Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5509 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19249 del ruolo generale dell’anno 2017,

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.r.l. ED & F MAN LIQUID PRODUCTS ITALIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura

speciale a margine del controricorso, dall’avv. Anna Rita Danza, con

la quale elettivamente si domicilia in Roma, alla via Ortigara, n.

3, presso lo studio dell’avv. Michele Aureli;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, depositata in data 23 gennaio 2017,

n. 303;

sentita la discussione del consigliere relatore Perrino

Angelina-Maria, svolta nel corso dell’adunanza del 15 ottobre 2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla narrativa della sentenza che la contribuente sostenne i costi per il rilascio di una polizza fideiussoria, al fine di ottenere il rimborso dell’iva a credito per gli anni dal 1997 al 2004 e che l’Agenzia ha opposto silenzio-rifiuto alla richiesta di rimborso dei costi sostenuti a quel titolo.

La Commissione tributaria provinciale di Bologna ha accolto il ricorso e quella regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato l’appello dell’Agenzia, in base alla considerazione che la L. n. 212 del 2000, art. 8, intende tutelare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, di modo che va evitato che sui contribuenti ricadano i costi delle garanzie fideiussorie ottenute per ottenere il rimborso di un credito d’imposta.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo, cui la società risponde con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Dev’essere respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, che la contribuente propone facendo leva sul fatto che, a fronte della notificazione della sentenza impugnata, ricevuta dall’Agenzia in data 10 aprile 2017, il ricorso è stato notificato a mezzo PEC soltanto in data 19 luglio 2017.

L’affermazione non è difatti documentata, giacchè l’allegato n. 2 al riguardo richiamato in controricorso non evidenzia, come vorrebbe la società, che la documentazione di notificazione ivi prodotta si riferisca proprio alla sentenza impugnata; nè elementi in tal senso si possono trarre dal ricorso dell’Agenzia, che non fa parola della notificazione della sentenza.

2.- Il ricorso, peraltro, col quale l’Agenzia lamenta la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 8, comma 4, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 30 e 38-bis, là dove il giudice d’appello ha applicato la norma alla fattispecie in esame, che, invece, ad avviso della ricorrente si riferisce soltanto al caso della garanzia prestata in relazione a un’imposta non dovuta o dovuta in misura minore, è infondato.

Sul punto questa Corte (con sentenza 5 agosto 2015, n. 16409) ha già avuto occasione di stabilire che la L. n. 212 del 2000, art. 8, comma 4, che impone all’amministrazione finanziaria di rimborsare il costo delle garanzie fideiussorie richieste dal contribuente per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, comprende i costi di tutte le garanzie che il contribuente ha richiesto: ciò perchè l’espressione “ha dovuto richiedere” si deve intendere non nel senso dell’esistenza di un ipotetico obbligo normativo in tal senso, bensì con riferimento alla necessità (intesa come onere) della richiesta della garanzia in rapporto allo scopo perseguito (ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso).

2.1.- Diversamente da quanto sostenuto in ricorso dall’Agenzia, si pone in linea con quest’indirizzo anche Cass. 28 agosto 2013, n. 19751, che ha riconosciuto portata generale al diritto al rimborso dei costi per le polizza fideiussorie indipendentemente dalla fisionomia della controversia tributaria “(sia che la stessa debba individuarsi con riferimento al credito d’imposta vantato dal contribuente, sia che debba invece individuarsi, come nella specie, con riferimento alla imposta o maggiore imposta pretesa dall’Amministrazione finanziaria in seguito all’avvenuto rimborso del credito IVA)”.

3.- Una diversa opzione in effetti frustrerebbe l’esigenza presidiata dalla disposizione di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, a fronte di una pretesa impositiva infondata o di una legittima pretesa al rimborso di somme dovute, e, per conseguenza, rischierebbe di entrare in frizione col diritto unionale.

3.1.- E ciò in base al consolidato orientamento della Corte di giustizia, in base al quale gli Stati membri indubbiamente dispongono di una certa libertà quanto alla determinazione delle modalità di rimborso dell’eccedenza di iva, purchè, però, il sistema di rimborso adottato non faccia correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (Corte giust. 28 febbraio 2018, causa C-387/16, punto 24; 6 luglio 2017, causa C-254/16, Glencore Agriculture Hungary, punto 20; 12 maggio 2011, causa C-107/10, Enel Maritsa Iztok 3, punto 33).

3.2.- Il sistema italiano dei rimborsi iva, d’altronde, ha indotto la Commissione Europea a promuovere nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione (la n. 2013/4080), giusta allo stadio della messa in mora TFUE ex art. 258.

Secondo la Commissione la combinazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38-bis, nel testo all’epoca vigente, non soltanto contemplava il termine finale di tre mesi per l’erogazione del rimborso in relazione a categorie troppo ristrette di contribuenti, ma subordinava l’erogazione del rimborso, a norma dell’art. 38-bis, comma 1, a requisiti eccessivamente onerosi, ossia alla prestazione di una garanzia (cauzione, fideiussione o polizza fideiussoria) per una durata di tre anni.

3.3.- Il legislatore italiano ha dovuto quindi modificare l’assetto dei rimborsi per fronteggiare la messa in mora: ha dapprima novellato l’art. 38-bis, comma 1, escludendo la necessità della prestazione di garanzia, salvo casi specifici (D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 13); poi ha elevato da 15.000 a 30.000 Euro la soglia dei rimborsi eseguibili senza alcun adempimento (D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 7-quater, comma 32, conv., con mod., dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225); infine, per le ipotesi residue in cui il soggetto che chiede il rimborso presenti profili di rischio e continui a essere tenuto alla prestazione di una garanzia, ha previsto il versamento di una somma forfetaria a titolo di ristoro delle spese sostenute per il rilascio della garanzia, per ogni anno di durata di questa, da corrispondere quando sia stata definitivamente accertata la spettanza del rimborso (L. 20 novembre 2017, n. 167, art. 7).

3.4.- L’interpretazione della L. n. 212 del 2000, art. 8, offerta da Cass. n. 16409/15, e qui condivisa, dunque, si presenta come soluzione preferibile, anche alla luce del diritto unionale.

4.- Il ricorso va quindi respinto.

Il recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità comporta, tuttavia, la compensazione delle spese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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