Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5546 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/02/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 28/02/2020), n.5546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20577/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI N. 12;

– ricorrente –

contro

F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

MICHELANGELO N. 9, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO BAUZULLI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE GALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1356/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/05/2014 R.G.N. 561/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. F.S., dirigente di seconda fascia, aveva rivestito l’incarico di titolare dell’Ufficio di (OMISSIS) dell’Agenzia delle Entrate dal 2 novembre 2005 e fino a quando per tale ufficio (prima classificato di secondo livello e poi accorpato in un’unica Direzione Provinciale a quelli di (OMISSIS), con previsione al vertice di un dirigente superiore e cioè di primo livello), nonostante la candidatura del F., era stato nominato altro dirigente; quindi, con atto n. 2009/178935 del 3 dicembre 2009, l’Agenzia “in considerazione del limitato arco temporale residuo di permanenza all’Agenzia” (essendo prevista per il 1 giugno 2010 la cessazione dal servizio per il raggiungimento della massima anzianità contributiva) gli conferiva l’incarico di studio e ricerca avente ad oggetto “la valutazione in termini di proficuità e di positività nell’iter contenzioso degli accertamenti da studi di settore effettuati in Lombardia nel corso del 2000 (…) nonchè l’individuazione di soluzioni migliorative delle eventuali criticità riscontrate”: la scadenza di tale nuovo incarico era fissata al 1 giugno 2010;

2. con sentenza n. 517 del 10 maggio 2010, il Tribunale di Milano accoglieva il ricorso del F. volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del suo collocamento a riposo;

in esecuzione di tale decisione l’Agenzia, con atto n. 87004 del 1 giugno 2010 e prot. n. 2010/111374 del 23 luglio 2010, sospendeva gli effetti della risoluzione anticipata e manteneva il F. nello svolgimento dell’incarico di studio conferitogli anche oltre la scadenza del termine di preavviso;

3. con altro ricorso ex art. 414 c.p.c., il F. lamentava l’illegittimità dell’incarico di studi conferitogli e l’illegittimità del conferimento dell’incarico di Direttore provinciale di (OMISSIS) (divenuto, con l’unificazione degli uffici di Como, (OMISSIS) di primo livello) ad altro soggetto ( G.M.);

successivamente, nelle more del giudizio, al F. veniva conferito l’incarico di Direttore provinciale di Cremona (di secondo livello), resosi medio tempore vacante, con decorrenza dal 5 settembre 2011;

4. il Tribunale, con sentenza n. 4916 del 25 novembre 2010, respingeva il ricorso sul rilievo che non potesse configurarsi un diritto all’attribuzione dell’incarico dirigenziale;

5. anche il conferimento dell’incarico di Direttore provinciale di Cremona era impugnato dal F. sul presupposto che avesse carattere punitivo (ricorso ancora pendente alla data del ricorso per cassazione);

6. la Corte d’appello di Milano, in riforma della decisione n. 4916/2010 ed in parziale accoglimento dell’impugnazione del F., condannava l’Agenzia delle Entrate al risarcimento del danno in favore dell’appellante liquidato in via equitativa in Euro 50.000,00;

7. riteneva la Corte territoriale che, pur non essendo in discussione i profili attinenti alla legittimità della risoluzione del rapporto, il comportamento della PA dovesse essere valutato sotto il profilo della correttezza e buona fede e che, nella specie, essendo stato l’incarico di studio conferito per una ragione (prossimità della cessazione dal servizio) poi rivelatasi infondata, una volta disposto il mantenimento in servizio del dirigente, al medesimo dovesse essere assicurato un incarico di pari professionalità di quello che gli era stato negato (di primo livello e non di secondo) per ragioni poi risultate prive di giustificazione;

evidenziava che fosse fortemente presumibile il pregiudizio al patrimonio professionale e all’immagine conseguito alla condotta dell’amministrazione che pertanto andava condannata al risarcimento del danno equitativamente determinato tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzavano il caso;

8. per la cassazione della sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate con due motivi;

9. F.S. ha resistito con controricorso;

10. non sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 10, art. 52, artt. 1175,1375,2103,2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

sostiene che la Corte territoriale, pur muovendo da condivisibili principi che devono ispirare la scelta del dirigente pubblico, ha condannato l’Amministrazione al risarcimento del danno sulla base del mero assunto secondo cui il F. avrebbe avuto “il diritto quantomeno, a ricoprire un incarico di pari professionalità di quello che gli era stato negato per ragioni poi rivelatesi infondate, essendo incontestato che per anzianità, competenza e meriti fosse idoneo a ricoprire siffatte posizioni”;

sostiene che tale motivazione avrebbe trascurato di considerare che non sussiste alcun diritto del dirigente pubblico al conferimento di un determinato o specifico incarico dirigenziale, in considerazione della natura fiduciaria sottesa al rapporto di lavoro tra dirigente e Amministrazione ed alla correlata discrezionalità di quest’ultima nella scelta del dirigente cui conferire l’incarico;

