Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5495 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 26/02/2021), n.5495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36080-2019 proposto da:

STUDIO TAVANO S.A.S. DI E.M.E., rappresentata e

difesa dall’Avvocato FABRIZIO MANGIA per procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

O.A.M.;

– intimato –

avverso la SENTENZA n. 2925/2019 del TRIBUNALE DI LECCE, depositata

il 24/9/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/1/2021 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Studio Taviano s.a.s. di M.E. ha convenuto in giudizio, innanzi al giudice di pace, O.A.M. chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 3.660,00, dovuta quale provvigione maturata per l’attività d’intermediazione svolta in favore della stessa.

Il giudice di pace, con sentenza del 21/3/2017, ha accolto la domanda.

O.A.M. ha proposto appello avverso tale sentenza.

Il tribunale, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello proposto ed ha, per l’effetto, rigettato la domanda.

Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che le prove raccolte in giudizio dimostravano la sussistenza di una pregressa trattativa tra l’appellante e l’originario proprietario dell’immobile che la stessa ha poi acquistato, “tale da far venir meno la pretesa del mediatore alla provvigione, poichè la messa in relazione, quale antecedete necessario per giungere alla conclusione dell’affare ed elemento rilevante ai fini del diritto del mediatore a percepire un guadagno, in tal caso non è avvenuta per merito dell’odierna appellante, ma precedentemente e indipendentemente dall’attività dello Studio Taviano s.a.s.”, ed, in secondo luogo, che, al di là dell’esistenza di un rapporto preesistente tra venditore e acquirente, vi era la prova specifica che “nessuna attività è stata svolta dallo Studio Taviano per consentire la conclusione dell’affare”: infatti, la visita all’appartamento è stata “molto breve” tant’è che l’accompagnatore dell’ O., sentito come teste, ha riferito che la stessa aveva fatto presente di conoscere l’appartamento e di essere in trattative con il proprietario e che erano entrati per vedere la casa per pochi minuti quasi per fare un favore della collaboratrice che aveva perso tanto tempo per trovare la casa. Del resto, ha aggiunto il tribunale, “nessun intervento è stato posto in essere dal mediatore per consentire una trattativa effettiva tra le parti sulle condizioni della vendita, come il prezzo…”, il cui importo, pari ad Euro 75.000,00, è stato, piuttosto, il frutto di una trattativa diretta e non dell’intervento del mediatore. Deve escludersi, ha, quindi, concluso il tribunale, che la s.a.s. Taviano, che ne aveva l’onere, abbia dimostrato la decisività dell’opera di mediazione dalla stessa svolta.

La s.a.s. Taviano, con ricorso notificato il 21/11/2019, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.

O.A.M. è rimasta intimata.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione, la falsa e l’errata applicazione dell’art. 1755 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha escluso che la società attrice avesse il diritto alla provvigione sul rilievo che “la messa in relazione, quale antecedete necessario per giungere alla conclusione dell’affare ed elemento rilevante ai fini del diritto del mediatore a percepire un guadagno, in tal caso non è avvenuta per merito dell’odierna appellante, ma precedentemente e indipendentemente dall’attività dello Studio Taviano s.a.s.”, omettendo, tuttavia, di considerare il fatto che la convenuta ha acquistato l’immobile solo grazie all’intervento determinante del mediatore.

1.2. Il diritto del mediatore alla provvigione, del resto, ha aggiunto la ricorrente, non presuppone che il mediatore sia presente in tutte le fasi delle trattative nè che l’intervento del mediatore costituisca la causa esclusiva della conclusione dell’affare, potendo sussistere altre concause concorrenti.

1.3. L’ O., in effetti, ha visitato l’immobile accompagnato da una collaboratrice dell’agenzia e non può, dunque, negarsi che la conclusione dell’affare sia stata il frutto dell’intervento dell’agenzia immobiliare, non rilevando nè l’attività di ricerca di un’abitazione posta in essere in precedenza dalla convenuta nè che la stessa aveva già visitato l’immobile, acquistato, infatti, solo dopo l’intervento, utile e indispensabile, dell’agenzia.

2.1. Con il secondo motivo, la società ricorrente, lamentando l’insufficiente e/o errata motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha escluso che la società attrice avesse il diritto alla provvigione sul rilievo che, al di là dell’esistenza di un rapporto preesistente tra venditore e acquirente, vi era la prova specifica che “nessuna attività è stata svolto dallo Studio Taviano per consentire la conclusione dell’affare” e che “nessun intervento è stato posto in essere dal mediatore per consentire una trattativa effettiva tra le parti sulle condizioni della vendita, come il prezzo”, senza, tuttavia, considerare che l’ O., in occasione della visita dell’immobile, in data 13/11/2015, aveva sottoscritto un’apposita scheda con la quale è stata resa edotta del fatto che, in caso di acquisto degli immobili visionati, la società attrice avrebbe avuto il diritto alla provvigione.

