Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5551 del 06/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/03/2017, (ud. 06/12/2016, dep.06/03/2017),  n. 5551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7255-2011 proposto da:

L.E.M., nata a (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO AIELLO,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO MARAZZA,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5685/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/09/2010 R.G.N. 9945/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato CRUPI PASQUALE per delega Avvocato AIELLO FILIPPO;

udito l’Avvocato DE FEO DOMENICO per delega Avvocato MARAZZA MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da L.E.M. diretta all’accertamento del termine apposto ai contratti stipulati con le Poste italiane spa indicati in ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis con i conseguenti provvedimenti di cui alle conclusioni del ricorso introduttivo. La Corte di appello di Roma con sentenza del 25.9.2010 rigettava l’appello della L.; la Corte territoriale osservava che i contratti erano stati stipulati D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 2, comma 1 bis e che, quindi, non occorreva alcuna indicazione nel contratto individuale della causale giustificativa del contratto stabilita già a monte per legge. Il citato art. 2, comma 1 bis era applicabile alle Poste spa come emergeva anche dai lavori parlamentari preparatori; la normativa non era violativa del diritto Ue in ordine ai contratti a termine come anche affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Il limite posto dalla clausola di contingentamento risultava contestato del tutto genericamente e quanto alla violazione dell’art. 25 del CCNL le argomentazioni del Giudice di primo grado non erano state contestate dall’appellante. Circa la pretesa violazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 558 per omessa comunicazione alle OOSS non si era neppure esaminata la documentazione in atti così come risultava prodotta documentazione in ordine la valutazione dei rischi relativi alle unità produttive.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la L. con sei motivi; resiste controparte con controricorso corredato da memoria.

La Corte ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e art. 2, comma 1 bis nonchè l’omessa insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. L’interpretazione offerta dalla Corte di appello della normativa in esame per cui si tratterebbe di un’ipotesi legale di contratto acausale porta ad un contrasto con la normativa sovranazionale sui contratti a termine.

Con il secondo motivo si allega in particolare la violazione /o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bisnonchè l’omessa insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. L’interpretazione offerta dalla Corte di appello della normativa in esame per cui si tratterebbe di un’ipotesi legale di contratto acausale porta ad un contrasto con la normativa sovranazionale sul divieto di aiuti di Stato.

Con il terzo motivo si allega in particolare la violazione /o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis nonchè l’omessa insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La normativa in esame non era stata approvata con la legge comunitaria.

Con il quarto motivo si allega la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Secondo il motivo la norma non sarebbe applicabile alle mansioni in concreto svolte dal lavoratore.

Con il quinto motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e dell’art. 2697 c.c. nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il quinto contratto era stato stipulato ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 ma le ragioni giustificatrici erano del tutto generiche.

Con il sesto motivo si allega la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1, 2, e 10 e dell’art. 2697 c.c. nonchè l’omessa o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata. Era stata violata la norma di contingentamento;

rilevato che le questioni poste al primo, secondo e quarto motivo risultano già risolta da questa Corte con la sentenza n. 13609/2015, che si condivide e cui si intende dare continuità, secondo cui “in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 2, comma 1 bis, fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste – e non anche alle mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la “ratio” della disposizione, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del cd. “servizio universale” postale, ai sensi del D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 1, comma 1, di attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore. Ne consegue che al fine di valutare la legittimità del termine apposto alla prestazione di lavoro, si deve tenere conto unicamente dei profili temporali, percentuali (sull’organico aziendale) e di comunicazione previsti dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis”;

rilevato ancora che questa Corte a sezioni unite con la più recente decisione n. 11374/2016 ha poi ribadito che “le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, non necessitano anche dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi dell’art. 1, comma 1 medesimo D.Lgs., trattandosi di ambito nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata “ex ante” direttamente dal legislatore”.

ritenuto pertanto che la norma in discorso si riferisce alla tipologia di imprese che effettuano l’assunzione (e non già alle mansioni destinate al lavoratore) con la conseguenza che le ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine non devono essere apposte al contrato in quanto già accertate a monte dalla legge e che i profili di compatibilità con il diritto dell’Unione sono state già esaminate nelle ricordate decisioni (segnatamente nella decisione delle Sezioni Unite) anche alla luce della chiarificatrice decisione della Corte di giustizia già menzionata nella sentenza impugnata;

ritenuto che, circa il terzo motivo, non può in alcun modo condividersi la tesi per cui l’approvazione di una legge che recepisce direttive comunitarie non attraverso la cosiddetta “legge comunitaria” determini l’illegittimità della disposizione di legge in questione posto che tale approvazione “unitaria” è rivolta solo all’efficienza del sistema parlamentare nel suo complesso rispetto al sistema sovranazionale ma non fa venir meno la discrezionalità parlamentare in ordine alle procedure con cui dare attuazione agli impegni sovranazionale;

ritenuto che quanto al quinto motivo la formulazione del contratto è chiara ed univoca nell’indicare le ragioni dell’assunzione a termine riferite al programma di implementazione del personale di sportelleria di cui al Piano di mobilità aziendale del 2007; il contratto spiega anche le ragioni di una temporanea carenza di personale nel settore della sportelleria indicando un termine previsto di assorbimento dello stesso. Quindi le ragioni sono state indicate in modo del tutto specifico e potevano essere impugnate solo ove si fosse dedotta la loro non rispondenza al vero;

ritenuto quanto al sesto motivo che la Corte di appello ha già osservato che la contestazione in appello della documentazione prodotta sulla dedotta violazione della clausola di contingentamento era del tutto generica e che tale giudizio appare corretto posto che da quanto riportato al motivo effettivamente non si prende in esame in dettaglio i documenti prodotti e le difese delle Poste che non vengono neppure indicate e valutate;

rigetta il ricorso: le spese di lite – liquidate come al dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi nonchè in Euro 4.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2017

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