Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5519 del 10/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5519 Anno 2014
Presidente: BERNABAI RENATO
Relatore: CRISTIANO MAGDA

ORDINANZA
sul ricorso 26002-2012 proposto da:
CITY FASHION SRL IN LIQUIDAZIONE 00843030941, in persona del liquidatore legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MASSIMI 8, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO D’ANTINO, rappresentata e difesa dall’avvocato BALDUCCI
OTTAVIO giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
FALLIMENTO CITY FASHION SRL IN LIQUIDAZIONE, AMOS SRL;
– intimati avverso la sentenza n. 247/2012 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO dell’11/09/2012,
depositata il 25/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/01/2014 dal Consigliere Relatore
Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito l’Avvocato Balducci Ottavio difensore della ricorrente che si riporta alla memoria e chiede
raccoglimento del ricorso.

Data pubblicazione: 10/03/2014

E’ stata depositata la seguente relazione:
La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza del 25.9.012, ha respinto il
reclamo proposto da City Fashion s.r.l. in liquidazione contro la sentenza del
Tribunale di Isernia dichiarativa del suo fallimento.
La corte territoriale ha escluso che gli elementi attivi del patrimonio della reclamante
fossero sufficienti a consentire l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori
sociali, rilevando a sostegno di tale affermazione: che il bilancio dell’esercizio 2010
della City Fashion presentava un passivo di oltre 6 milioni di euro, a fronte di un
attivo che superava di poco i 2 milioni di euro; che, in particolare, contrariamente a
quanto sostenuto dalla reclamante, non poteva tenersi conto del credito di €
1.108.700 da questa vantato nei confronti della partecipata Clementina s.r.I., che era
stata dichiarata fallita dal tribunale di Pescara; che le immobilizzazioni materiali,
costituite da arredamenti per negozi, ben difficilmente avrebbero potuto essere
vendute al prezzo di € 303.775 (valore per il quale risultavano appostate a bilancio),
attesa la loro rapida obsolescenza e la difficoltà di adattarle a locarli diversi da quelli
in cui erano state sino ad allora utilizzate; che neppure poteva tenersi conto del
valore stimato in bilancio delle partecipazioni in IT Holding, società che era stata
posta in amministrazione straordinaria; che doveva dubitarsi della natura
prededucibile e della stessa sussistenza dei crediti insinuati da City Fashion allo
stato passivo di tale società; che non v’era alcuna prova che dalla vendita del
marchio registrato City Fashion si sarebbero potute ricavare liquidità sufficienti a
soddisfare i creditori; che, infine, la delibazione sommaria e incidentale già compiuta
in ordine all’esistenza dei debiti, appostati in bilancio, verso il gruppo IT Holding,
azionati dalla creditrici in via monitoria ed oggetto di contestazione giudiziale, non
poteva trasformarsi in un vero e proprio giudizio di cognizione, incompatibile con le
modalità ed i tempi del procedimento di accertamento dello stato di insolvenza.
La sentenza è stata impugnata da City Fashion s.r.l. in liquidazione con ricorso per
cassazione sorretto da un unico motivo, con il quale la ricorrente lamenta che la
corte territoriale: 1) abbia ritenuto superflua l’ ammissione di una ctu volta ad
accertare l’effettivo ammontare dell’attivo, 2) abbia tenuto conto dei dati del bilancio
dell’esercizio 2010, redatto anteriormente alla messa in liquidazione (deliberata il
13.7.011) e nella prospettiva della continuazione dell’attività sociale, anziché dei dati
contabili di un bilancio redatto in funzione liquidatoria, owero con riferimento alle
prospettive di realizzo dell’attivo patrimoniale; 3) non abbia valutato, seppure in via
incidentale, la fondatezza delle opposizioni da essa proposte contro i decreti
ingiuntivi notificatile ad istanza delle società del gruppo IT Holding.
Il ricorso appare inammissibile.
La ricorrente, infatti, non solo non deduce di aver prodotto agli atti un bilancio iniziale
di liquidazione dal quale la corte territoriale avrebbe dovuto desumere l’effettiva
consistenza delle attività e delle passività, ma neppure contesta gli accertamenti
compiuti dalla corte territoriale — proprio nella prospettiva delle possibilità di concreto
realizzo dei beni materiali ed immateriali appostati all’attivo- in ordine alla necessità
di sostanziale azzeramento del valore delle partecipazioni in IT Holding e del credito
vantato verso la partecipata dichiarata fallita, alla sopravvalutazione degli arredi ed
alla mancanza di ogni prova della possibilità di ricavare dalla vendita del marchio
registrato liquidità sufficienti a soddisfare i debitori. Del tutto generiche appaiono poi
le doglianze concernenti la mancata delibazione incidentale, da parte del giudice del
merito, dell’insussistenza delle ragioni creditorie delle società del gruppo IT Holding
e della sussistenza, per contro, di ingenti crediti della City Fashion nei confronti delle
medesime società: al di là dell’omessa indicazione dei documenti e degli atti
processuali che la corte territoriale avrebbe dovuto valutare al fine di compiere tale
delibazione e del difetto di allegazione delle reali possibilità di riscossione delle
somme pretese verso un gruppo dichiarato insolvente, va rilevato che le questioni
delle quali si controverte nei giudizi (cui la ricorrente ha fatto cenno solo nelle
premesse del ricorso) sono estremamente complesse, necessitano di approfondita

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istruttoria e non sono quindi fondate su ragioni liquide, tali da consentire l’immediato
apprezzamento della loro fondatezza o infondatezza.
Non risultano, in definitiva, in alcun modo, individuati gli elementi di fatto sottoposti
all’esame del giudice del merito che, ove meglio considerati, avrebbero dovuto
indurlo a disporre la richiesta ctu: anche sotto tale profilo la censura, che appare
volta a contestare la mancata ammissione di un’indagine di natura meramente
esplorativa, si rivela priva del requisito richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art.
366 I comma n. 4 c.p.c.

Il collegio ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni,che non risultano
utilmente contraddette dalla ricorrente nella memoria depositata.
In tale memoria, infatti, City Fashion ribadisce considerazioni generali in ordine
all’utilità della richiesta ctu, ma non chiarisce quali sarebbero gli errori compiuti dal
giudice del merito nel valutare le poste del bilancio né richiama elementi istruttori atti
a corroborare l’assunto di un valore effettivo del marchio di gran lunga superiore a
quello contabile.
Va aggiunto che nella presente sede non si può tener conto dei documenti nuovi
allegati dalla ricorrente alla memoria, in violazione dell’art. 372 c.p.c. e che, ad ogni
buon conto, lo stato di insolvenza non può essere escluso in ragione della mancata
ammissione allo stato passivo di crediti in contestazione, di cui va ancora accertata
l’effettiva insussistenza.
Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile.
Non v’è luogo alla liquidazione delle spese in favore delle parti intimate, che non
hanno svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Roma, 28 gennaio 2014.
Il Presidente

La ricorrente ha depositato memoria.

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