Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5506 del 10/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 5506 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RUBINO LINA

SENTENZA
sul ricorso 15700-2008 proposto da:
GIAMBELLI

GIUSEPPE

GPP58T15F205T,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo
studio dell’avvocato MASCARO MARIA ANTONELLA,
rappresentata e difesa dagli avvocati CATENACCIO
CARLO, CATENACCIO GIOVANNI FRANCESCO giusta procura
speciale del Notaio GIAN LUIGI LAFFRANCHI in
GORGONZOLA 1’8/7/2013, rep. n. 54162;
– ricorrentecontro

FERRARI ROBERTO FRRRRT63M05F205Y, CARAFFINI ANGELA

Data pubblicazione: 10/03/2014

CRFNLM39B52E082E,

FERRARI

ALESSANDRO

FRRLSN75P24F205D, elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio
dell’avvocato BOER PAOLO, rappresentati e difesi
dall’avvocato CHIAPPA OCCHINI RAFFAELLA giusta delega

– controricorrenti nonchè contro

CORDONI CARLO, FABRETTI CARLINO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 2950/2007 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/11/2007, R.G.N.
327+335/C/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/01/2014 dal Consigliere Dott. LINA
RUBINO;
udito l’Avvocato ANTONELLA MASCARO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;

2

a margine;

R.G. 15700 \ 2008

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 1998 Angela Caraffini, Roberto e Alessandro Ferrari convennero in giudizio davanti
al Tribunale di Milano il geometra Giuseppe Giambelli e l’architetto Carlo Cordoni,

eseguito correttamente l’incarico professionale conferito, consistente nello svolgimento
di accertamenti presso la Conservatoria dei registri immobiliari e il Catasto Fabbricati
sul patrimonio immobiliare di tale Boffelli, nei confronti del quale essi vantavano un
credito risarcitorio. In particolare, i Caraffini e Ferrari lamentarono che i professionisti
incaricati non avessero correttamente individuato, a mezzo delle indagini loro
commissionate in relazione ad un immobile sito in Gerenzano, via Moneta 24, sul quale
gli attori avevano intenzione di agire per soddisfarsi del proprio credito, l’effettiva
consistenza patrimoniale e la titolarità dell’immobile, inducendo gli attori ad agire
esecutivamente su un immobile della cui proprietà il Boffelli si era già spogliato, e
precludendo loro la possibilità di esercitare tempestivamente l’azione revocatoria in
merito agli atti di disposizione compiuti. Sia il Giambelli che il Cordoni inizialmente
negarono di aver ricevuto alcun incarico professionale dagli attori, e negarono alcuna
loro responsabilità extracontrattuale. Chiamarono in causa tale Carlino Fabbretti, dal
quale affermarono di essere stati incaricati di eseguire i sopra indicati controlli.
2. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 13441 del 2004, accoglieva la domanda degli
attori nei confronti dei convenuti condannandoli a pagare in solido euro 150.000,00 a
titolo di risarcimento del danno, mentre dichiarava il difetto di legittimazione passiva del
Fabretti.
3. Sia il Cordoni che il Giambelli proponevano appello in relazione alla condanna subita, e
la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2950 del 13 novembre 2007, rigettava
l’appello confermando l’esito del giudizio di primo grado. La corte territoriale
preliminarmente accertava il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado quanto
alla posizione del Fabbretti . Nel merito, riteneva provata la sussistenza di un rapporto
3

chiedendo che gli stessi fossero condannati a risarcire i danni provocati dal non aver

professionale tra i Ferrari – Caraffini e i professionisti, incaricati tramite il Fabbretti di
compiere alcune ricerche atte ad identificare esattamente i beni immobili del Boffelli, sui
quali i Ferrari – Caraffini intendevano intraprendere una esecuzione immobiliare, e
riteneva altresì provata la colpa professionale dei due professionisti incaricati, che veniva
accertata mediante una cm ed analiticamente descritta nella sentenza : essi compivano la
ricerca anagrafica indicando un nome proprio errato, descrivevano erroneamente la

