Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5519 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. II, 28/02/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29510/2015 proposto da:

A.F., rappresentato e difeso dall’Avvocato DAVIDE V.

BONIFACIO ed elettivamente domiciliato, presso la Sig.ra Antonia De

Angelis, in ROMA, VIA PORTUENSE 104;

– ricorrente –

contro

P.B., rappresentata e difesa dall’Avvocato SILVIA MARCHESE

ed elettivamente domiciliata, presso lo suo studio dell’Avv. Chiara

Srubek Tomassy, in ROMA, VIA CAIO MARIO 27;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

nonchè

V. RACING s.r.l., in persona del legale rappresentante

V.V., rappresentata e difesa dagli Avvocati ALESSANDRO GRAZIANI e

LUIGI SECCHI, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 614/2014 della CORTE d’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 3/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/10/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione, notificato in data 7.5.2004, A.F., in qualità di legale rappresentante della DITTA OFF ROAD TOUR AND SCHOOL e acquirente del quadriciclo (quoad) marca Suzuki LTZ 400 (telaio (OMISSIS)), conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Cagliari la venditrice P.B., titolare della DITTA IL DISCOUNT DEL FUORISTRADA, chiedendo l’accertamento e la dichiarazione della risoluzione del contratto di vendita del 17.6.2003; la condanna della convenuta alla restituzione del prezzo del bene compravenduto, oltre interessi, nonchè la condanna della stessa al risarcimento dei danni, con vittoria di spese del giudizio. Esponeva l’attore che, nonostante il mezzo fosse stato commercializzato come utilizzabile a due posti, gli era stato consegnato con una omologazione che ne consentiva il solo utilizzo senza passeggero; a seguito delle rimostranze dell’acquirente, la Ditta convenuta si era impegnata a provvedere, entro breve tempo, alla consegna della corretta omologazione a due posti del quadriciciclo; che solo nel mese di ottobre 2003 la venditrice aveva richiesto la restituzione del certificato di omologazione, originariamente rilasciato, per provvedere al rilascio della corretta carta di circolazione; che A.F. aveva diffidato la convenuta alla consegna della documentazione; che dal mese di ottobre 2003 l’acquirente non aveva più avuto la possibilità di utilizzare il mezzo per mancanza dei documenti di circolazione; che in data 16.12.2003 l’acquirente aveva risolto il contratto di compravendita.

Si costituiva la convenuta, eccependo che l’acquirente aveva chiesto lo specifico modello di quadriciclo venduto, senza nulla specificare in merito all’omologazione per due posti, come si ricavava dalla fattura emessa, che specificava il modello indicandolo come quadriciclo leggero che consente il trasporto del solo conducente (a differenza del quadriciclo pesante), per cui era evidente che A.F. fosse a conoscenza del fatto che il mezzo acquistato fosse idoneo al trasporto del solo conducente; che l’attore era stato informato che presso la Motorizzazione di Milano era in corso il processo di omologazione per due persone per quel tipo di veicolo per il mese di ottobre 2003, per cui chiedeva alla venditrice l’omologazione per due persone; che, nel gennaio 2004, dopo tre mesi, il mezzo era stato omologato per due persone. Chiedeva, in via preliminare, che l’attore fosse dichiarato decaduto dalla garanzia dei vizi lamentati e nel merito di rigettare la domanda; chiedeva di chiamare in causa V. RACING s.r.l. al fine di essere manlevata da ogni eventuale conseguenza pregiudizievole nell’ipotesi di accoglimento della domanda principale.

Il giudizio di primo grado si svolgeva in contumacia del terzo chiamato in causa ed era istruito tramite interrogatorio formale dell’attore e della convenuta, che però si rendeva assente ingiustificata all’udienza del 24.1.2008.

Con sentenza n. 2773/2010, il Tribunale di Cagliari, ritenuto che si fossero verificati i due inadempimenti lamentati dall’attore (aver fornito un veicolo omologato per una sola persona e non per due come convenuto tra le parti e non aver fornito tempestivamente la documentazione relativa alla reimmatricolazione del mezzo), dichiarava risolto il contratto condannando la venditrice alla restituzione del prezzo di acquisto; rigettava tutte le altre domande proposte dalle parti; condannava la convenuta al pagamento delle spese di lite.

Avverso detta sentenza proponeva appello la P. chiedendo la riforma della sentenza di primo grado. Si costituiva A.F., che chiedeva il rigetto dell’appello e il terzo chiamato in causa, che concludeva per il rigetto della domanda di manleva.

La Corte respingeva, perchè ininfluente, l’istanza di querela di falso presentata dall’appellante, quanto al riempimento del documento posto a base della sentenza appellata.

