Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5513 del 06/03/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. I, 06/03/2017, (ud. 12/01/2017, dep.06/03/2017),  n. 5513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27812/2012 proposto da:

R.F. (c.f. (OMISSIS)) nella qualità di coerede di

Re.Gi. e R.N., elettivamente domiciliato in Roma, V.le

Angelico n.103, presso l’avvocato Letizia Massimo, rappresentato e

difeso dall’avvocato Di Russo Anna, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Amministrazione Provinciale di Teramo, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Luigi Luciani n.1,

presso l’avvocato Carleo Roberto, rappresentata e difesa

dall’avvocato Divinangelo D’alesio, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1041/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 17/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2017 dal cons. TERRUSI FRANCESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO

ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del primo e secondo

motivo, rigetto del terzo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 17-10-2011 la corte d’appello de L’Aquila, definitivamente pronunciando in sede di opposizione alla stima di alcuni immobili espropriati dalla provincia di Teramo al fine di costruire una scuola, liquidava l’indennità relativa, tra gli altri, alla proprietà degli eredi di R.N. e di Re.Gi., facendo applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5-bis.

Al riguardo la corte premetteva che gli attori avevano dedotto l’interclusione di un fondo come conseguenza dell’esproprio di terreni limitrofi, ma che non era stata fornita la prova del diritto reale vantato sulla specifica particella n. (OMISSIS). Nè gli attori avevano provato il nesso di causalità tra l’interclusione e l’espropriazione, atteso che in base a una planimetria allegata alla c.t.u. lo stato di interclusione era da considerare preesistente per l’intera area di loro proprietà. Osservava poi che il criterio di liquidazione dell’indennità era stato stabilito dalla sentenza non definitiva n. 324 dell’ 11-31997, avverso la quale non era stato proposto ricorso nè era stata avanzata riserva di impugnazione. Sicchè, per effetto del giudicato interno formatosi sul punto, non avevano rilevanza la sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità del citato art. 5-bis e la conseguente evoluzione del quadro normativo afferente i criteri indennitari.

Ha proposto ricorso per cassazione R.F., articolando tre motivi illustrati da memoria.

Si è costituita la provincia di Teramo con controricorso.

Non hanno svolto difese i coeredi del ricorrente, Mario e Bruna R., ritualmente intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Coi primi due motivi il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 361 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione delle norme sulla determinazione dell’indennità di espropriazione e il vizio di motivazione. In sintesi afferma che la sentenza parziale della corte d’appello non poteva esser ricondotta alla tipologia di provvedimenti indicati nell’art. 361 cod. proc. civ., dal momento che si era limitata esclusivamente a individuare i parametri normativi, vigenti all’epoca, cui far riferimento per il computo dell’indennità. Sostiene quindi che il giudicato derivante da tale sentenza era per sua stessa natura parziale e non poteva legittimare il giudice a ritenere ancora applicabili le norme allora individuate nonostante la sopravvenuta pronuncia di incostituzionalità.

2. I motivi, connessi e dunque suscettibili di unitario esame, sono fondati.

Per quanto risulta dagli atti, che il collegio è chiamato a esaminare essendo dedotto un vizio relativo a norma processuale, con la richiamata sentenza n. 324 del 1997 la corte territoriale si era limitata a individuare il criterio di determinazione dell’indennità di esproprio secondo la norma ritenuta vigente.

Contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, da una simile statuizione non discende alcun giudicato preclusivo, ed è inconferente discorrere di onere di impugnazione immediata o su riserva. Tale onere si riferisce alle sentenze che, senza chiudere il processo, abbiano pronunciato su questioni preliminari di rito o pregiudiziali di merito. Ma tale non è quella involgente, per l’appunto, la ricognizione mera di un dato normativo inteso a determinare il criterio di liquidazione di un’indennità di espropriazione.

Invero, circa l’individuazione del criterio legale di stima non è concepibile la formazione di un giudicato autonomo, dato che il giudicato attiene al bene della vita che forma oggetto del processo, e il bene della vita, alla cui attribuzione tende l’opponente alla stima, è l’indennità, liquidata nella misura di legge, non già il semplice criterio legale.

3. Deve allora essere puntualizzato che, fino al passaggio in giudicato della sentenza che abbia definito il giudizio sul versante della concreta liquidazione dell’indennità, il sottostante rapporto non può ritenersi esaurito.

Dunque espleta i propri effetti la declaratoria di incostituzionalità, in base al principio per cui, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 349 del 2007, che ha dichiarato, appunto, l’illegittimità costituzionale della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis, comma 7-bis, nella parte in cui prescriveva un criterio riduttivo rispetto a quello del valore venale del bene ablato, non è più possibile applicare il predetto criterio riduttivo. Deve cioè ricorrersi al criterio del valore venale anche se l’impugnazione avverso la sentenza determinativa dell’indennità non abbia sollevato questione sulla legge applicabile, ma abbia contestato la quantificazione in concreto dell’importo liquidato (cfr. Cass. n. 22409-08; n. 10379-12; n. 13515-14).

4. Col terzo motivo il ricorrente denunzia l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza sulla questione dell’interclusione della proprietà relitta.

Anche il terzo motivo è fondato.

4.1. E’ innanzi tutto plateale, nella motivazione della corte d’appello, l’esistenza di affermazioni tra loro in contrasto quanto alla prova della proprietà dell’area rappresentata dalla particella (OMISSIS). La corte infatti ha dapprima affermato che gli attori non avevano fornito la prova del diritto reale vantato, e poi che l’interclusione comunque preesisteva in base a una planimetria allegata alla c.t.u., la quale era relativa all’intera proprietà R.- Re. che comprendeva, secondo la sentenza, anche e proprio la particella (OMISSIS).

E’ consequenziale inferire da tale seconda affermazione ciò che nella prima è stato negato, vale a dire che la prova del diritto di proprietà sulla parte residua dell’area (appunto la part. (OMISSIS)) risultava dall’indiscussa proprietà sulla parte espropriata.

4.2. In secondo luogo la corte territoriale ha esaurito la questione della interclusione determinandosi in modo apodittico, giacchè la circostanza che un’interclusione preesista all’espropriazione di terreni limitrofi non esclude la necessità di affrontare il problema sotto il profilo degli effetti dell’espropriazione stessa. Tanto che dalla trascrizione delle parti salienti delle c.t.u., che il ricorrente ha fatto in questa sede al fine di rendere il suo ricorso autosufficiente, è possibile constatare che finanche appunto le c.t.u. avevano sottolineato che i beni residui dei R. erano risultati interclusi “a seguito dell’espropriazione”, visto che dagli attori era stato dedotto che, in precedenza, il proprietario poteva accedere alla porzione per mezzo di una servitù di passaggio; la quale peraltro, sempre in base alla postulazione, era stata vanificata dall’opera pubblica (l’edificio scolastico) realizzata sulla parte espropriata.

L’impugnata sentenza ha mancato di esaminare tutti i riferiti profili, sicchè va cassata anche con riferimento a essi.

Segue il rinvio alla medesima corte d’appello de L’Aquila, diversa sezione, la quale provvederà alla stima dei beni espropriati uniformandosi ai principi di diritto sopra esposti. Provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello de L’Aquila.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA