Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5526 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. I, 08/03/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 08/03/2010), n.5526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23722-2008 proposto da:

B.S. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministre pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

18/02/2008; n. 1981/07 R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E MOTIVI

Ritenuto che la Corte di appello di Napoli, con decreto del 18 febbraio 2008, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere a B.S. un indennizzo di Euro 2243, 00, oltre agli interessi legali per l’irragionevole durata di un procedimento in materia di lavoro pubblico iniziato davanti al TAR Campania con ricorso dell’11 settembre 2000 e non ancora definito, osservando: a) che il giudizio non avrebbe dovuto durare più di tre anni; b) che la sua durata aveva quindi ecceduto di oltre 3 anni quella ritenuta congrua dalla CEDU; per cui doveva essere liquidato il danno non patrimoniale in misura equitativa corrispondente ad Euro 2243 oltre interessi.

Che il B. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso affidato a 6 motivi, con i quali, deducendo violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e degli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU, degli artt. 1223 e 1226 cod. civ. nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ha censurato la decisione: sia nel calcolo della durata ragionevole del processo, che nella omessa liquidazione del bonus, sia infine in ordine alla liquidazione delle processuali, e che il Ministero ha resistito con controricorso, osserva: A) Il collegio ritiene, anzitutto di dichiarare inammissibile il primo motivo di ricorso perchè si risolve nella trascrizione di parte del contenuto di alcune decisioni della CEDU, ed in particolar modo della sentenza 29 marzo 2006 della Grande Chambre della Corte in causa Scordino c/Italia, nonchè in un generico addebito alla sentenza impugnata di non averne applicato i principi; B) Che è infondata la censura relativa alla durata del processo, secondo i ricorrenti pari alla intera durata del giudizio, avendo questa Corte ripetutamente tratto dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 la regola che nel giudizio di equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, rileva solamente il periodo eccedente il suddetto termine, essendo sul punto vincolante il criterio chiaramente stabilito dall’art. 2, comma 3 di detta legge; e che questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata “ordinario” e “ragionevole”, valorizzato invece dalla Corte di Strasburgo, al principio enunciato dall’art. 111 Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza, non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97 (Cass. 3716/2008; 8603/2005; 8568/2005).

C) Infondata è anche la censura che verte sul punto del mancato riconoscimento del cd. bonus, in quanto nella determinazione del risarcimento dovuto, mentre la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e riparare un pregiudizio non patrimoniale tendenzialmente sempre presente ed eguale, l’attribuzione di una somma ulteriore postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore. Sicchè, quando il giudice non attribuisce il cd. bonus e perciò nega che quello specifico pregiudizio ulteriore sia stato sopportato, la critica del punto della decisione non può essere affidata alla sola contraria postulazione che il bonus spetta ratione materiae, era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere specifico riguardo alle concrete allegazioni e se del caso alle prove delle allegazioni addotte nel giudizio di merito.

D) Inammissibile sono i motivi con cui il ricorrente si duole della compensazione delle spese processuali (5 e 6 motivo): in tema di regolamento di dette spese, costituisce principio giurisprudenziale del tutto pacifico, che la relativa statuizione è sindacabile in sede di legittimità, nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell’ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall’art. 91 cod. proc. civ., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa;per cui esula, da tale sindacato e rientra, invece, nel potere discrezionale del giudice del merito, ex art. 92 cod. proc. civ., la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite: nel caso peraltro motivata per la sproporzione esistente tra l’indennizzo richiesto con il ricorso e l’importo assai più modesto attribuitogli dal decreto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze in complessivi Euro 700,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

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