Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5541 del 01/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 01/03/2021), n.5541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17538/2019 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE FP DI F. E P. S.N.C. (già S.n.c. F.P. di

F. e P.) in persona dei legali rappresentanti pro tempore e FP

SERVICE S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore,

entrambe domiciliate in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentate e difese

dall’avvocato SIRO CENTOFANTI;

– controricorrenti –

nonchè da: RICORSO, SUCCESSIVO SENZA N.R.G.:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati GIANDOMENICO CATALANO, LORELLA

FRASCONA’, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente successivo –

contro

IMMOBILIARE FP DI F. E P. S.N.C. (già S.n.c. F.P. di

F. e P.) in persona dei legali rappresentanti pro tempore e FP

SERVICE S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore,

entrambe domiciliate in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentate e difese

dall’avvocato SIRO CENTOFANTI;

– controricorrenti al ricorso successivo –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 180/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 29/11/2018 R.G.N. 91/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO;

udito l’Avvocato SIRO CENTOFANTI;

udito l’Avvocato GIANDOMENICO CATALANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La s.n.c. Immobiliare FP di F. e P. e la s.r.l. FP Service chiesero al Tribunale di Perugia di accertare l’infondatezza delle pretese di versamento di maggiore contribuzione, derivanti da diverso inquadramento (dal settore artigiano a quello terziario) e differente classificazione tariffaria, avanzate da INPS ed INAIL in ragione dell’accertamento ispettivo relativo alla affermata trasformazione, non comunicata agli Enti, dell’attività di riparazione di apparecchiature elettroniche in quella principale del noleggio di impianti ed alla omessa denuncia quale lavoratore subordinato di A.S. dal 2008 al 2012.

2. In particolare, gli Enti pretendevano la retrodatazione della rettifica dell’inquadramento, operata a seguito di verbali ispettivi del 5 agosto e 13 settembre 2013, con passaggio per l’assicurazione gestita dall’Inail dalla voce di tariffa 6563 alla 0550, per i periodi compresi tra luglio 2008 a maggio 2012 per la s.n.c. e dal giugno al dicembre 2012 per la s.r.l. L’Inail aveva inoltre proposto domanda riconvenzionale, subordinata all’accoglimento della domanda principale di s.n.c. Immobiliare di mantenere l’inquadramento quale ditta artigiana, volta alla condanna della stessa al pagamento della maggior contribuzione derivante dall’applicazione della tariffa 0550 al settore artigiano rispetto a quella dovuta al settore terziario.

3. Il giudice aveva accolto le domande principali, dichiarando di natura autonoma il rapporto di lavoro dell’ A. ed inesistenti i crediti vantati da INPS ed INAIL non potendosi considerare retroattivo il nuovo inquadramento in difetto dei presupposti indicati dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8. Quanto alla domanda riconvenzionale proposta dall’Inail, relativa alla classificazione alla voce 0550 dell’impresa artigiana, il Tribunale aveva ritenuto non provato l’espletamento delle attività riconducibili a tale voce.

4. Su impugnazione sia dell’INPS che dell’INAIL, la Corte d’appello di Perugia ha confermato la sentenza impugnata, precisando – per quanto qui di interesse – che la declaratoria di infondatezza della pretesa retrodatazione dell’inquadramento assorbiva l’indagine sulla effettiva trasformazione dell’attività. Quanto, poi, alla domanda di riclassificazione dell’Inail introdotta con riconvenzionale, la Corte territoriale ha evidenziato che la stessa era stata tempestivamente contestata e che il primo giudice aveva deciso sulla base di una valutazione di merito delle risultanze istruttorie, con ragionamento autonomo rispetto a quello fatto per le pretese dell’Inps, che andava condiviso pienamente.

