Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5514 del 06/03/2017


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Cassazione civile, sez. I, 06/03/2017, (ud. 12/01/2017, dep.06/03/2017),  n. 5514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25026/2012 proposto da:

Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Piazza del Popolo n.18, presso l’avvocato

Clarich Marcello, rappresentato e difeso dagli avvocati Caineri

Giovanni Roberto, Squadroni Fulvia, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

M.L.L., + ALTRI OMESSI

– intimati –

e contro

B.D., + ALTRI OMESSI

M.L.L., in proprio e quale tutore di

B.A. e B.A.C., elettivamente domiciliate in Roma, Via

Euripide n.10, presso l’avvocato Avesani Alessandro, rappresentate e

difese dagli avvocati Clara Angela Rensi, Laura Branco, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

Comune di Verona;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1826/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 23/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2017 dal cons. TERRUSI FRANCESCO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato CARLI CHIARA, con delega avv.

Clarich, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale,

rigetto del ricorso incidentale;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato

SEGALA RENZO che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO

ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale,

rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.L. e gli altri soggetti in epigrafe indicati convennero il comune di Verona dinanzi al locale tribunale lamentando che un terreno di loro proprietà era stato occupato nell’anno 1988 al fine di realizzare i parcheggi in zona stadio e che il decreto di esproprio era intervenuto nell’anno 1996, oltre cioè il periodo di occupazione legittima. Essendo stata realizzata l’opera pubblica con irreversibile trasformazione dell’area, chiesero la condanna del comune al risarcimento dei danni da occupazione acquisitiva, in relazione al valore venale del bene alla scadenza del periodo di occupazione legittima.

Nella resistenza del comune, il tribunale accolse la domanda, assumendo a base le valutazioni compiute dal c.t.u., che aveva qualificato il bene come edificabile in base al principio della cd. edificabilità di fatto.

La sentenza venne gravata da appello principale del comune e da appello incidentale degli attori, e la corte d’appello di Venezia, con sentenza in data 23-8-2011, rigettava l’impugnazione principale e accoglieva l’incidentale, condannando il comune al risarcimento del danno parametrato al valore di mercato dell’area considerata come avente vocazione edificatoria. Osservava che si era trattato di area compresa in zona a destinazione “verde pubblico o sportivo futuro”, vale a dire a verde attrezzato per edificazione di strutture sportive. Maggiorava l’entità del risarcimento con la rivalutazione a far tempo dall’1-1-1985.

Avverso la sentenza il comune di Verona ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.

Gli intimati hanno replicato con controricorso e hanno proposto un motivo di ricorso incidentale in relazione al capo della sentenza che, a loro dire, aveva rigettato la domanda di determinazione del valore dei terreni rispetto ai criteri determinati dalla Cedu.

Il comune di Verona ha depositato una memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nei tre motivi del ricorso principale il comune di Verona deduce: (a) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, della L. n. 359 del 1992, art. 5-bis anche in relazione alle norme tecniche di attuazione del p.r.g. per le zone evocate; (b) la violazione dell’art. 111 Cost.; (c) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55 e della L. n. 865 del 1971, art. 20; (d) in tutti i casi il vizio di motivazione.

Censura la sentenza quanto ai profili inerenti:

(aa) la natura dell’area, in quanto erroneamente ritenuta edificabile benchè compresa in zona del p.r.g. classificata a verde e a parcheggi; (bb) il valore del bene, siccome erroneamente determinato in base all’indice di edificabilità previsto per le aree edificabili;

(cc) l’epoca della valutazione e di correlata individuazione del dies a quo dell’operata rivalutazione, siccome erroneamente ancorata all’immissione in possesso, anzichè al verificarsi dell’accessione invertita coincidente con la scadenza del periodo di occupazione legittima.

2. I motivi sono fondati.

Dall’impugnata sentenza si evince che l’area occupata ricadeva in zona destinata “a “verde pubblico o sportivo futuro”, cioè a verde attrezzato per edificazione di strutture sportive, anche per iniziativa privata”.

Ne consegue che la sentenza ha attribuito al terreno degli attori una destinazione edificatoria disattendendo la normativa di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5-bis, vigente alla scadenza del periodo di occupazione legittima (aprile 1993) e adesso recepita nel t.u. delle espropriazioni, stante che unico criterio all’uopo utilizzabile è invece quello dell’edificabilità legale.

Ciò comporta, come molte volte questa Corte ha precisato, che un’area va ritenuta edificabile quando e per il sol fatto che essa come tale risulti classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (v. per tutte Cass. n. 7987-11; n. 9891-07; n. 3838-04; n. 10570-03, fino a risalire a Cass. Sez. U n. 172-01).

Le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui, per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata a un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità e via dicendo), in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che, come tali, sono soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia.

Non possiede rilevanza che la destinazione zonale consenta la costruzione di edifici o attrezzature pubbliche, quali gli impianti sportivi, in quanto l’attività di trasformazione del suolo per la realizzazione dell’opera pubblica resta comunque connessa al perseguimento di un fine pubblicistico. Nè può esserne ritenuta per altro verso l’edificabilità sotto il profilo di una realizzabilità della destinazione a iniziativa privata o promiscua pubblico-privata. Questa Corte ha infatti affermato che l’indennità di espropriazione di terreni destinati a verde pubblico attrezzato e per le attività sportive non può comunque essere commisurata al criterio delle aree edificabili, sia per l’estraneità, nel sistema della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis di un tertium genus tra aree edificabili e inedificabili, sia perchè le opere previste, che non costituiscono estrinsecazione del ius aedificandi, sono funzionali alla realizzazione del fine pubblicistico (v. Cass. n. 4732-04; n. 2812-06; n. 17995-09; n. 404-10; n. 12818-16).

Da tanto consegue la fondatezza del primo motivo di doglianza del comune di Verona.

3. L’impugnata sentenza è errata anche nella parte in cui ha ritenuto di effettuare la valutazione dell’area in relazione all’anno 1985.

In disparte che neppure si comprende in qual senso debba venire in rilievo tale periodo temporale, esplicitamente mentovato in sentenza quale base della rivalutazione monetaria, atteso che la stessa corte veneta, in altro punto della motivazione, ha manifestato l’intento di parametrare il calcolo avendo a riferimento il tempo in cui i terreni erano stati occupati, “vale a dire l’anno 1988”; in disparte siffatta manifesta lacuna, vi è che la decisione ancora una volta cozza col consolidato insegnamento di questa Corte, espresso dal principio secondo cui l’irreversibile trasformazione del fondo di proprietà privata in opera pubblica, qualora si sia verificata nel periodo di occupazione legittima senza che sia stato tempestivamente emanato un provvedimento ablatorio, integra sì un illecito aquiliano, ma che si consuma solo al momento della scadenza del termine dell’occupazione autorizzata.

Invero in tale periodo l’attività svolta ha, per definizione, il carattere della legittimità ed è, come tale, improduttiva di un danno risarcibile ex art. 2043 cod. civ. (v. per tutte Cass. n. 21489-14).

4. Il ricorso incidentale resta assorbito, essendo le relative doglianze speculari al fondamento di quelle accolte.

L’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello, diversa sezione, la quale provvederà a rideterminare il credito di parte attrice uniformandosi ai principi di diritto esposti.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale;

cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Venezia.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2017

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