rileva che, nella specie, la scelta di affidare al F. un incarico di studio e ricerca si era resa necessaria in ragione dell’inopportunità di affidare l’assetto direzionale di una nascente struttura operativa – quale la neoistituita Direzione provinciale di (OMISSIS) – ad un dirigente che avrebbe potuto ricoprire detto incarico solo per un periodo di tempo assai ristretto, stante l’imminente cessazione dal servizio per la effetto della risoluzione anticipata applicatagli;

non vi era stata, perciò, da parte dell’Amministrazione alcuna violazione degli obblighi di buona fede, correttezza e di buon andamento, atteso che, sulla base del preavviso di risoluzione del D.L. n. 112 del 2008, ex art. 72, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008, la sua permanenza in servizio era di durata eccessivamente breve per consentire il completo avviamento della nascente struttura;

neppure poteva dirsi che l’incarico di studio fosse dequalificante rispetto ad un incarico operativo;

2. con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia la violazione degli art. 2043,2056,2059,1223,1226 c.c., art. 111 Cost., art. 112 c.c., art. 132 c.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4;

censura la sentenza impugnata per aver determinato in via equitativa il risarcimento a favore del F. senza specificare le circostanze di fatto e le valutazioni effettuate per addivenire a tale modalità di quantificazione, limitandosi sul punto ad affermare che il danno “non può che essere liquidato in via equitativa tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il caso”;

3. il ricorso è fondato;

3.1. questa Corte ha più volte affermato che fanno capo al dirigente due distinte situazioni giuridiche soggettive, perchè rispetto alla cessazione anticipata dell’incarico lo stesso è titolare di un diritto soggettivo che, ove ritenuto sussistente, dà titolo alla reintegrazione (se possibile) nella funzione dirigenziale ed al risarcimento del danno, mentre a fronte del mancato conferimento di un nuovo incarico può essere fatto valere un interesse legittimo di diritto privato, che, se ingiustamente mortificato, non legittima il dirigente a richiedere l’attribuzione dell’incarico non conferito ma può essere posto a fondamento della domanda di ristoro dei pregiudizi ingiustamente subiti (v. Cass. 13 novembre 2018, n. 29169; Cass. 1 dicembre 2017, n. 28879; Cass. 3 febbraio 2017, n. 2972; Cass. 18 giugno 2014, n. 13867);

3.2. non vanno, dunque, confusi il diritto soggettivo al conferimento dell’incarico e l’interesse legittimo di diritto privato correlato all’obbligo imposto alla pubblica amministrazione di agire nel rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede nonchè dei principi di imparzialità, efficienza e buon andamento consacrati nell’art. 97 Cost., sicchè il dirigente non può pretendere dal giudice un intervento sostitutivo e chiedere l’attribuzione dell’incarico, ma può agire per il risarcimento del danno, ove il pregiudizio si correli all’inadempimento degli obblighi gravanti sull’amministrazione (Cass. 23 settembre 2013, n. 21700; Cass. 24 settembre 2015, n. 18972; Cass. 14 aprile 2015, n. 7495);

3.3. quanto a quest’ultima azione è stato richiamato il principio generale secondo cui, nel lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni (per i dirigenti statali in virtù di espressa previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19), alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e pertanto non è applicabile l’art. 2103 c.c., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico (v. Cass. 22 dicembre 2004; Cass. 15 febbraio 2010, n. 3451; Cass. 22 febbraio 2017, n. 4621; Cass. 20 luglio 2018, n. 19442);

3.4. non vigendo la regola dell’equivalenza delle mansioni non può sostenersi che la mancata assegnazione di un incarico equivalente a quello in precedenza ricoperto costituisca automaticamente fonte di danno risarcibile, visto che, in tema di dirigenza pubblica, la cessazione di un incarico di funzione e la successiva attribuzione di un incarico di studio non determina un demansionamento (da ultimo Cass. 9 aprile 2018, n. 8674);

3.5. può, però, verificarsi che l’attribuzione di un incarico di studio, in ipotesi legittima, venga poi realizzata con modalità tali da configurare un inadempimento contrattuale per la compromissione della professionalità del lavoratore, anche nella forma della perdita di chance, ovvero per la lesione della sua dignità professionale (v. Cass. 8 novembre 2017, n. 26469, in motivazione; più in generale v. Cass. 20 giugno 2016, n. 12678 del 2016), eventi forieri, questi sì, di danno risarcibile, che però deve essere allegato e provato dal danneggiato secondo i noti principi che presiedono all’accertamento ed alla liquidazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali, senza alcun automatismo che faccia ritenere sussistente un danno in re ipsa (v. Cass. 7 gennaio 2019, n. 137);