5. Avverso tale sentenza, ricorrono con separati ricorsi INPS ed INAIL, rispettivamente, basati su uno e su tre motivi.

Resistono con separati controricorsi ad entrambi i ricorsi, s.n.c. Immobiliare FP di F. e P. ed s.r.l. FP Service, le quali hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con l’unico motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione e o la falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8, L. n. 352 del 1978, artt. 1, 2,3 e 4 e D.L. n. 269 del 2003, art. 44 bis, con modificazioni nella L. n. 326 del 2003. Si denuncia l’errore interpretativo in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nel negare l’effetto retroattivo dell’inquadramento nel settore terziario a fronte dell’accertamento ispettivo relativo all’omessa comunicazione di circostanze attinenti al mutamento dell’attività aziendale da artigiana al settore terziario; tale circostanza avrebbe dovuto condurre all’applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8, secondo il quale l’effetto retroattivo del nuovo inquadramento si determina anche laddove non siano state comunicate talune circostanze che si aveva l’obbligo di comunicare e non solo laddove siano state comunicate circostanze inesatte. Il ricorrente critica l’orientamento di legittimità cui ha aderito la sentenza impugnata (Cass. n. 4521 del 2006, n. 26886 del 2006; n. 27347 del 2017 e n. 3460 del 2018) e che ha superato quello espresso da Cass. n. 13383 del 2008 e n. 8558 del 2014, in considerazione del fatto che l’Ente ha contezza degli elementi caratterizzanti il rapporto contributivo solo laddove il datore di lavoro comunichi anche le variazioni degli elementi necessari ai fini del computo della relativa obbligazione, come espressamente previsto dalla L. n. 352 del 1978, artt. 1, 2,3 e 4 e dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44 bis, con modificazioni nella L. n. 326 del 2003. Se ciò non avviene, l’omessa comunicazione equivale giuridicamente ad una inesatta comunicazione.

7. Con il primo motivo del ricorso, l’Inail deduce la violazione ed errata interpretazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8, in punto di retroattività del mutato inquadramento previdenziale anche con riferimento al D.M. Tariffe 12 dicembre 2000, artt. 11, 12, 14 e 16 e ciò in ragione del fatto che la sentenza impugnata aveva ritenuto che la disposizione non potesse essere applicata anche alla fattispecie ricorrente nel caso di specie dell’annessa comunicazione, da parte del datore di lavoro, dei mutamenti intervenuti nell’attività svolta, tali da comportare una variazione della classificazione ai fini previdenziali.

8. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione ed errata applicazione del D.M. 12 dicembre 2000, artt. 4 e 7, voci di tariffa 0550-3610-6563 in quanto era stata ritenuta applicabile la voce di tariffa 6563 per la società s.n.c. Immobiliare di F. e P. e la voce di tariffa 3610 per la s.r.l. FP Service e non già la voce di tariffa 0550, come accertato dall’INAIL a seguito dell’accertamento ispettivo, e senza considerare che le voci di tariffa ritenute applicabili erano attinenti ad attività produttive, mentre quella esercitata era attività di servizi.

9. Il terzo motivo del ricorso dell’INAIL denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio in ragione del fatto che la sentenza impugnata ha ritenuto applicabili, ai fini della classificazione di competenza dell’Inail, rispettivamente, la voce di tariffa 6563 per la s.n.c. Immobiliare di F. e P. e la voce di tariffa 3610 per la s.r.l. FP Service e non già la voce di tariffa 0550, nonostante le attività cui alle predette voci (6563 e 3610) si riferiscano ad attività non più esercitata.

10. Osserva la Corte che il motivo del ricorso dell’INPS, nonchè, per sostanziale identità di contenuti, il primo motivo del ricorso dell’INAIL sono infondati.

Come affermato dalla sentenza impugnata, questa Corte di cassazione, in ordine all’interpretazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8 (laddove è previsto che i provvedimenti adottati d’ufficio dall’INPS di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente alla effettiva attività svolta producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione), ha ormai consolidato il principio secondo il quale la disposizione in questione, nella parte in cui stabilisce che i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento o della richiesta dell’interessato, ha valenza generale, ed è quindi applicabile ad ogni ipotesi di rettifica di precedenti inquadramenti operata dall’Istituto dopo la data di entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, indipendentemente dai parametri adottati, in base ad una lettura sistematica e costituzionalmente orientata della norma, volta ad uniformare il trattamento di imprese di identica natura ed attività, ma disomogenee nella classificazione (Cass. S.U. n. 16875 del 12/08/2005).

11. La norma impone invece la retroattività degli effetti della variazione ogni volta che vi sia stato nel momento iniziale dell’attività un comportamento del datore positivo e volontario tale da determinare un inquadramento errato, qual è l’inoltro di dichiarazioni inesatte.

