Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5517 del 10/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5517 Anno 2014
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: MACIOCE LUIGI

Rep

ORDINANZA

sul ricorso

iscritto al n. 9115 del R.G. anno 2013

Cdc 14.01.2014

proposto da:
Comune di Matino-Lecce in persona del Sindaco p.t., domiciliato in
ROMA,

L.go della Torre Argentina 11 presso

Lazzaretti con l’avv.

Lucio Caprioli del Foro di

rappresenta e difende per procura a margine

l’avv.

Andrea

Lecce che lo
ricorrente

contro
Dimo Giuseppe — Sarcinella Maria, dom.ti in Roma via Vallebona 59
presso ,l’avv. Maria Stella Cutrufo con l’avv. Guido Pisanello del Foro di
Lecce che li rappresenta e difende per procura notarile 9.1.2014
Resistenti Dimo Valeria

intimata-

Avverso:
la sentenza 864 in data 12-12-2012 , la sentenza n.d. 258 in data
3.05.2010, la sentenza n.d. 8 in data 10.01.2005 tutte della Corte di
Appello di Lecce; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del
14.01.2014 dal Cons. Luigi MACIOCE; uditi gli avv.ti V.Caprioli (per
delega) e G.Pisanello.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.

.

Data pubblicazione: 10/03/2014

Dimo Alfredo convenne il Comune di Matino innanzi al Tribunale di Lecce
per conseguire il conguaglio del prezzo di una cessione bonaria di un
fondo sito nel Comune stesso. Il Tribunale liquidò la somma di lire
506.032.896. La Corte di Lecce, con sentenza non definitiva 22.10.2005
pronunziata nei confronti degli eredi del Dimo, ebbe a dichiarare la nullità della sentenza impugnata e provvide a rigettare le eccezioni di improcedibilità, affermando la propria competenza a decidere in unico grado
della domanda di conguaglio e disponendo nuova CTU.

Corte emise sentenza non definitiva 3.5.2010 estromettendo parti non
legittimate e dichiarando la natura edificatoria del fondo. Disposta ed
eseguita nuova CTU, la Corte di Lecce ha emesso sentenza definitiva
12.12.2012 nella quale ha condannato il Comune a versare ai Dimo la
somma di € 211.639 oltre rivalutazione dal 1983 e con gli interessi. La
Corte ha affermato in motivazione: che era indiscussa dopo la sentenza
n.d. del 2010 la natura edificatoria dell’area,

che la stima data

dall’ultimo CTU (afferente lire 12.000 a mq nel 1982) era corretta, che
la sti-ma era fondata sui valori di mercato appurati con scrupolo e non
poteva condividersi la tesi sostenuta dagli espropriati della preferibilità
del metodo analitico esso avendo ruolo solo suppletivo in difetto di tertia
comparationis , che tampoco era invocabile la prima CTU, che le specifiche critiche mosse alla CTU erano state considerate ed era stata disposta
una fase di supplemento al cui esito il CTU aveva risposto analiticamente
alle osservazioni.
Il Comune di Matino ha proposto ricorso 18.3.2013 con quattro motivi,
attingenti sia la sentenza 12.12.2012 sia quelle 10.1.2005 e 3.5.2010,
ai quali nessuna difesa è stata opposta dall’intimata Dimo Valeria nel
mentre Dimo Giuseppe e Sarcinella Maria si sono verbalmente difesi con
procuratore nominato per la discussione.
Il relatore ha proposto l’accoglimento del terzo motivo del ricorso, respinti gli altri, ed il Comune ha depositato memoria critica.
OSSERVA
Ritiene il Collegio che le proposte rassegnate nella relazione ex art.
380 bis c.p.c. meritino piena condivisione, nulla la memoria critica del
Comune aggiungendo a quanto esposto e tampoco nulla -con riguardo
alla proposta di accoglimento in parte qua – essendo stato prospettato di
rilevante dalla difesa orale degli intimati
Il primo motivo, dopo la descrizione delle CTU disposte e dei rilievi
ad esse mosse, ricorda che l’ultimo CTU ing. Negro ebbe a fissare un valore di lire 12.000 a mq. nel 1982 cui la CTP comunale contrappose mi-

