Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5497 del 08/03/5201

Cassazione civile sez. I, 08/03/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 08/03/2010), n.5497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6757/2008 proposto da:

C.U. (C.F. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

21/04/2007, n. 3220/06 R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/11/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto depositato in data 21.4.2007 la Corte d’Appello di Napoli – pronunciando sulla domanda di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 proposta da C.U. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in relazione al giudizio dal medesimo promosso con ricorso depositato in data 21.1.2000 avanti al TAR della Campania al fine di ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate a titolo di contributi quale dipendente del Comune di Pozzuoli ed ancora pendente – determinava in anni quattro la durata non ragionevole e liquidava a titolo di danno non patrimoniale la somma di Euro 3.200,00, pari ad Euro 800,00 per ogni anno di eccedenza, oltre agli interessi dalla domanda.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione C.U. che deduce tredici motivi di censura.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso C.U. denuncia violazione dell’art. 6 par. 1 della C.E.D.U. e della L. n. 89 del 2001. Lamenta che la Corte d’Appello non abbia tenuto conto dei parametri europei sia per quanto riguarda la determinazione dell’indennizzo fissata in una somma oscillante fra Euro 1000,00 ed Euro 1.500,00 per ogni anno di ritardo che per quanto concerne la liquidazione delle spese.

Deduce inoltre che erroneamente non ha riconosciuto un “bonus” di Euro 2.000,00 pur in presenza di una causa di lavoro.

Con il secondo ed il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della C.E.D.U. nonchè difetto di motivazione, ribadendo che la Corte d’Appello non si è attenuta alla giurisprudenza della Corte Europea per quanto riguarda i parametri minimi fissati nella misura di Euro 1.500,00 per ogni anno di durata del procedimento.

Con il quarto, il quinto ed il sesto motivo il ricorrente, denunciando violazione della C.E.D.U., lamenta che la Corte d’Appello, senza alcuna motivazione, non abbia riconosciuto un “bonus” di Euro 2.000,00 nonostante il giudizio presupposto avesse riguardato materia di lavoro.

Con il settimo ed i successivi fino al tredicesimo motivo il ricorrente deduce che la Corte d’Appello non si è adeguata alla giurisprudenza europea per quanto riguarda la liquidazione delle spese in violazione dell’art. 6 della C.E.D.U e dell’art. 1 del Protocollo Addizionale.

Il ricorso è fondato nei limiti che qui di seguito saranno precisati.

Quanto alla censura con cui si contesta l’entità dell’indennizzo riguardante il danno non patrimoniale, si rileva che la Corte d’Appello, liquidando la somma complessiva di Euro 3.200,00 pari ad Euro 800,00 per ogni anno di durata non ragionevole complessivamente determinata in anni quattro, si è sostanzialmente adeguata ai parametri fissati dalla Corte europea e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito come una tale valutazione non possa prescindere, in considerazione del rinvio operato dalla L. n. n. 89 del 2001, art. 2, dall’interpretazione della Corte di Strasburgo e debba pertanto uniformarsi, per quanto possibile, alla liquidazione effettuata in casi simili dal giudice europeo, sia pure con possibilità di apportare, purchè in misura ragionevole, le deroghe suggerite dalla singola vicenda. Dalle decisioni adottate a carico dell’Italia (vedi in particolare la pronuncia sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Pizzati e sul ricorso n. 64897/01 proposto da Zullo) risulta infatti che la Corte europea ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 il parametro medio annuo per la quantificazione dell’indennizzo.

Orbene, nel caso in esame, l’importo di Euro 800,00 riconosciuto dalla Corte d’Appello per ogni anno di ritardo può considerarsi congrue, risultando il lieve scostamento adeguatamente motivato con il riferimento al modesto valore del giudizio presupposto.

Nè può condividersi l’assunto secondo cui, una volta accertata una durata non ragionevole, dovrebbe tenersi conto dell’intero periodo di durata del procedimento, prevedendo espressamente la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, che, ai fini in esame, rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo.

Al riguardo questa Corte ha già sottolineato che, anche se per la Corte europea l’indennizzo debba essere moltiplicato per ogni anno di durata del procedimento (e non per ogni anno di ritardo), per il giudice nazionale è, sul punto, vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, secondo cui è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole. Si è sostenuto infatti che detta diversità di calcolo non tocca la complessa attitudine della L. n. 89 del 2001, ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e pertanto non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6 paragrafo 1 della Convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2 nel testo fissato dalla Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2; vedi Cass. 8714/06).

Del pari non può trovare accoglimento la richiesta di riconoscimento di un “bonus” di Euro 2.000,00 in relazione alla natura previdenziale della controversia, non essendo previsto dalla legislazione nazionale e non potendo comunque considerarsi un effetto automatico, slegato dalla particolarità della fattispecie sulla quale nulla è stato però detto al di là di un generico richiamo al carattere assistenziale della controversia.

Vanno invece accolte le censure riguardanti la liquidazione delle spese del giudizio di merito riconosciute in misura inferiore al dovuto, spese che si distraggono a favore del difensore antistatario e che si liquidano per intero quanto al giudizio di merito e nella misura di un terzo quanto al giudizio di legittimità, da calcolarsi in relazione alla differenza fra le spese liquidate in sede di merito e le stesse riconosciute in questa sede.

L’impugnato decreto deve essere pertanto cassato in relazione alle censure accolte.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte. Conferma la condanna della Presidenza del Consiglio al pagamento della somma di Euro 3.200,00 oltre agli interessi dalla domanda. Condanna la Presidenza del Consiglio al pagamento delle spese processuali che distrae a favore del difensore e che liquida per l’intero, quanto al giudizio di merito, in Euro 378,00 per diritti, in Euro 445,00 per onorario ed in Euro 50,00 per spese oltre accessori di legge e nella misura di un terzo quanto al giudizio di legittimità, che liquida in Euro 80,00 per onorario ed in Euro 30,00 per spese oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

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