12. La condotta ivi prevista è affatto diversa dal comportamento omissivo intervenuto nel corso dell’attività del datore di lavoro, che trova una specifica sanzione nell’ordinamento nel D.L. n. 352 del 1978, art. 2, comma 1, convertito in L. n. 467 del 1978, che prevede l’obbligo dell’impresa di comunicare agli enti previdenziali le variazioni relative all’attività imprenditoriale svolta e la relativa violazione, ma non determina la retrodatazione dell’inquadramento (Cassazione n. 14258/2019).

Tale decisione, in particolare, ha dato ulteriore continuità all’orientamento assunto da questa Corte negli arresti n. 4521 del 1/03/2006 e nei più recenti n. 27347 del 2017; nn. 3459 e 3460 del 2018, in consapevole dissenso dalla diversa tesi sposata da ultimo da Cass. n. 8558 del 11/04/2014.

La prima soluzione deve infatti essere preferita, in quanto è coerente con la natura eccettiva della deroga all’operatività della classificazione ex nunc, deroga prevista testualmente per il solo caso delle inesattezze nella dichiarazione iniziale e che dunque non può essere applicata al di fuori delle ipotesi ivi tassativamente indicate e tipizzate, stante il divieto anche di interpretazione analogica ed estensiva, posto con riferimento alla legge speciale dall’art. 14 preleggi; essa inoltre privilegia le esigenze di certezza nel rapporto contributivo, che ha ripercussioni sul bilancio dell’istituto ed anche sulle posizioni previdenziali dei singoli lavoratori.

12. Tale orientamento si è oramai affermato e poggia su considerazioni di carattere sistematico che resistono alle critiche formulate dai ricorrenti che risultano, invece, improntate, per un verso, a considerazioni di carattere generale quali quelle che evidenziano la conoscenza degli eventi relativi al rapporto di lavoro solo in capo al datore di lavoro e non da parte degli Enti, ovvero alla mera considerazione dei diversi obblighi di comunicazione imposti dalle norme citate, diverse da quella relativa alla decorrenza dei nuovi inquadramenti. Si tratta di osservazioni che non incidono sulla ratio della scelta legislativa sottesa alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8, ed alla specificità del bilanciamento operato dalla stessa disposizione tra interesse pubblico alla retrodatazione degli effetti del nuovo inquadramento ed interesse dell’impresa a non essere soggetta ad obbligazioni per periodi ormai trascorsi.

13. Neppure assume rilievo il tema sollevato dal primo motivo dell’Inail in ordine al contenuto dell’art. 16 del D.M. Tariffe 12 dicembre 2000 che, ad avviso dell’Istituto, imporrebbe la lettura propugnata da entrambi i ricorrenti della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8, in quanto esplicita i casi in cui la decorrenza della nuova classificazione decorre dalla data in cui la stessa avrebbe dovuto essere applicata, includendo l’ipotesi di erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio inferiore a quello dovuto.

14. Come riconosce lo stesso Istituto, infatti, si tratta di disposizioni che attengono ad ambiti diversi (inquadramento da parte dell’INPS del datore di lavoro ai sensi della L. n. 88 del 1989, art. 48 e classificazione delle attività ai fini del calcolo del premio Inail di cui al D.M. 12 dicembre 2000) per cui è da escludere che la disposizione tariffaria possa essere chiamata ad integrare la disposizione relativa all’inquadramento affidata all’INPS.

Dunque, non si ritiene esistente un contrasto attuale che imponga di rimettere la questione alle Sezioni Unite di questa Corte, come richiesto dalle parti ricorrenti.

15. Anche i due ulteriori motivi del ricorso dell’Inail che, in quanto connessi vanno trattati congiuntamente, sono infondati.

Giova premettere che, a differenza dell’INPS che si era limitato a resistere alla domanda di accertamento negativo proposta dalle società odierne controricorrenti, l’Inail per un verso aveva rivendicato il potere di procedere autonomamente alla nuova classificazione in applicazione degli artt. 1, 4 e 7 del D.M., di modalità di applicazione della tariffa (M.A.T.), con conseguente necessità di procedere alla corretta applicazione delle tariffe a prescindere dalla variazione dell’inquadramento del datore di lavoro, ed inoltre aveva proposto domanda riconvenzionale, subordinata all’accoglimento della domanda principale, con la quale ha chiesto la condanna della s.n.c. al pagamento delle differenze sui premi da corrispondere quanto alla voce 0550 riferita ad impresa artigiana e relativa all’attività di allestimento di stand e di scenografie per interni (per fiere, mostre, teatri etc..), allestimento di vetrine (compresi lavori di officina).