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La prima CTU venne depositata e vennero resi chiarimenti. Quindi la

nor valore. Lamenta vizio di motivazione non avendo la Corte risposto
alle osservazioni dell’arch. Romano, CTP del Comune.
Certamente siffatta censura non si può iscrivere nel contenuto precettivo
del nuovo testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c. introdotto dall’art. 54 c. 1 lett. B)
del DL 83/2012 convertito nella legge 134 del 2012 (entrata in vigore il
12.8.2012), disposto applicabile alla impugnazione per cassazione della
sentenza 12.12.2012 giusta la previsione del comma 3 dell’art. 54 citato. Nella evidente prospettiva della novella introdotta dal legislatore del

mira a ridurre drasticamente l’area del sindacato di legittimità attorno ai
“fatti”- l’omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione nel giudizio afferisce infatti a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti, ed
alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente il giudizio.
La reale novità della riforma su detto terreno è dunque rappresentata,
da un canto, dalla esclusione dall’area del sindacabile in sede di legittimità della correttezza logica della motivazione di ammissione o non
ammissione (o, quando ammessa, della motivazione di idoneità probatoria) e, dall’altro canto, dalla possibilità di denunziare che non vi sia stata alcuna valutazione del fatto rappresentato dal documento o
dall’istanza di prova orale sempre che tal fatto, discusso tra le parti nel
contraddittorio pieno, fosse da ritenersi decisivo.
La censura in disamina appare quindi generica, priva totalmente della
descrizione della critica peritale omessa, descrizione che, anche nel vigore del precedente art. 360 n. 5 c.p.c., avrebbe consentito un diverso
giudizio, e pertanto non si appunta sulla omessa valutazione di un fatto
“decisivo”.

Secondo motivo: esso contesta per violazione di legge la valutazione
operata dalla sentenza del 2010 di edificatorietà del suolo. Il breve motivo nulla riporta della sentenza attorno alle ragioni per la qualificazione
che si contesta e, men che meno, nulla dice in ordine alla retta qualificazione della natura del terreno. Il motivo è dunque inammissibile.

Terzo motivo: esso contesta la decisione di applicare la riv. ISTAT dal
1.1.1983 a credito di valuta quale è quello al conguaglio del prezzo di
cessione.
La censura è certamente fondata, avendo la Corte di Appello applicato a
credito di valuta (il conguaglio del prezzo di cessione) la rivalutazione
automatica dal dovuto (1983), ad esso credito mai applicabile (Cass.
15331/2010 – 719/2011- 3738/2012).

Ove richiesta, la Corte,

semmai, avrebbe potuto dar corso alla valutazione del “maggior danno”

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2012 – che si raccorda con le previsioni originarie del codice di rito e che

sulla base di dati allegati ed anche avvalendosi delle presunzioni indicate
da questa Corte (SU 19499/2008). Ma neanche tal richiesta ex art.
1224 c.c. risulta espressamente articolata e riportata nelle conclusioni
trascritte in sentenza. Tampoco sarebbe ipotizzabile un giudicato interno
sugli accessori formatosi sulla sentenza del Tribunale (che conteneva la
statuizione erronea) posto che quella sentenza venne rettamente dichiarata nulla

dalla statuizione, qui non impugnata e quindi irrevocabile,

della sentenza n.d. 10.1.2005 della Corte di Lecce. Pertanto, devesi e-

conseguentemente, correranno i soli interessi legali dalla domanda al
saldo.
Quarto motivo: lamenta la condanna alle spese. Esso rimane assorbito.
Si provvede a pronunzia ex art. 384 c.p.c. con esclusione della detta
rivalutazione automatica e si conferma la regolamentazione delle spese
per il grado di merito (stante la prevalente soccombenza del Comune)
nel mentre si compensano per 1/2 le spese di legittimità gravando i resistenti e l’ intimata di 1/2 di quelle sostenute dal Comune.
P.Q.M.
Rigetta primo e secondo motivo, accoglie il terzo ed assorbe il quarto
motivo del ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e decidendo ex art. 384 c.p.c. condanna il Comune di Matino a pagare a Dimo
Giuseppe, Dimo Valeria, Sarcinella Maria la somma di € 211.639,30 con
gli interessi al tasso legale su detta somma dal 20.4.1989 al
12.12.2012; condanna il Comune a pagare alla parte attrice in solido le
spese del giudizio di merito pari ad C 14.870 oltre IVA e CPA; compensa
per 1/2 le spese del giudizio di legittimità e condanna i due resistenti e
la intimata a pagare al Comune di Matino il residuo 1/2 liquidando dette
spese, per l’intero, nella somma di C 8.000 per compensi oltre ad €
1.068 per c.u. ed oltre ad IVA e CPA.
Così deciso nella c.d.c. della Sesta Sezione Civile il 14.01.2014.

scludere la debenza di alcuna rivalutazione ISTAT del credito, sul quale,

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