Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5499 del 03/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 03/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.03/03/2017), n. 5499
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28756-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
e contro
R.M., R.S., R.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5986/9/2015 emessa il 6/05/2015, della
COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONAII, di NAPOLI SEZIONE, DISTACCATA di
SALERNO, depositata il 17/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.
Fatto
RAGIONI DELLA DECISIONE
I contribuenti hanno impugnato l’accertamento di una maggiore rendita catastale in relazione ad immobili di loro proprietà.
La Commissione di primo grado ha ritenuto corretta la stima dell’Agenzia, mentre, su appello dei contribuenti, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che non si fosse tenuto conto della perizia allegata dai proprietari, non contestata peraltro dall’Agenzia. Ed hanno pertanto ritenuto la violazione del principio di non contestazione.
Ricorre l’Agenzia delle Entrate con tre motivi.
Non c’è controricorso degli interessati.
Il ricorso è fondato.
Il primo motivo di ricorso va accolto. Non v’è infatti violazione delle regole sull’onere della prova nella circostanza di non aver dato peso alla perizia di parte, o meglio, nella circostanza di non aver ritenuto che la mancata contestazione della perizia di parte ad opera dell’Agenzia fosse da considerarsi rilevante probatoriamente, al punto da far ritenere i fatti ammessi.
Invero, la perizia di parte non è prova, e dunque la sua mancata contestazione non determina acquiescenza.
Anche il secondo motivo è fondato, in quanto risulta che la stima iniziale dell’immobile era quella stessa proposta dai proprietari, i quali a seguito di variazione della consistenza interna (distribuzione di vani ecc.) hanno indicato un valor inferiore disatteso dall’Agenzia. Si tratta dunque di una procedura cosiddetta DOCFA, basata su elementi forniti dai proprietari, i quali hanno inteso poi mutare il classamento per effetto di modifiche meramente interne. In tal caso vale la regola per cui – In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2convertito in L. n. 75 del 1993, e dal D.M. n. 701 del 1994 (cd. procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso. (Cass. n. 12497 del 2016; Cass. n. 8344 del 2015).
Anche il terzo motivo è fondato, in quanto il sopralluogo, non necessario, risultava effettuato.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito, ponendosi a carico della intimata le spese del giudizio di legittimità.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la società intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017