Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5529 del 01/03/2021

Cassazione civile sez. I, 01/03/2021, (ud. 27/10/2020, dep. 01/03/2021), n.5529

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15084/2019 proposto da:

B.S., domiciliato in Roma, Viale Manzoni, 81, presso lo

studio dell’Avvocato Federico Lera, che lo rappresenta e difende per

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,

rappresentato per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12 domicilia;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Milano, Sezione specializzata in

materia di immigrazione, protezione internazionale e libera

circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, n. 652 del 2019,

depositato il giorno 08/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/10/2020 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.S., cittadino del (OMISSIS), di etnia bengalese e di religione musulmana, ricorre con due motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ne ha rigettato l’impugnazione avverso la decisione della competente Commissione territoriale che aveva negato la protezione internazionale, nelle forme del rifugio e della protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto a quella umanitaria.

2. Resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, in rito, il ricorrente chiede di essere rimesso in termini ex art. 153 c.p.c., comma 2, non potendo a lui imputarsi le negligenze del difensore nel giudizio di merito e le “conseguenze derivanti dalla incapacità culturale di comprendere i termini di difesa”.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Il Tribunale aveva ritenuto l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria per difetto di una situazione di vulnerabilità correlata alla violazione di diritti umani con un ragionamento illogico, a fronte di un ricorso introduttivo in cui la parte aveva dedotto la propria condizione di ragazzo senza una solida famiglia alle spalle, orfano di padre e “attivista politicamente esposto” e che, nei Paesi di transito, Grecia, Turchia ed Ungheria, come indicato nel verbale di audizione, aveva vissuto maltrattamenti e violenze, evidenze che avrebbero dovuto essere valutate dal Tribunale D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3.

3. Il ricorso è inammissibile.

Lo è per i contenuti generici e perplessi del primo motivo sulla rimessione in termini, in cui il ricorrente nel corpo del motivo fa valere “la mancanza di imputabilità per colpa del ritardo nell’impugnazione” precisando, nella “sintesi dei motivi”, che tanto è dedotto “qualora la parte sia incorsa in decadenza per fatto ad essa non imputabile”.

Manca infatti in ricorso non solo la deduzione delle ragioni di giustificazione della decadenza, non potendo peraltro valere in tal senso valere la richiamata colpa del difensore nel grado di merito e la “incapacità culturale del ricorrente di comprendere i termini a difesa”, ma peraltro finanche, nella indicata esposizione, il presupposto per far luogo all’invocato rimedio e cioè che una decadenza sia maturata ai danni del ricorrente.

2. Ferma la genericità della deduzione, il ricorso come si apprende agli atti (per relazione allegata al ricorso di notifica a mezzo PEC ed indicazione contenuta nell’epigrafe del controricorso), è stato notificato all’Avvocatura Generale dello Stato il 1 maggio 2019 e quindi ben oltre il termine di 30 gg. previsto D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, comma 13 e decorrente dalla comunicazione del decreto a cura della cancelleria intervenuta, per pubblicazione in via telematica, il giorno 8 gennaio 2019, come indicato nella stessa epigrafe del ricorso.

3. Il ricorso è quindi nel suo complesso inammissibile per tardiva proposizione ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente secondo soccombenza come in dispositivo indicato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero dell’interno liquidate in Euro 2.100,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2021

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