2.2. Dopo la visita, peraltro, l’ O. riferì alla collaboratrice dell’agenzia di voler fare un’offerta per un prezzo pari ad Euro 70.000 ma l’agenzia suggerì alla stessa di non fare tale offerta perchè troppo bassa, tant’è che l’immobile è stato poi acquistato ad un prezzo superiore, pari ad Euro 75.000, che è stato, dunque, suggerito proprio dalla società attrice. Il tribunale, quindi, ha aggiunto la ricorrente, erroneamente ha escluso che l’agenzia non abbia posto in essere alcun intervento per consentire una trattativa tra le parti relativamente alle condizioni di vendita, come il prezzo.

3.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

3.2. Il tribunale, come visto, ha ritenuto, per un verso,

che le prove raccolte in giudizio dimostravano la sussistenza di una pregressa trattativa tra l’appellante e l’originario proprietario dell’immobile che la stessa ha poi acquistato, “tale da far venir meno la pretesa del mediatore alla provvigione, poichè la messa in relazione, quale antecedete necessario per giungere alla conclusione dell’affare ed elemento rilevante ai fini del diritto del mediatore a percepire un guadagno, in tal caso non è avvenuta per merito dell’odierna appellante, ma precedentemente e indipendentemente dall’attività dello Studio Taviano s.a.s.”, e, per altro verso, che, al di là dell’esistenza di un rapporto preesistente tra venditore e acquirente, vi era la prova specifica che “nessuna attività è stata svolto dallo Studio Taviano per consentire la conclusione dell’affare”, a nulla rilevando la visita all’appartamento in quanto “molto breve”, e, in definitiva, che “nessun intervento è stato posto in essere dal mediatore per consentire una trattativa effettiva tra le parti sulle condizioni della vendita, come il prezzo…”.

3.3. Si tratta, com’è evidente, di un apprezzamento in fatto che la società ricorrente non ha censurato con la specifica e puntuale indicazione dei fatti storici, principali e secondari, che il giudice di merito avrebbe del tutto omesso di esaminare ancorchè dedotti in giudizio e decisivi ai fini di una diversa ricognizione della fattispecie concreta ad essa più favorevole, finendo, piuttosto, per lamentare la valutazione che il tribunale ha svolto delle prove raccolte in giudizio, delle quale, in sostanza, ha invocato una inammissibile rivalutazione.

3.4. Ed è, infatti, noto che la valutazione degli elementi istruttori costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.). Il compito di questa Corte, in effetti, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dal giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008).

3.5. Ed una volta che la fattispecie concreta, così come

in precedenza descritta, è (oramai definitivamente) quella che il tribunale ha accertato, la decisione assunta si sottrae, evidentemente, alle censure svolte in ricorso. Il diritto del mediatore alla provvigione, invero, sorge solo nel caso in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, pur non richiedendosi che, tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, ed essendo, viceversa, sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, la “messa in relazione” delle stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto. La prestazione del mediatore può, dunque, esaurirsi nel ritrovamento e nell’indicazione di uno dei contraenti, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle trattative sino alla stipula del negozio, ma è pur sempre necessario che la prestazione stessa sia ritenuta come conseguenza (prossima o remota) della sua opera, tale, cioè, che, in sua mancanza, il negozio stesso non sarebbe stato concluso, secondo i principi della causalità adeguata (Cass. n. 9884 del 2008; Cass. n. 23438 del 2004; Cass. n. 3438 del 2002). Il diritto del mediatore alla provvigione sorge, in definitiva, tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, non occorrendo un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, poichè è sufficiente che il mediatore – pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo – abbia messo in relazione le stesse, sì da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (Cass. n. 869 del 2018; Cass. n. 25851 del 2014).

3.6. Non è, per contro, sufficiente il conferimento dell’incarico. In materia di mediazione, infatti, ai fini della configurabilità del diritto del mediatore alla provvigione indipendentemente dalla conclusione dell’affare è insufficiente il mero ricevimento dell’incarico ma è necessario che sussista un patto ulteriore (nella specie, tuttavia, neppure prospettato, con la conseguente irrilevanza della scheda sottoscritta dalla convenuta in occasione della visita dell’immobile) che valga a collegare tale diritto ad un fatto diverso, quale l’avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di un terzo interessato all’affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine ovvero anche il non esservi pervenuto, nel caso che la parte ritiri l’incarico al mediatore prima della scadenza del termine: ipotesi, queste, in cui la provvigione costituisce il compenso per avere il mediatore assunto ed adempiuto l’obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all’affare (Cass. n. 7067 del 2002).

4. Il giudice di merito ha, dunque, deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti. Il ricorso, pertanto, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.

5. Nulla per le spese di lite, in difetto di controricorso da parte della resistente.

6. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

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