Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5517 del 01/03/2021

Cassazione civile sez. I, 01/03/2021, (ud. 15/07/2020, dep. 01/03/2021), n.5517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5978/2019 proposto da:

K.L., elettivamente domiciliato in Milano, alla via Lamarmora

n. 42, presso lo studio dell’avv. Stefania Santilli, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 09/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/07/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Milano, con decreto del 9.1.2019, ha respinto il ricorso proposto da K.L., cittadino della (OMISSIS) richiedente asilo, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, e di quella umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese perchè picchiato e minacciato di morte dai suoi fratellastri, invidiosi dei fatto che il pastore della chiesa del villaggio avesse predetto solo per lui un importante futuro.

Il tribunale, pur ritenendo le dichiarazioni attendibili, ha escluso che i fatti descritti, riconducibili ad una vicenda privata estrinsecatasi in un episodio isolato di litigio, integrassero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), tanto più che il richiedente non si era rivolto alla polizia per ottenere protezione, ha quindi negato la ricorrenza anche del presupposto di cui dell’art. 14 cit., lett. c), affermando, attraverso il richiamo a fonti di informazione internazionali, che la Costa d’Avorio non versa in una situazione di violenza armata generalizzata; ha infine rilevato che il ricorrente non aveva allegato profili di vulnerabilità tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

K.L. ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,5,7 e 8, lamentando che il tribunale, pur ritenendo il suo racconto credibile, abbia respinto le domande di riconoscimento dello status di rifugiato, o, quantomeno, della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), solo perchè i fatti esposti erano riconducibili ad una vicenda fra privati, in tal modo sottraendosi al proprio potere/dovere di acquisire d’ufficio le informazioni necessarie a conoscere l’ordinamento giuridico della Costa d’Avorio e la capacità delle sue forze dell’ordine di proteggere i cittadini da atti persecutori provenienti da soggetti non statuali.

Col secondo motivo si duole che il giudice abbia escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria di cui dell’art. 14 cit., lett. c), sulla scorta di informazioni in lingua inglese, anzichè italiana, senza fornire alcuna motivazione delle ragioni del proprio assunto.

Col terzo motivo denuncia nullità della sentenza, per motivazione apparente, in relazione al rigetto della domanda di protezione umanitaria.

Il primo motivo è parzialmente fondato, dovendosi escludere che i fatti narrati dal ricorrente configurino i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato.

La censura va invece accolta in relazione alla domanda di concessione della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), atteso che il tribunale ha ritenuto credibile la vicenda narrata dal K.L. – culminata in un unico grave episodio per il semplice fatto che il richiedente ha poi lasciato il proprio Paese – ed ha quindi accertato la sussistenza del rischio da questi dedotto, di persecuzione da parte di membri della sua stessa famiglia, mediante una vendetta privata. Come ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. nn. 28779/020, 23604/2017, 12333/2017) tale rischio (oltre, e ancor prima, che evidenziare una situazione di vulnerabilità del ricorrente) rendeva necessaria l’attivazione dei poteri officiosi del giudice, per verificare in concreto se in Costa d’Avorio sia assicurata da parte delle autorità statali (polizia, magistratura) adeguata protezione ai cittadini oggetto di atti persecutori provenienti da “agenti privati”, o se invece tali atti siano tollerati dalle autorità (in quanto l’esistenza di leggi che puniscono le vendette private, ovvero l’istituzione di organi giudiziari privati, non implicano, di per sè, che gli individui siano effettivamente ed adeguatamente protetti da tali rischi).

Resta assorbito il terzo motivo del ricorso.

Anche il secondo motivo deve essere accolto, atteso che il giudice del merito ha respinto la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria di cui dell’art. 14 cit., lett. c), limitandosi a riportare notizie in lingua inglese – tratte da fonti di informazione internazionali – niente affatto rassicuranti in ordine alla situazione generale in cui versa l’intero territorio della Costa d’Avorio, senza chiarire in alcun modo perchè da tali fonti debba trarsi il convincimento che, quantomeno la zona del Paese di provenienza del ricorrente, non è interessata da un conflitto armato generalizzato. All’accoglimento dei primi due motivi del ricorso conseguono la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, per un riesame nel merito – alla luce della accertata credibilità del ricorrente – delle domande di protezione sussidiaria e umanitaria da questi svolte, al Tribunale di Milano in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, nonchè il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo; cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte e rinvia

al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2021

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