reale valore commerciale e non si avvedevano della divisione dei beni tra il Boffelli e la
moglie del 1990 ( per cui al Boffelli residuava solo la proprietà della metà dell’immobile),
né della presenza di una donazione del 1990 con cui il 50 % residuo della proprietà
escluso il box veniva trasferito alla figlia del Boffelli né la vendita, nel 1994, del 50% del
box alla moglie del Boffelli. La scarsa diligenza dei due professionisti incaricati aveva
fatto si che i Ferrari – Caraffini avessero intrapreso inutilmente una esecuzione
immobiliare nei confronti di un immobile che già da anni era uscito dal patrimonio del
Boffelli e che gli stessi non avessero potuto neppure intraprendere l’azione revocatoria in
relazione alla donazione fatta dal Boffelli alla figlia, non avendone appreso l’esistenza per
tempo, perdendo sostanzialmente ogni possibilità di recuperare il loro credito nei
confronti del Boffelli 4
4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il geometra Giambelli,
proponendo tre motivi; Alessandro e Roberto Ferrari e Caraffini Angela resistono con
controricorso; Carlo Cordoni e Carlino Fabbretti, intimati, non si sono costituiti.
5. Il ricorrente ha presentato memoria difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione
del combinato disposto degli artt. 2232 c.c. e 116 c.p.c. , negando che dalle risultanze
processuali emerga la prova di un formale conferimento di incarico da parte dei signori
Caraffini e Ferrari al geom. Giambelli e all’architetto Cordoni, e sottopone alla Corte il
seguente quesito di diritto :”Dica la Corte se sia conforme a legge la statukione che nega che gli
4

consistenza della proprietà oggetto di indagine, non individuavano correttamente il suo

ausiliari nominati da un prestatore d’opera intellettuale ai sensi dell’art. 2232 c.c. sono legati da un
rapporto contrattuale solo con il professionista e non con il suo committente”.
Il motivo di ricorso è

inammissibile, in quanto il quesito di diritto formulato è

totalmente astratto dalla fattispecie concreta sottoposta all’esame della corte, sia pure
nell’ambito del giudizio di legittimità( nel senso della inammissibilità del motivo di
ricorso il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e

riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a
definire la causa nel senso voluto dal ricorrente v. Cass. S.U. n. 6420 del 2008).
Con il secondo motivo di ricorso,

il Giambelli lamenta la violazione e falsa

applicazione del combinato disposto degli artt. 2236 c.c. e 116 c.p.c. per aver la corte
d’appello fondato la propria valutazione in ordine alla responsabilità professionale dei
due professionisti esclusivamente sulla consulenza tecnica, senza tener conto della
particolari difficoltà incontrate dai professionisti a causa della errata indicazione del
nome proprio del Boffelli ricevuta e della impossibilità di ricercare tramite Conservatoria
e Catasto gli eventuali omonimi, il che avrebbe dovuto portare all’applicazione
dell’esimente prevista dall’art. 2236 c.c. che prevede la limitazione di responsabilità ai soli
casi di dolo e colpa grave qualora la prestazione da compiere trascenda la prestazione
professionale media.
Il motivo è infondato.
La limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall’art. 2236 cod. civ. con
riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale
difficoltà è prevista per le sole ipotesi di imperizia, che possano essere giustificate dalla
particolare complessità o novità dell’opera richiesta, e non si estende alle ipotesi in cui
la prestazione del professionista sia stata viziata da negligenza o imprudenza, cioè vi sia
stata una violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai
sensi dell’art. 1176, secondo comma, cod. civ., rispetto alla quale rileva anche la colpa
lieve ( in questo senso, tra le altre, Cass. n. 22398 del 2011) .
Come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata, l’attività che i due professionisti
erano stati incaricati di compiere era del tutto ruotinaria , consistendo semplicemente
5

astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua

nella stima di un immobile indicato dai committenti e nella verifica della sua esatta
intestazione e della sussistenza di inscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, e come tale
non meritevole di alcuna restrizione dei limiti della responsabilità professionale sotto il
profilo della particolare difficoltà dell’incarico.
Per contro, dalla sentenza di appello, che riporta e fa propri condividendone il metodo e
gli esiti, larghi passi dell’analisi eseguita dal c.t.u., emerge una macroscopica mancanza di

a pag. 10 della sentenza di appe119), tra i quali vale ricordare che i professionisti incaricati
non si sono avveduti né del fatto che nella proprietà era presente un box, né del suo
ampliamento con conseguente incremento del valore commerciale, né della divisione
intervenuta nel 1990 tra i coniugi Boffelli- Orsoni, né della donazione di 1\2 della
proprietà, sempre nel 1990, alla figlia del Boffelli, né la vendita nel 1994 di 1\2 del box
alla moglie, impedendo di fatto ai contro ricorrenti non solo di intraprendere utilmente
l’esecuzione immobiliare, ma anche di poter intraprendere, per intervenuta scadenza dei
termini, l’azione revocatoria)’.
Infine, con il terzo motivo di ricorso il Giambelli lamenta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1227 c.c. da parte della corte d’appello, per aver la corte liquidato
il risarcimento del danno in euro 150.000,00, ovvero in misura esorbitante e coincidente
con l’intero ammontare del credito dei controricorrenti nei confronti del loro originario
debitore, il Boffelli, e ben superiore rispetto a quanto avrebbero potuto recuperare a
mezzo di una espropriazione nei suoi confronti, tenuto anche conto del valore
dell’immobile come risultante dai precedenti atti traslativi di esso.
Inoltre, con lo stesso motivo il ricorrente lamenta che la corte non abbia preso in
considerazione la colpa concorrente dei Ferrari — Caraffini, essendo questi ancora in
tempo, quando nel 1998 intrapresero l’azione di risarcimento dei danni nei suoi
confronti, a promuovere l’azione revocatoria nei confronti del Boffelli quanto meno in
relazione alla vendita del 50% del box ed inoltre per non aver informato i Giambelli e
Cordoni delle “problematiche” legate al nome del Boffelli.
Il motivo proposto, con il quale vengono formulate due diverse censure, va rigettato.
Innanzitutto il ricorrente fa valere, all’interno dello stesso motivo, senza neppure
6

diligenza in capo ai professionisti (analiticamente descritta in ben dodici punti, da pag. 8

indicare quali delle ipotesi tassative di ricorso per cassazione dettate dall’art. 360 c.p.c.
intenda promuovere, due censure del tutto autonome.
La prima censura non può essere presa in considerazione, in quanto il quesito di diritto
relativo al terzo motivo è esclusivamente il seguente :”Dica la Corte se sia conforme a legge la
liquidazione dei danni che non consideri il concorso di colpa nel danno degli evenienti creditori”. Esso fa
riferimento soltanto alla seconda censura contenuta nel terzo motivo. Pertanto, sul

ricorso pro tempore soggetto alla disciplina introdotta con il D. Lgs. 15 febbraio 2006,
n. 40, ed in particolare alla previsione contenuta nell’art. 366 bis c.p.c.
Inoltre, con essa il ricorrente contesta la misura del risarcimento in quanto troppo
elevata, richiamando come norma asseritamente violata una norma non pertinente,
ovvero l’art. 1227 c.c.; infine, la censura consiste esclusivamente in una mera
recriminazione sulla valutazione di fatto compiuta dal giudice di merito, rispetto alla
quale il giudice di legittimità deve rimanere estraneo.
Con la seconda censura contenuta nel terzo motivo, il ricorrente contesta che non sia
stato considerato il concorso di colpa dei Caraffini e Ferrari, che non indicarono con
esattezza le generalità complete del soggetto sulle cui proprietà volevano acquisire
informazioni funzionalizzate ad una eventuale espropriazione. La possibilità di un
concorso di colpa dei committenti era già stata dedotta tra i motivi di appello e
considerata dalla corte nella sentenza che l’ha motivatamente esclusa, dopo aver fatto
una elencazione delle numerose imprecisioni e dei marchiani errori effettuati dai due
professionisti incaricati di una attività semplice e routinaria quale verificare che un
determinato bene, sito in un paese di provincia ad un indirizzo esattamente indicato
fosse o meno nella disponibilità del soggetto che a loro risultava esserne il proprietario,
del quale indicarono esattamente il cognome e quale ne potesse essere orientativamente
il valore. Quest’attività, la corte d’appello ha ritenuto correttamente potesse essere
portata a termine dai professionisti stessi senza risentire di eventuali indicazioni inesatte
fornite dai committenti (e relative al solo fatto che il nome proprio del possibile
proprietario fosse stato da essi indicato come Giambattista invece che come Giovanni
Battista) e quindi che eventuali imprecisioni da parte dei committenti nell’indicare il
7

punto manca un idoneo quesito di diritto, necessario a pena di inammissibilità essendo il

nome proprio del presunto titolare del bene non avessero un valore concausale rispetto
al negligente lavoro svolto dai professionisti. La decisione impugnata appare esente da
vizi. La corte d’appello ha correttamente preso in considerazione il comportamento dei
committenti, che nel conferire l’incarico professionale diedero alcune indicazioni in
merito al soggetto ed ai beni sui quali erano interessati ad acquisire informazioni, al fine
di verificare l’eventuale lacunosità o erroneità delle indicazioni fornite e l’eventuale

imprecisioni contenute nell’elaborato, per ritenere sostanzialmente marginale ed
irrilevante una mera imprecisione nella indicazione del patronimico del soggetto.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo./

P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese del presente grado di giudizio
sostenute da Angela Caraffini, Roberto Ferrari e Alessandro Ferrari e le liquida in euro
8.200,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il 17 gennaio 2014

Il consigliere estensore

incidenza concausale delle stesse in ordine al danno loro provocato dalle numerose

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA