Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5499 del 10/03/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 5499 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VIVALDI ROBERTA
SENTENZA
sul ricorso 19488-2010 proposto da:
CODACONS COORDINAMENTO ASSOCIAZIONI DIFESA AMBIENTE E
DIRITTI UTENTI E CONSUMATORI 97102780588 in persona
del legale rappresentante pro tempore avvocato
GIUSEPPE URSINI, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio
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dell’avvocato LIOI MICHELE ROSARIO LUCA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITI
STEFANO giusta delega in calce;
– ricorrente contro
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Data pubblicazione: 10/03/2014
EDITRICE ROMANA SPA ;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2307/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/06/2009, R.G.N.
474/2006;
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito l’Avvocato STEFANO VITI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per
l’accoglimento p.q.r.;
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il tribunale di Roma, con sentenza in data 6.12.2004, rigettò
la domanda di risarcimento danni proposta dal Codacons nei
confronti della Editrice Romana spa, editore del quotidiano “Il
Tempo”, in relazione a tre articoli di stampa, apparsi
attrice di stampo diffamatorio, ma dal primo giudice
considerati espressione lecita del diritto di satira.
L’appello proposto dal Codacons fu ritenuto fondato ed accolto
soltanto in ordine al regolamento delle spese, che, con
sentenza della Corte d’Appello in data 1.6.2009, furono
compensate, con la conferma nel resto della sentenza di primo
grado.
Il Codacons ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre
motivi illustrati da memoria.
L’intimata non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dato atto che dagli atti nessuna attività
difensiva risulta essere stata espletata dall’odierna intimata
in questa sede.
I riferimenti contenuti nella memoria del ricorrente al
controricorso ed al ricorso incidentale sono, pertanto, privi
di qualsiasi rilevanza.
I motivi rispettano i requisiti dell’art. 366
bis
c.p.c.
applicabile ratione temporis nella specie n ricorso è stato
proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta
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sull’edizione abruzzese del giornale, ritenuti dalla parte
entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante
modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso
per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni
dettate nello stesso decreto al Capo I.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia
violazione ed
n. 3).
Con il secondo motivo si
denuncia violazione ed erronea
applicazione degli artt. 595 c.p. e 2043 c.c. (art. 360, C.1,
n. 3)
Con il terzo motivo si denuncia
violazione art. 360, C. 1, n.
5) per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
anche con riferimento all’art. 116 c.p.c.
I motivi intimamente connessi sono esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati nei termini e per le ragioni che seguono.
La questione che pone il ricorso è se l’utilizzo delle
contro la diarrea prendete
espressioni “Cialtracons”,
Codacons”, ” Codacons
e diarrea_” e “Crollacons” riferite
all’associazione ricorrente nei tre articoli apparsi sulla
edizione abruzzese de ” Il Tempo” il 4.11.1997, il 22.9.1994 ed
il 21.10.1998 siano diffamatori, oppure costituiscano legittimo
esercizio del diritto di satira, così come ritenuto dalla Corte
di merito.
E’ noto che la satira è configurabile come diritto soggettivo
di rilevanza costituzionale; come tale rientra nell’ambito di
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erronea applicazione degli artt. 51 e 595 c.p. (art. 360, C. 1,
applicazione dell’art. 21 Cost. che tutela la libertà dei
messaggi del pensiero.
Il diritto di satira ha un fondamento complesso individuabile
nella sua natura di creazione dello spirito, nella sua
dimensione relazionale, ossia di messaggio sociale, nella sua
nei confronti dei poteri di qualunque natura.
Comunque si esprima e, cioè, in forma scritta, orale, figurata,
la satira costituisce una critica corrosiva e spesso impietosa,
basata su una rappresentazione che enfatizza e deforma la
realtà per provocare il riso.
La peculiarità della satira, che si esprime con il paradosso e
la metafora surreale, la sottrae al parametro della verità e la
rende eterogenea rispetto alla cronaca.
A differenza di questa che, avendo la finalità di fornire
informazioni su fatti e persone, è soggetta al vaglio del
riscontro storico, la satira assume i connotati
dell’inverosimiglianza e dell’iperbole.