16. Le censure, per quanto correttamente indichino il percorso logico che il giudice è chiamato ad osservare laddove debba essere accertata la corretta classificazione delle attività assicurate all’INAIL, non possono condurre all’accoglimento dei motivi in ragione del fatto che la sentenza impugnata è pervenuta alla conclusione della infondatezza dell’appello dell’Istituto basandosi, innanzi tutto, sull’accertamento in fatto dell’attività svolta dalle società non censurabile in questa sede di legittimità se non nei ristretti limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, che, per quanto si dirà non ricorrono nel caso di specie.

17. In particolare, la sentenza ha ritenuto che l’istruttoria espletata aveva dimostrato la sporadicità dell’attività di allestimento delle cabine di traduzione, ritenuta invece decisiva per giustificare la classificazione nella voce 0550, ed era comunque emerso dallo stesso verbale di accertamento del 12 settembre 2013 che la società aveva svolto attività di fornitura ed installazione di impianti audiovisivi per convegni e conferenze.

Da tale considerazione la sentenza ha tratto la conclusione che l’attività di installazione di impianti audiovisivi non sia riconducibile a quella di allestimento di stands e scenografie, ritenuta centrale dall’Inail per la classificazione alla voce 0550, ma vada sussunta comunque nella voce di tariffa 6563 già applicata, che non è limitata all’attività cessata di riparazione di apparecchiature elettroniche, ma include anche la nuova attività relativa ai materiali oggetto dell’attività di noleggio svolta dalla società, ossia “Apparati trasmittenti e riceventi via cavo e via etere…apparecchi di registrazione e riproduzione. Apparecchiature elettroniche in genere. Componentistica elettronica e circuiti elettronici (compresa la fabbricazione dei circuiti stampati, anche se svolta a sè stante).

18. I motivi non si rapportano ai contenuti della motivazione appena riportati ed invocano, quanto all’affermata violazione delle norme in tema di classificazione dell’attività, principi elaborati da questa Corte di legittimità in ipotesi di accertato esercizio di plurime attività, ove si rendeva necessario distinguere tra attività principali, sussidiarie e complementari.

19. Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale, per quanto attiene alla questione dell’accertamento degli effettivi contenuti dell’attività svolta da ultimo dalle due società controricorrenti, ha confermato che il punto restava assorbito dal riconoscimento dell’infondatezza della pretesa degli Enti ad ottenere la retrodatazione del nuovo inquadramento e, quindi, della pretesa contributiva a questo correlata. Ai diversi fini della verifica della classificazione dell’attività all’interno del regime delle tariffe Inail, la Corte ha accertato in concreto quale fosse l’attività espletata nei termini sopra ricordati. Pertanto, essendo di fatto mancato l’accertamento in concreto dell’effettivo espletamento di una attività inscrivibile all’interno del settore terziario, la sentenza impugnata non è di certo incorsa nel vizio di motivazione denunciato dall’Inail che, come ricorda la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 27415 del 2018, SS.UU. n. 8053 del 2014) come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

20, Nel caso di specie il ricorrente lamenta in modo inammissibile l’omessa valutazione dell’intero materiale probatorio offerto dall’Inail (oltre trecento documenti come si afferma alla pagina 20 del ricorso) al fine di provare che l’attività sia in effetti mutata nel senso della sua trasformazione in attività terziaria con consequenziale inapplicabilità della tariffa in uso, mentre la sentenza impugnata ha effettuato il proprio accertamento valorizzando alcune delle risultanze documentali acquisite agli atti.

21. In definitiva, entrambi i ricorsi vanno rigettati. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo con distrazione in favore dell’avvocato Siro Centofanti che ha reso la prescritta dichiarazione.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi. Condanna l’INPS al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella misura di Euro 3.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per rimborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge in favore di ciascuna controricorrente; condanna, altresì, l’INAIL al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella misura di Euro 4.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per rimborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge in favore di ciascuna controricorrente, con distrazione, in entrambi i casi, in favore dell’avvocato Siro Centofanti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per ciascun ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2021

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