3.6. nella specie, per quello che si evince dalla sentenza impugnata, non è in discussione la legittimità della disposta cessazione ante tempus (per effetto della soppressione dell’ufficio di (OMISSIS) quale ufficio di secondo livello) dell’incarico già conferito al F. ma il mancato conferimento allo stesso dell’incarico (per cui si era candidato) di Direttore della neo istituita Direzione provinciale di (OMISSIS) (di primo livello) e l’assegnazione dell’incarico di studio presso la Direzione regionale (di secondo livello, asseritamente sminuente);

3.7. orbene, per quanto sopra evidenziato, il mancato conferimento dell’incarico di Direttore provinciale degli unificati uffici di (OMISSIS) e l’assegnazione del F. ad un incarico di studio non può essere considerato un atto in sè pregiudizievole (v. Cass. n. 137/2019 cit.), essendo stata la relativa scelta (discrezionale) giustificata sulla base di quella che risultava essere, all’epoca, la situazione di prossimità alla cessazione dal servizio per il raggiungimento della massima anzianità contributiva, che rendeva inopportuno l’affidamento allo stesso dell’assetto direzionale di una nascente e complessa struttura operativa, situazione che era ragionevolmente ipotizzabile – stante il preavviso di risoluzione del D.L. n. 112 del 1998, ex art. 72, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008 – prima che il F. instaurasse il contenzioso per ottenere un prolungamento nel tempo della sua permanenza in servizio;

è, peraltro, indiscusso tra le parti che con l’incarico di studio in questione il F. avesse mantenuto il medesimo livello retributivo dell’incarico in precedenza ricoperto così come è pacifico che anche per l’incarico di Direttore provinciale di Cremona, successivamente attribuito, fosse prevista la retribuzione di posizione di secondo livello;

ed allora non era sufficiente a far ritenere integrato un inadempimento l’esito del successivo contenzioso instaurato dal F. (con una valutazione ora per allora) non potendo il comportamento dell’amministrazione ritenersi automaticamente caratterizzato da dolo o colpa, salvo verificare (cosa, nel caso in esame, non avvenuta): – se vi fossero i presupposti per ritenere quella ragionevolezza del pubblico agire in concreto contrastata da una chiara consapevolezza della fondatezza delle ragioni del F. (prima ancora dell’instaurazione del contenzioso) e cioè se sussistessero le condizioni affinchè l’amministrazione potesse, al contrario, conformare la propria condotta a quelle modifiche della situazione fattuale oggetto di successiva pronuncia giudiziale; – se l’attribuzione dell’incarico di studio, come detto, in ipotesi, legittima, fosse stata eventualmente realizzata con modalità tali da configurare un inadempimento contrattuale per la compromissione della professionalità del lavoratore, anche nella forma della perdita di chance, ovvero per la lesione della sua dignità professionale; – se si fosse ingenerato, con specifici comportamenti, un affidamento del F. circa l’attribuzione dell’incarico di secondo livello di Direttore della nuova Direzione provinciale di (OMISSIS);

4. quanto al risarcimento del danno, in conseguenza dell’inadempimento da accertarsi con le modalità indicate, una liquidazione equitativa dello stesso (certamente ammissibile: v. Cass. 10 novembre 2017, n. 2664) non potrebbe giammai prescindere dall’indicazione dei criteri seguiti per determinare l’entità del danno e degli elementi su cui è basata la decisione in ordine al ‘quantum’ (risulta, nello specifico, meramente assiomatica l’affermazione della Corte territoriale: “è fortemente presumibile il pregiudizio al patrimonio professionale e all’immagine che consegue alla condotta dell’amministrazione con conseguente condanna della stessa al risarcimento del danno che non può che essere liquidato in via equitativa tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi”);

4.1. va, poi, tenuto presente che, discutendosi di danno da violazione di interesse legittimo di diritto privato alla linearità e congruità delle determinazioni assunte dall’Amministrazione, lo stesso non può certo coincidere con quanto sarebbe stato dovuto in forza del contratto non concluso occorrendo la deduzione e prova, oltre che delle circostanze evidenziate al punto sub 3.5. che precede (con riguardo al conferito incarico di studio), di una lesione dannosa di legittimo affidamento rispetto all’incarico di primo livello al quale il F. aspirava (si pensi, ad esempio, al pregiudizio derivato dall’eventuale inadempimento di obblighi gravanti sull’Amministrazione in relazione agli atti preliminari, all’assenza di adeguate forme di partecipazione dell’interessato medesimo al processo decisionale, alla omessa esternazione delle ragioni giustificatrici della scelta, alla perdita patrimoniale per le spese inutilmente sostenute in relazione alle trattative, alla mancata possibilità di cogliere altre occasioni professionali presentatesi nel corso della fase preliminare);

4.2. anche un autonomo danno all’immagine professionale non può dirsi conseguenza automatica della supposta illegittimità del conferimento ad altri dell’incarico preteso, ma deve essere dedotto e provato, anche per presunzioni;

5. da tanto consegue che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame attenendosi ai suesposti principi e provvederà anche in ordine alla spese del presente giudizio di legittimità;

6. l’accoglimento del ricorso rende inapplicabile il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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