La satira, in sostanza, è riproduzione ironica e non cronaca di
un fatto; essa esprime un giudizio che necessariamente assume
connotazioni soggettive ed opinabili, sottraendosi ad una
dimostrazione di veridicità.
Incompatibile con il parametro della verità, la satira è,
però, soggetta al limite della continenza e della funzionalità
delle espressioni adoperate rispetto allo scopo di denuncia
sociale perseguito.
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funzione di controllo esercitato con l’ironia ed il sarcasmo
Sul piano della continenza, il linguaggio essenzialmente
simbolico e frequentemente paradossale della satira è
svincolato da forme convenzionali, per cui è inapplicabile il
metro della correttezza dell’espressione.
Peraltro, l’utilizzo di espressioni di qualsiasi tipo, anche
collegato alla manifestazione di un dissenso ragionato
dall’opinione o comportamento preso di mira e non deve
risolversi in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore
e della reputazione del soggetto interessato (così Cass. ord.
17.9.2013 n. 21235; Cass. 8.2.2012 n. 1753; Cass. 28.11.2008 n.
284119.
In questo ambito concettuale è stato, ulteriormente, affermato
– sia dalla giurisprudenza penale sia da quella civile di
legittimità – che la satira, al pari di ogni altra
manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei
valori fondamentali della persona, per cui non può essere
riconosciuta la scriminante di cui all’art. 51 c.p. per le
attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli,
gli accostamenti volgari o ripugnanti,
•
la deformazione
dell’immagine in modo da suscitare disprezzo della persona e
ludibrio della sua immagine pubblica (tra le varie Cass.
8.2.2012 n. 1753; Cass. 28.11.2008 n. 28411).
Inoltre, in tema di diffamazione, l’evento lesivo della
reputazione altrui può ben realizzarsi, oltre che per il
contenuto oggettivamente offensivo della frase autonomamente
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lesive della reputazione altrui deve essere strumentalmente
considerata, anche perché il contesto, in cui la stessa è
pronunziata, determina un mutamento del significato apparente
della frase altrimenti non diffamatoria, dandole quanto meno un
contenuto allusivo, percepibile dall’uomo medio (tra le varie
Cass. 13.1.2009 n. 482).
frasi “incriminate”, ha concluso che “Si è, quindi, in presenza
di cronache giornalistiche locali – su cui si sono inserite le
“battute” ironiche del redattore del quotidiano “Il Tempo”
nelle quali lo spirito che anima gli articoli, dal testo e dal
contesto, appare scevro da denigrazione, disprezzo e ludibrio,
sollecitando, piuttosto, il sorriso del lettore”.
Queste conclusioni non sono condivisibili.
Le espressioni quali “Cialtracons” e “Codacons
e diarrea_”
definite “battute ironiche” rendono, invece ragione di un
errore di sussunzione della fattispecie esaminata nel quadro
normativo di riferimento sopra delineato e di una carenza
motivazionale in ordine alla loro portata diffamatoria.
Sotto quest’ultimo profilo, in particolare, la Corte di merito
non ha dato conto in motivazione – come censurato con il terzo
motivo – della condotta processuale adottata dalla Editrice
Romana spa nel riferire l’erronea denominazione
dell’associazione ad un mero errore tipografico.
Non senza, da ultimo sottolineare che nessun dubbio sussiste in
ordine alla configurabilità della lesione alla reputazione nei
confronti di un ente collettivo; lesione che deriva dalla
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Ora, la Corte di merito, in sentenza, dopo avere riportato le
diminuzione della considerazione da parte dei consociati in
genere, o di settori o categorie di essi con le quali l’ente
interagisca; ancora più delicata posizione quando si tratti di
un’associazione di consumatori (v. anche Cass. 25.7.2013 n.
18082; Cass. 4.6.2007 n. 12929).
Conclusivamente il ricorso è accolto. La sentenza è cassata, e
la causa è rinviata alla Corte d’Appello di Roma in diversa
composizione.
Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa e rinvia, anche per le
spese, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il giorno 5 febbraio 2014, nella camera di
consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione,
in sede di riconvocazione.
Gli ulteriori profili di censura restano assorbiti.