l’edilizia scolastica non avrebbe natura conformativa, dovendosi in ogni
caso applicare l’indirizzo secondo cui la destinazione scolastica di determinate aree non sarebbe incompatibile con la
vocazione edificatoria.
2. La censura è infondata.
L’affermazione della corte territoriale, secondo cui nelle aree
ricomprese nelle zone destinate ad edilizia scolastica non è
ravvisabile la presenza del requisito dell’edificabilità giuridica
è conforme all’orientamento di questa Corte.
Si è infatti affermato che, ai fini della determinazione
dell’indennità di esproprio (o del risarcimento del danno da
occupazione appropriativa), la destinazione di aree a edilizia
scolastica, nell’ambito della pianificazione urbanistica connu-

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lustrati da memoria, cui il Comune di Monterotondo resiste

nale, ne determina il carattere non edificabile, avendo l’effetto di configurare un tipico vincolo conformativo, come destinazione ad un servizio che trascende le necessità di zone

zione del territorio, nel quadro della ripartizione zonale in
base a criteri generali ed astratti. Né può esserne ritenuta
per altro verso l’edificabilità, sotto il profilo di una realizzabilità della destinazione ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, giacché l’edilizia scolastica è riconducibile ad
un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su
cui non interferisce la parità assicurata all’insegnamento privato (Cass., 13 marzo 2017, n. 5388; cass., 17 maggio
2015, n. 10085; Cass., 9 agosto 2012, n. 14347; Cass., 26
maggio 2010, n. 12862; Cass., 23 giugno 2008, n. 17015;
Cass., 12 luglio 2007, n. 15616; Cass., 9 dicembre 2004, n.
23028).
3. Sono viceversa fondati il secondo ed il terzo motivo, con i
quali, sotto differenti profili, si afferma l’illegittimità della liquidazione con il ricorso al criterio fondato sul c.d. valore
agricolo medio.
3.1 Non può invero prescindersi dalla citata sentenza della
Corte costituzionale n. 181 del 2011, emessa, nelle more del
presente giudizio, a completamento del processo di conformazione del diritto interno ai principi posti dalla Corte Euro-

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circoscritte ed è concepibile solo nella complessiva sistema-

pea dei Diritti dell’Uomo.
3.2 – Con i motivo di ricorso in esame i ricorrenti hanno impedito la definitiva ed immodificabile determinazione dell’in-

vuto, e dalla parte ritenuto incongruo. Infatti l’impugnazione
del credito indennitario, pur se limitata al presupposto della
natura non edificatoria del terreno, rimette in discussione
proprio il criterio legale utilizzato dalla corte territoriale, tenuto conto che il relativo capo della sentenza riposa sulla
premessa dell’applicabilità della L. n. 865 del 1971, art. 16 e
della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 4. Sotto tale profilo deve rilevarsi che nessuna preclusione deriva dalla conferma della sentenza non definitiva, in quanto affermare la
natura agricola di un terreno non comporta necessariamente
l’adozione di un criterio di liquidazione travolto da una pronuncia di illegittimità costituzionale.
3.3 – Deve quindi rilevarsi che il sistema indennitario è ormai svincolato dalla disciplina delle formule mediane (dichiarata incostituzionale con sentenza n. 348 del 2007) e dei
parametri tabellari, di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5-bis,
commi 1 e 2, e della L. n. 865 del 1971, art. 16, commi 5 e
6, e risulta, invece, agganciato al valore venale del bene. Il
serio ristoro che l’art. 42 Cost., comma 3, riconosce al sacrificio della proprietà per motivi d’interesse generale, si identifica, dunque, con il giusto prezzo nella libera contrattazio-

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dennità, ponendone in discussione l’ammontare ancora do-

ne di compravendita, id est col valore venale del bene, posto che la dichiarazione d’incostituzionalità dei menzionati
criteri riduttivi ha fatto rivivere detto criterio base di inden-

applicabile ai casi già soggetti al pregresso regime riduttivo
(Cass. n. 11480 del 2008; n. 14939 del 2010; n. 6798 del
2013; n. 17906 del 2014), ed ora sancito dal del D.P.R. n.
327 del 2001, art. 37, comma 1, come modificato dalla L. n.
244 del 2007, art. 2, comma 90.
3.4 Tanto non comporta, tuttavia, che sia venuta meno, ai
fini indennitari, la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili, che è imposta dalla disciplina urbanistica in funzione
della razionale programmazione del territorio – anche ai fini
della conservazione di spazi a beneficio della collettività e
della realizzazione di servizi pubblici – e che le regole di
mercato non possono travalicare.
E l’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione di un unico criterio discretivo, fondato sulla
edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis,
comma 3, tuttora vigente, e recepito nel T.U. espropriazioni
di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37.
3.5. La decisione impugnata non si è attenuta a tale principio, dovendosi rilevare che, come già affermato da questa
Corte (Cass. Sez. un., 23 luglio 2013, n. 17868; Cass., 17
ottobre 2011, n. 21386), anche l’adozione di criteri correttivi

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nizzo, posto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39 riconosciuto

al criterio fondato sul c.d. v.a.m. viola l’insopprimibile esigenza di determinare l’indennità, nell’ipotesi di espropriazione di terrenti agricoli, sulla base del valore di mercato, nella

niera sensibilmente superiore, ancorché sulla base di una
media tra valori approssimativa ed ora vieppiù ingiustificata,
rispetto alla stima opposta.
4. Gli ulteriori motivi del ricorso, attinenti alle modalità di liquidazione dell’indennità di occupazione e all’incidenza o
meno del vincolo idrogeologico rimangono all’evidenza assorbiti.
5. La decisione definitiva, tanto con riferimento all’indennità
di occupazione, quanto in relazione al ristoro dell’illegittima
perdita del bene, entrambe fondate sul valore agricolo medio del fondo, va quindi cassata in relazione all’indicato
aspetto relativo allo “ius superveniens”, con rinvio alla Corte
d’appello di Roma, che, in diversa composizione, provvederà a determinare l’indennità di occupazione e l’entità del risarcimento, considerando che, all’interno della categoria dei
suoli inedificabili (in cui va ricompreso quello espropriato),
rivestono valore a fini indennitari le possibilità di utilizzazioni
intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi,
attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune auto-

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specie determinato dal consulente tecnico d’ufficio, in ma-

rizzazioni amministrative.
6. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Cassa la sentenza definitiva impugnata e rinvia, anche per le
spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima

P. Q. M.

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