Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5557 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 08/03/2010), n.5557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13390-2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

G.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 709/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 26/04/2005 R.G.N. 2067/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Biella G.M. esponeva di aver intrattenuto con Poste Italiane s.p.a. vari contratti di lavoro a tempo determinato, tra i quali quelli decorrenti dal (OMISSIS), tutti stipulati a norma dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994 e dell’accordo integrativo del 25.9.1997 con espresso riferimento a “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso”. Chiedeva al giudice adito di accertare la nullità del termine e di dichiarare l’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato dal (OMISSIS).

Poste Italiane s.p.a. si costituiva e resisteva.

Il Tribunale accoglieva il ricorso, dichiarava la nullità del termine e accertava l’instaurazione tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato dal (OMISSIS).

Poste Italiane proponeva appello principale. La dipendente proponeva appello incidentale chiedendo che venisse dichiarata la nullità anche del termine apposto al contratto con decorrenza (OMISSIS).

La Corte di Appello di Torino, con sentenza depositata il 26 aprile 2005, respingeva l’appello della società rilevando che per la legittimità del termine non era sufficiente la prova della ristrutturazione aziendale in atto, essendo onere del datore di lavoro provare anche che a seguito del processo di ristrutturazione erano sorte particolari esigenze tali da legittimare l’apposizione del termine al singolo contratto di lavoro. Essendo mancata tale prova, la Corte, in accoglimento dell’appello incidentale, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto con decorrenza 6.9.1997 e accertava la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal (OMISSIS).

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso con un motivo ed ha depositato memoria. L’intimata non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 violazione dell’art. 1362 e segg. c.c. e vizi di motivazione la società censura la sentenza impugnata perchè la decisione sarebbe fondata sull’erroneo assunto che la L. n. 56 del 1987, art. 23 non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti assunzioni a termine collegate a situazioni tipicamente aziendali, quale la ristrutturazione aziendale, che non siano collegate ad occasioni precarie di lavoro ed il cui onere probatorio graverebbe sul datore di lavoro. Sostiene la società che nè il contratto collettivo nè gli accordi integrativi richiedono una siffatta correlazione tra ipotesi astratta di contratto a termine e singola necessità del lavoro temporaneo.

Rileva che la L. n. 57 del 1987, art. 23 contiene una delega piena all’autonomia collettiva in ordine alla individuazione di nuove ipotesi di contratto a termine, scelta non sindacabile nel merito.

Osserva che il datore di lavoro deve ritenersi onerato della sola prova del processo di ristrutturazione prefigurato dall’accordo integrativo del 25.9.1997 non anche del collegamento tra tale processo e la singola assunzione.

Il ricorso è fondato nei limiti delle considerazioni che seguono.

Questa Corte, in analoghe controversie aventi ad oggetto i contratti di lavoro a termine stipulate da Poste Italiane, ha affermato i seguenti principi.

La L. n. 56 del 1987, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per L. n. 230 del 1962 (cfr. Sez. Un. 4588/2006).

L’attribuzione alla contrattazione collettiva del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulla necessità della stipulazione di tali contratti idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori (Cass. n. 14011/2004, n. 21063/2008).

La L. n. 56 del 1987, art. 23 non impone di fissare contrattualmente dei limiti temporali alla facoltà di assumere lavoratori a tempo determinato; comunque, ove le parti nella contrattazione collettiva abbiano fissato un limite temporale alla facoltà di assumere lavoratori a tempo determinato, la sua inosservanza determina l’illegittimità del termine apposto, dovendosi altrimenti ritenere che la clausola contenuta nell’accordo collettivo sia “senza senso”, in violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c. (Cass. n. 9259/2008).

E’ corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento all’art. 8 del CCNL 26.11.1994, all’accordo integrativo 25.9.1997 ed agli accordi attuativi stipulati in data 25.9.1997 e in data 16.1.1998, hanno ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 30 aprile 1998 della situazione di “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso”, con la conseguenza che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione, le Poste potevano procedere nei suddetti limiti temporali ad assunzioni di personale con contratti a termine (Cass. n. 27024/2008, n. 9259/2008, n. 22920/2008 ed altre conformi).

Di conseguenza devono ritenersi validi i contratti a termine stipulati prima del 30 aprile 1998 per far fronte alle eccezionali esigenze di cui sopra, senza che il datore di lavoro debba provare volta per volta il collegamento causale tra la singola assunzione a termine e le esigenze organizzative dell’azienda, mentre devono ritenersi nulli (con tutte le conseguenze di legge) i contratti a termine stipulati dopo tale data per lo stesso motivo, visto il limite temporale alle assunzioni a termine posto dalle parti sociali nei predetti accordi attuativi (cfr. Cass. n. 9259/2008).

A questi principi, pienamente condivisi dal Collegio, non si è attenuta la sentenza impugnata, avendo la Corte di Appello ritenuto nullo sia il termine apposto dalle parti al contratto stipulato prima del 30 aprile 1998 che il termine apposto ai contratti stipulati in data successiva.

Pertanto, il ricorso deve essere accolto parzialmente e la causa rinviata per un nuovo esame ad un diverso collegio della stessa Corte di Appello di Torino, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà, altresì, al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie parzialmente il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

 

 

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