Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5497 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 28/02/2020), n.5497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3277-2015 proposto da:

C.L., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato CARMINE PAUDICE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 185/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 09/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. RENATO PERINU.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, C.L. impugna la sentenza n. 185/20/13, depositata in data 9/12/2013, con la quale la CTR del Lazio, in sede di giudizio di riassunzione (Ord. n. 9692/2012), accoglieva l’appello, originariamente, interposto dall’Agenzia delle Entrate, in merito al rimborso IRAP richiesto dal contribuente per il periodo d’imposta relativo agli anni 2003/2007;

che, la CTR con la pronuncia ora gravata, per quanto qui rileva, accoglieva l’appello sulla base della documentazione scrutinata, che avrebbe consentito di individuare l’esistenza di un’autonoma organizzazione nell’attività svolta dal contribuente, all’interno di struttura professionale allo stesso, esclusivamente, riferibile;

che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione C.L. affidandosi a due motivi;

che, l’Agenzia delle Entrate si difende con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del principio di diritto enunciato dalla pronuncia rescindente di questa Corte, in ordine all’individuazione e conseguente assoggettamento all’IRAP dei compensi percepiti dal contribuente per l’espletamento dell’attività professionale;

che, con il secondo motivo viene denunciata in relazione all’art. 36 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 44, art. 2, primo periodo, e art. 3, lett. c), art. 6, per avere la CTR motivato la sentenza su presupposti errati, falsi, ed in evidente contrasto con quanto emerso dalla produzione documentale delle varie fasi processuali, e senza procedere ad una concreta ed adeguata valutazione degli elementi di fatto;

che, i due mezzi di gravame vanno esaminati congiuntamente, in quanto oggettivamente connessi;

che, va premesso in via generale, che il giudizio di rinvio costituisce un processo chiuso tendente ad una nuova statuizione (nell’ambito fissato dalla sentenza di cassazione) in sostituzione di quella cassata, e comporta, di conseguenza, che i limiti e l’oggetto siano delimitati dalla sentenza di annullamento;

che, nel caso che occupa la sentenza impugnata risulta solo parzialmente. conforme al principio di diritto sancito nella pronuncia di cassazione con rinvio;

che, nello specifico, questa Corte con l’ord. n. 9692/2012 ha vincolato il giudice del rinvio all’applicazione del seguente principio: “in base al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, (come modificato dal D.Lgs. n. 137 del 1988, art. 1), ai fini della soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo (o un professionista), non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi bensì anche sotto i profili organizzativi. Non sono perciò soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata. Il giudice di merito cui la controversia viene rimessa provvederà a valutare se, ed in quale misura, i proventi derivassero da attività svolte utilizzando una struttura propria del contribuente (e quindi fossero soggetti ad IRAP);

che, nel dare attuazione al “dictum” rescindente, la CTR non ha fatto corretta applicazione di detto principio, in riferimento all’attività espletata dal contribuente all’interno della struttura professionale a lui riferibile con esclusività, pervenendo ad acclarare l’esistenza di un’autonoma organizzazione sulla base di elementi concreti quali, costi per l’esercizio della professione via via crescenti per compensi a terzi, l’utilizzazione in forma non occasionale ma continuativa di elementi organizzativi esterni, l’esistenza di beni strumentali ed il lavoro di terzi;

che, infatti, risultano del tutto assenti gli approfondimenti richiesti con la sentenza rescindente, in merito all’approfondimento della natura dei costi per i compensi corrisposti a terzi, presupposto quest’ultimo indispensabile per affermare come nel caso che occupa, che il contribuente possa dirsi

responsabile di struttura autonomamente organizzata, atteso che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. n. 27423/18 – Cass. n. 7520/16), in riferimento al parametro dell’erogazione di compensi a terzi è indispensabile valutarne, concretamente, l’effettiva natura, posto che, è assoggettabile ad IRAP chi si avvale di terzi, in forma non occasionale e per prestazioni afferenti l’esercizio della propria professionalità;

che, nel caso che occupa, non risultano chiariti e specificati dalla CTR, la natura e l’entità dei compensi e la tipologia delle prestazioni di cui il ricorrente si sarebbe avvalso, e che avrebbero integrato ad avviso del giudice di secondo grado, il requisito dell’autonoma organizzazione;

che, parimenti la CTR non ha tenuto conto della sussistenza o meno dell’ulteriore parametro, costituito dall’utilizzazione di beni strumentali e dell’entità degli stessi desumibile dall’esame del registro dei beni ammortizzabili;

che, in relazione a tali elementi s’appalesa, quindi, fondata, anche, la doglianza prospettata nel secondo motivo in relazione all’insufficienza del plesso motivazionale della sentenza assoggettata a gravame;

che, per le considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere accolto, con rinvio alla CTR del Lazio che, in diversa composizione, provvederà, anche, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla CTR del Lazio che, in diversa composizione provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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