Con sentenza n. 614/2014, depositata in data 10.11.2014, la Corte d’Appello di Cagliari – accertato che l’omologazione a un posto del mezzo provenisse dal Ministero dei Trasporti, che il veicolo era inidoneo al trasporto di due persone e che l’inadempimento era di scarsa importanza – accoglieva l’appello, rigettando la domanda dell’attore-appellato, condannandolo alle spese dei due gradi in favore dell’appellante e alle spese del grado di appello in favore della chiamata in causa.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione A.F. sulla base di un motivo, illustrato da memoria; resiste P.B. con controricorso e ricorso incidentale condizionato su due motivi e memoria, nonchè la V. Racing s.r.l. anch’essa con controricorso e ricorso incidentale condizionato su un motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,1367,1453,1455,1477,1490,1497 c.c.; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti”, in quanto il Giudice d’appello partendo da due presupposti, pacifici tra le parti (ovvero che era stato consegnato un documento di circolazione emesso dal Ministero dei Trasporti e che il mezzo, come consegnato alla vendita, poteva trasportare una sola persona), aveva omesso di valutare gli obblighi scaturiti per le parti a seguito degli accordi di vendita, con particolare riferimento alla circostanza che il mezzo avrebbe dovuto essere idoneo al trasporto di due persone, secondo quanto convenuto tra le parti medesime. Tale accertamento riguardava un fatto decisivo, poichè incidente sull’individuazione delle qualità promesse del bene compravenduto e quindi sull’inadempimento (con riguardo a ciò il ricorrente richiama la ricevuta rilasciata dalla P., con la quale la medesima aveva dichiarato “di provvedere alla corretta omologazione a due posti del suddetto mezzo, così come venduto in data 17 giugno 2003”; nonchè la mancata risposta della medesima all’interrogatorio formale deferitole). Laddove, poi, la Corte distrettuale aveva omesso di valutare quali fossero le qualità promesse del mezzo e quindi le obbligazioni derivanti dal contratto di compravendita; e quanto alla gravità dell’inadempimento, aveva erroneamente giustificato il ritardo con il quale la venditrice forniva la nuova omologazione, in quanto un ritardo di appena tre mesi nella consegna non costituiva grave inadempimento.

1.1. – Il motivo non può trovare accoglimento per diverse ragioni.

1.2. – In primo luogo, va rilevato che, in materia di ricorso per cassazione, l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. n. 26790 del 2018).

Pertanto, nella formulazione del motivo di ricorso per cassazione, è inammissible la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei ed incompatibili, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita (come invece avvenuto nella specie) la prospettazione e la analisi di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto (che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma) e quello del vizio di motivazione (che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione) (cfr. anche Cass. n. 26874 del 2018; conf. Cass. n. 19443 del 2011).

1.3. – Orbene, anche a voler ritenere ammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, allorchè esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (cfr. Cass. sez. un. 9100 del 2015; Cass. n. 8915 del 2018), la ragione di inammissibilità, nella specie, va ravvisata nella mancata specificità del profilo riguardante l’asserito vizio di violazione e falsa applicazione di legge, riferito congiuntamente a plurime disposizioni del codice civile.

Se è vero che l’indicazione dei motivi non necessita dell’impiego di formule particolari, essa tuttavia deve essere proposta in modo specifico, vista la sua funzione di determinare e limitare l’oggetto del giudizio della Corte (Cass. n. 10914 del 2015; Cass. n. 3887 del 2014).

Ciò richiede che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbano avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa (Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 22607 del 2014). E comporta, tra l’altro, l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle singole dedotte violazioni di norme o principi di diritto (Cass. n. 23804 del 2016; Cass. n. 22254 del 2015). Così, dunque, i motivi di impugnazione che (come nella specie) prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono altrettanto inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass. n. 18021 del 2016).

2. – Ciò premesso, va altresì rilevato che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa.

Viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (peraltro, entro i limiti del paradigma previsto dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis alla fattispecie).

Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 24054 del 2017; Cass. n. 24155 del 2017; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015).

Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di errori di diritto individuati (come nella specie) per mezzo della sola preliminare indicazione della norma pretesamente violata, ma non dimostrati per mezzo di una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 11501 del 2006; Cass. n. 828 del 2007; Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 10295 del 2007; Cass. 2831 del 2009; Cass. n. 24298 del 2016). Ciò in quanto, il controllo affidato alla Corte non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia alla opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità (Cass. n. 20012 del 2014; richiamata anche dal Cass. n. 25332 del 2014).

2.1. – Nella specie, nei termini in cui sono stati prospettati (peraltro in via cumulativa), i vizi di cui al primo profilo formulato nel motivo di ricorso si connotano per una pluralità di questioni rispetto alle quali si appalesa, viceversa, l’avvenuto specifico esame da parte del Collegio di merito, con valutazione di fatto adeguata e coerente, e come tale non soggetta al controllo di legittimità.

In particolare, la Corte di merito – consapevolmente andando di diverso avviso rispetto al giudice di primo grado – ha ritenuto, che “il mezzo era stato, a suo tempo, omologato correttamente, almeno per l’uso cui era destinato, cioè il trasporto di una sola persona, e, come sostenuto dalla parte appellante, in ciò non smentita, certamente anche usato dal sig. A.F., che soltanto tre mesi dopo l’acquisto si era privato del certificato di circolazione ai fini di ottenere la nuova immatricolazione”; osservando che “la corretta omologazione indicata nel citato documento non poteva che essere riferita alla immatricolazione per il trasporto di due persone, come richiesto dalla parte appellata, la quale, in ragione del tempo trascorso, non poteva ignorare che il mezzo, al momento dell’acquisto, fosse omologato per il trasporto di una sola persona”; ed a ciò soggiungendo la inappropriatezza dell’espressione “ricevo (…) il tagliando di omologazione provvisoria”, tenuto conto che il mezzo era stato regolarmente omologato.

Inoltre, la Corte di merito, quanto alla gravità dell’inadempimento, ha ritenuto che – “tenuto conto che gli adempimenti burocratici (erano) stati eseguiti a Milano; che si (era) trattato di richiedere una nuova verifica delle caratteristiche tecniche del mezzo al fine di omologarlo per il trasporto di due persone; che in tale operazione (erano) certamente intervenute diverse autorità, anche governative (…)” – si potesse affermare che il trascorrere di tre mesi integrasse il concetto di scarsa importanza dell’inadempimento di cui all’art. 1455 c.c., con la conseguenza che il contratto de quo non potesse essere dichiarato risolto (sentenza impugnata, pagine 11 e 12).

2.2. – Orbene, vale il consolidato principio secondo cui l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, Cass. n. 9275 del 2018; Cass. n. 5939 del 2018; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. n. 15927 del 2016). Sono infatti riservate al Giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, (Cass. n. 1359 del 2014; Cass. n. 16716 del 2013).

Viceversa, così come articolate, le censure portate dal motivo si risolvono sostanzialmente nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso del procedimento e come argomentate dalla parte, così mostrando il ricorrente di anelare ad una impropria trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dalla Corte di merito non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata; quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora porsi dinanzi al giudice di legittimità (Cass. n. 5939 del 2018).

Ma compito della Cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dal giudice del merito (cfr. Cass. n. 3267 del 2008), dovendo invece il giudice di legittimità limitarsi a controllare se costui abbia dato conto delle ragioni della sua decisione e se il ragionamento probatorio, da esso reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che nel caso di specie è dato riscontrare (cfr. Cass. n. 9275 del 2018).

3. – Relativamente poi all’ulteriore profilo, emergente dal motivo di ricorso, va innanzitutto ribadito che la allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna al paradigma dell’esatta interpretazione della norma di legge; essa infatti inerisce alla tipica valutazione spettante al giudice di merito, la cui censura (come detto) è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, entro peraltro i limiti del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Tale norma (nell’ambito dispositivo adottato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 3 novembre 2014) consente (Cass. n. 8053 e n. 8054 del 2014) di denunciare in cassazione oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioè, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).

Nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente avrebbe, dunque, dovuto specificamente e contestualmente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).

3.1. – Viceversa, della enucleazione e della configurazione di siffatti presupposti (sostanziali e non meramente formali), onde poter accedere all’esame del parametro di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non v’è idonea e specifica indicazione.

Sicchè, le censure mosse in riferimento a detto parametro si risolvono, anch’esse, nella sostanziale richiesta (generale e generica) del ricorrente al giudice di legittimità di una (ri)valutazione alternativa delle ragioni poste a fondamento in parte qua della sentenza impugnata (Cass. n. 1885 del 2018), come detto inammissibile, seppure effettuata con asserito riferimento alla congruenza sul piano logico e giuridico del procedimento seguito per giungere alla soluzione adottata dalla Corte distrettuale e contestata dal ricorrente.

4. – I due motivi del ricorso incidentale proposto dalla P.B., che lamenta: a) “Error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c. – nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – con riferimento all’omessa pronuncia sul primo motivo di appello” (con cui l’appellante censurava i capi 1 e 2 della sentenza impugnata con i quali si accoglievano le domande dell’attore di risoluzione del contratto di compravendita e di condanna della convenuta alla restituzione del prezzo); b) “Error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione – nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – con riferimento alla pronuncia nel merito sulla domanda di manieva della V. Racing s.r.l.”, in quanto specificamente condizionati alla ipotesi di rigetto della domanda principale, sono assorbiti in ragione del rigetto medesimo (Cass. n. 3223 del 2017).

5. – Il ricorso va rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato di parte controricorrente. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa la dichiarazione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, ricorrente incidentale condizionata, Bernardette P., nonchè della controricorrente V. Racing s.r.l., delle spese del presente grado di giudizio, che liquida, per ciascuna, in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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