Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5501 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. I, 08/03/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 08/03/2010), n.5501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10654/2008 proposto da:

F.D. (C.F. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

sul ricorso 10713/2008 proposto da:

I.L. (C.F. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

05/11/2007, n. 1558/07 R.G.A.D. e n. 1560/07 R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/11/2009 dal Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto depositato in data 5.11.2007 la Corte d’Appello di Napoli – pronunciando sulla domanda di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, proposta da F.D. e I.L. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze in relazione al giudizio dal medesimo promosso con ricorso depositato nel mese di ottobre del 2000 avanti al TAR della Campania al fine di ottenere il pagamento dell’indennità per il lavoro notturno nei periodi feriali e nelle festività nazionali quali dipendenti dell’ASL ed ancora pendente determinava in anni quattro il periodo eccedente la durata non ragionevole e liquidava a titolo di danno non patrimoniale, tenuto conto della natura del giudizio, la somma di Euro 4.000,00, pari ad Euro 1.000,00 per ogni anno di eccedenza oltre agli interessi dalla domanda.

Avverso detto decreto propongono ricorso per cassazione con separati atti di identico contenuto F.D. e I.L. che deducono tredici motivi di censura.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente i due ricorsi, quello di F.D. e quello di I.L., vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., riguardando lo stesso decreto.

Con il primo motivo di ricorso F.D. e I.L. denunciano violazione dell’art. 6 par. 1 della C.E.D.U. e della L. n. 89 del 2001. Lamentano che la Corte d’Appello non abbia tenuto conto dei parametri europei sia per quanto riguarda la determinazione dell’indennizzo fissata in una somma oscillante fra Euro 1000,00 ed Euro 1.500,00 per ogni anno di ritardo che per quanto concerne la liquidazione delle spese. Deducono altresì che erroneamente non ha riconosciuto un “bonus” di Euro 2.000,00 pur in presenza di una causa di lavoro.

Con il secondo ed il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della C.E.D.U. nonchè difetto di motivazione, ribadendo che la Corte d’Appello non si è attenuta alla giurisprudenza della Corte Europea per quanto riguarda i parametri minimi fissati nella misura di Euro 1.500,00 per ogni anno di durata del procedimento.

Con il quarto, il quinto, il sesto motivo i ricorrenti, denunciando violazione della C.E.D.U., lamentano che la Corte d’Appello, senza alcuna motivazione, non abbia riconosciuto un “bonus” di Euro 2.000,00 nonostante il giudizio presupposto avesse riguardato materia di lavoro.

Con il settimo ed i successivi fino al tredicesimo motivo i ricorrenti deducono che la Corte d’Appello non si è adeguata alla giurisprudenza europea per quanto riguarda la liquidazione delle spese in violazione dell’art. 6 della C.E.D.U e dell’art. 1 del Protocollo Addizionale.

I ricorsi sono fondati nei limiti che saranno qui di seguito precisati.

Quanto alla censura con cui si contesta l’entità dell’indennizzo riguardante il danno non patrimoniale, si rileva che la Corte d’Appello, liquidando una somma complessiva di Euro 4.000,00 pari ad Euro 1.000,00 per ogni anno di durata non ragionevole complessivamente determinata in anni quattro, si è adeguata ai parametri fissati dalla Corte europea nella misura di Euro 1.000,00- 1.500,00 per ogni anno di ritardo e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito come una tale valutazione non possa prescindere, in considerazione del rinvio operato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, dall’interpretazione della Corte di Strasburgo e debba pertanto uniformarsi, per quanto possibile, alla liquidazione effettuata in casi simili dal giudice europeo, sia pure con possibilità di apportare, purchè in misura ragionevole, le deroghe suggerite dalla singola vicenda. Dalle decisioni adottate a carico dell’Italia (vedi in particolare la pronuncia sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Pizzati e sul ricorso n. 64897/01 proposto da Zullo) risulta infatti che la Corte europea ha individuato nell’importo sopra indicato, vale a dire compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00, il parametro medio annuo per la quantificazione dell’indennizzo.

Nè può condividersi l’assunto secondo cui, una volta accertata una durata non ragionevole, dovrebbe tenersi conto dell’intero periodo di durata del procedimento, prevedendo espressamente la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, che, ai fini in esame, rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo.

Al riguardo questa Corte ha già sottolineato che, anche se per la Corte europea l’indennizzo debba essere moltiplicato per ogni anno di durata del procedimento (e non per ogni anno di ritardo), per il giudice nazionale è, sul punto, vincolante della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, secondo cui è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole. Si è sostenuto infatti che detta diversità di calcolo non tocca la complessa attitudine della L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e pertanto non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6 paragrafo 1 della Convenzione medesima (art. 11 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2; vedi Cass. 8714/06). Del pari non può trovare accoglimento la richiesta di riconoscimento di un “bonus” di Euro 2.000,00 in relazione alla natura previdenziale della controversia, non essendo previsto dalla legislazione nazionale e non potendo comunque considerarsi un effetto automatico, slegato dalla particolarità della fattispecie sulla quale nulla è stato però detto al di là di un generico richiamo alla natura della controversia vertente in materia di lavoro.

Vanno invece accolte le censure riguardanti la liquidazione delle spese del giudizio di merito riconosciute in misura inferiore al dovuto, spese che si distraggono a favore del difensore antistatario e che si liquidano per intero quanto al giudizio di merito e nella misura di un terzo quanto al giudizio di legittimità, da calcolarsi in relazione alla differenza fra le spese liquidate in sede di merito e le stesse riconosciute in questa sede.

L’impugnato decreto deve essere pertanto cassato in relazione alle censure accolte.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi. Accoglie i ricorsi nei limiti di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte. Conferma la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze a favore di ciascuno dei ricorrenti al pagamento della somma di Euro 4.000,00 con gli interessi dalla domanda. Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle spese processuali che distrae a favore del difensore e che liquida per l’intero, quanto al giudizio di merito, in Euro 456,00 per diritti, in Euro 490,00 per onorario ed in Euro 50,00 per spese oltre accessori di legge e nella misura di un terzo quanto al giudizio di legittimità, che liquida in Euro 80,00 per onorario ed in Euro 30,00 per spese oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA