Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5492 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. I, 18/02/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 18/02/2022), n.5492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4170/2018 proposto da:

M.C., titolare della Azienda agraria Tenuta San Rocco di

M.C., elettivamente domiciliata in Roma, Via Anapo 20,

presso lo studio dell’avvocato Carla Rizzo, e rappresentata e difesa

dall’avvocato Francesco Depretis, in forza di procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Società Agricola S. Antimo società semplice;

– intimata –

e contro

Società Agricola S. Antimo società semplice, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via

P.L. da Palestrina 47, presso lo studio dell’avvocato Francesco

Paolo Iossa, e rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico Marconi,

in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

M.C., quale titolare della Azienda agraria Tenuta San

Rocco di M.C., elettivamente domiciliata in Roma Via

Anapo 20, presso lo studio dell’avvocato Carla Rizzo e rappresentata

e difesa dall’avvocato Francesco Depretis in forza della procura

speciale a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 836/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 13.11.2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

3.2.2022 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il

rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.C., titolare dell’impresa denominata Azienda Agraria Tenuta San Rocco, e Società Agricola S. Antimo società semplice hanno stipulato tra loro il 28.6.2002 un “contratto di associazione temporanea di imprese” della durata di quindici anni, avente ad oggetto l’acquisto e l’uso in comune di attrezzatura specifica per la meccanizzazione delle operazioni colturali dei vigneti lavorati dalle due imprese e la realizzazione e utilizzazione in comune della cantina e delle strutture connesse, da realizzare su di un terreno di proprietà della sig.ra M..

In data 2.8.2013 la società S. Antimo ha notificato alla controparte domanda di arbitrato: ha chiesto, tra l’altro, che venisse accertata la risoluzione per inadempimento del contratto, per non essere stato consentito lo sfruttamento del potenziale produttivo della cantina di proprietà in misura pari al 50%, e che la controparte fosse inoltre condannata al risarcimento dei danni, quantificati nel corso del giudizio arbitrale in Euro 200.000,00.

Il Collegio arbitrale così investito, per quanto ancora rileva, ha respinto la domanda di risoluzione, in considerazione della natura associativa del contratto concluso; ha accolto la domanda risarcitoria; ha liquidato il danno nel maggior esborso sostenuto dalla società per la vinificazione delle uve e nell’ammontare corrispondente all’anticipazione degli oneri finanziari sulla somma di Euro 200.000,00, stimando questa ultima voce di danno nel costo finanziario che sarebbe stato sostenuto per procacciarsi il succitato importo; a tal fine ha assunto come termine di riferimento il tasso di interesse del 3,5% annuo.

2. La pronuncia arbitrale è stata impugnata da M.C..

Nella resistenza della società S. Antimo, la Corte di appello di Perugia ha dichiarato la nullità parziale del lodo con riferimento al profilo risarcitorio relativo ai costi di vinificazione.

Riguardo al danno consistente nella realizzazione della cantina, che costituisce l’attuale residua materia del contendere, la Corte perugina ha osservato che il Collegio arbitrale aveva evidenziato che ai fini della quantificazione del danno assumeva rilievo la sola anticipazione della costruzione, che sarebbe stato comunque necessario effettuare al termine del contratto. Perciò, secondo la Corte di appello, non vi era stata sostituzione di una causale di inadempimento con un’altra, quanto, più semplicemente, l’adozione di un differente criterio di determinazione del danno, basato su di una frazione dell’importo commisurato al costo complessivo dell’opera.

La Corte territoriale ha precisato, in proposito, che non era decisivo che la parte avesse mancato di dedurre di aver fatto ricorso al credito bancario, “apparendo evidente che si (era) trattato di un criterio equitativo di determinazione del danno, che come è noto è possibile che venga utilizzato anche dagli arbitri, in presenza di un criterio certo nell’an, ma di difficoltosa quantificazione”.

3. La sentenza della Corte perugina è impugnata per cassazione da M.C. con un ricorso articolato in due motivi.

3.1. Col primo motivo del ricorso principale M.C. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

A tal proposito osserva che gli arbitri avevano individuato, quali pregiudizi risarcibili, due tipologie di danni che non erano state dedotte nel giudizio arbitrale: i costi affrontati per la vinificazione presso un’altra cantina e gli oneri finanziari sostenuti per l’anticipazione dell’investimento, e cioè per la realizzazione della cantina dal 2017 (termine finale del contratto associativo) al 2009.

La ricorrente, con riguardo a questa ultima voce di danno, rileva che tra il diritto reclamato dall’attrice (l’intero costo della nuova cantina) e quanto riconosciuto dagli arbitri (l’ammontare degli oneri finanziari dell’investimento) non vi era alcuna corrispondenza, in quanto i fatti costitutivi delle due forme di pregiudizio risultavano tra loro completamente diversi.

La ricorrente osserva, inoltre, che il danno liquidato non presentava alcuna connessione con le domande formulate dalla società attrice, che non aveva allegato di avere sostenuto oneri finanziari per la realizzazione della nuova cantina e, in particolare, non aveva dedotto di aver fatto ricorso al credito bancario, a finanziamenti onerosi dei soci o, infine, a nuovi conferimenti dei medesimi.

3.2. Col secondo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1226 c.c..

Sostiene la ricorrente che tale disposizione non consentirebbe di affermare un “indebitamento oneroso”, connotato da costi finanziari, in assenza di allegazioni da parte dell’attore e in mancanza dell’acquisizione di pertinenti riscontri probatori. Deduce, altresì, che nella circostanza sarebbe mancato “il preventivo accertamento dell’impossibilità o dell’estrema difficoltà di una stima esatta del danno, dipendente da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entità”.

4. Ha resistito con controricorso la società S. Antimo, proponendo, a sua volta, impugnazione incidentale basata su di un unico motivo.

Il motivo, svolto in via condizionata, oppone il giudicato interno formatosi sul lodo arbitrale con riferimento al tema della liquidazione equitativa del danno.

Sostiene, in particolare, la società S. Antimo che il Collegio arbitrale aveva statuito sull’applicazione del criterio equitativo, liquidando così il danno in ragione di Euro 63.000,00 pari a nove anni di interessi da corrispondersi al tasso annuo del 3,50%; la Corte di appello avrebbe quindi riesaminato un aspetto della questione che non era stato oggetto di impugnazione e che era quindi coperto dal giudicato interno.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Con ordinanza interlocutoria n. 34282 del 15.11.2021 la Corte ha rinviato la causa alla pubblica udienza, rilevando che il ricorso prospettava profili meritevoli di approfondimento in quella sede, con particolare riguardo ai limiti del sindacato di legittimità che investa la pronuncia della corte di appello resa in sede di impugnativa del lodo, allorquando si faccia questione della liquidazione equitativa del danno.

Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica è stato applicato lo speciale rito “cartolare” previsto dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 e prorogato a tutto il 2022 dal D.L. 30 dicembre 2021, n. 228.

Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente principale lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., perché gli arbitri avrebbero individuato, quali pregiudizi risarcibili, due tipologie di danni che non erano state dedotte nel giudizio arbitrale, ossia i costi affrontati per la vinificazione presso un’altra cantina e gli oneri finanziari sostenuti per l’anticipazione dell’investimento, e cioè per la realizzazione della cantina non come previsto nel 2017 (termine finale del contratto associativo) ma già nel 2009.

6.1. La ricorrente contesta solo questa ultima voce di danno, perché la Corte di appello ha accolto le sue tesi quanto all’altra voce, e sostiene che il pregiudizio dedotto dall’attrice (l’intero costo della nuova cantina) non aveva alcuna corrispondenza con quello riconosciuto (l’ammontare degli oneri finanziari dell’investimento) per la totale diversità dei fatti costitutivi.

6.2. La censura, in questi termini, è infondata.

Appare corretto, infatti, il ragionamento della Corte umbra, che, non caso, ha differenziato questa voce di danno dall’altra, pure contestata dalla reclamante: l’evento pregiudizievole, ossia la necessità della immediata realizzazione della cantina, era stato effettivamente dedotto dalla S. Antimo, al pari del danno consequenziale della relativa spesa e gli arbitri, in ciò confortati dalla Corte di appello, hanno semplicemente ridotto il suo ammontare a una frazione di esso sulla base del ragionamento che prima o poi la spesa avrebbe dovuto essere affrontata.

6.3. Con la seconda parte del motivo la sig.ra M. sostiene anche che la società attrice non aveva allegato di avere sostenuto oneri finanziari per la realizzazione della nuova cantina e, in particolare, non aveva dedotto di aver fatto ricorso al credito bancario, a finanziamenti onerosi dei soci o, infine, a nuovi conferimenti dei medesimi.

La seconda parte della censura merita esame congiunto con quello del secondo motivo.

7. Con esso la ricorrente principale denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1226 c.c..

7.1. La ricorrente sostiene che tale disposizione non consentirebbe di affermare un “indebitamento oneroso”, connotato da costi finanziari, in assenza di allegazioni da parte dell’attore e in mancanza dell’acquisizione di pertinenti riscontri probatori.

Deduce, altresì, che nella circostanza sarebbe mancato “il preventivo accertamento dell’impossibilità o dell’estrema difficoltà di una stima esatta del danno, dipendente da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entità”.

7.2. Il motivo è fondato e va accolto in connessione con il primo, seconda censura, nei limiti e nei termini di cui appresso.

7.3. Una cosa è che fosse possibile risarcire la S. Antimo con una parte soltanto del ristoro richiesto e sul presupposto di un fatto che essa aveva dedotto, ossia la necessità della immediata realizzazione della cantina; altra cosa, e ben diversa, è che nella liquidazione del risarcimento si desse ingresso a un fatto storico mai dedotto in causa e mai sottoposto alla dialettica del contraddittorio, ossia che la S. Antimo avesse fatto ricorso al credito bancario, assumendo oneri finanziari per conseguirlo.

Fatto questo, per giunta, suscettibile di prova documentale più che agevole, preclusiva dell’ingresso a una liquidazione equitativa.

7.4. La liquidazione così operata non è corretta, in pacifica assenza, prima ancor della prova, della stessa allegazione della contrazione di un finanziamento da parte della controricorrente.

Il che comporta due vizi della decisione; il primo, inerente alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato quanto allo specifico danno risarcito; l’altro, inerente all’accesso indebito alla liquidazione equitativa di un pregiudizio, quale l’esborso di interessi passivi su di un finanziamento, agevolmente suscettibile di prova.

7.5. Indubbiamente anche quando chi costruisce non ricorre al finanziamento è ben possibile ipotizzare pregiudizi patrimoniali diversi dai costi di costruzione; in difetto del non dedotto e non dimostrato pagamento di interessi passivi su di un finanziamento bancario, ben può sussistere, quantomeno, la perdita di un proficuo investimento delle somme impiegate per costruire, laddove il danno non consiste in un interesse debitore ma nella perdita di un rendimento attivo.

Si tratta però all’evidente di un pregiudizio diverso e di diversa consistenza.

8. In ragione della fondatezza dei motivi di ricorso principale ut supra occorre esaminare il ricorso incidentale condizionato della S. Antimo.

8.1. Essa sostiene che gli arbitri nel liquidare il danno in ragione di Euro 63.000,00, pari a nove anni di interessi da corrispondersi al tasso annuo del 3,50%, non avevano applicato un criterio equitativo, tanto che la M., impugnando il lodo non lo aveva censurato per violazione dell’art. 1226 c.c..

Al contrario – ipotizza alternativamente la ricorrente incidentale – se invece si dovesse ritenere che gli arbitri avevano liquidato il danno equitativamente, era mancata l’impugnazione sul punto da parte della attuale ricorrente e si sarebbe conseguentemente formato il giudicato interno.

La diversa opinione espressa dalla Corte di appello a pagina 19 comportava la violazione del giudicato interno denunciata con il ricorso incidentale; S. Antimo sostiene dunque, in sintesi, che la Corte di appello avrebbe riesaminato un aspetto della questione che non era stato oggetto di impugnazione e che era quindi coperto dal giudicato interno.

8.2. Le alternative sono dunque, secondo la controricorrente: o gli arbitri non avevano applicato l’art. 1226 c.c., oppure se lo avevano fatto, tale statuizione non era stata censurata dalla sig.ra M..

8.3. La suggestiva argomentazione, che segue un percorso logico indubbiamente intricato, posta a base del ricorso condizionato, non è fondata.

Innanzitutto, gli arbitri non hanno affatto applicato un criterio di liquidazione equitativa, come si evince dalle pagine 22 e 23 del lodo, trascritte puntualmente nella nota 2, di pag. 16, del controricorso: il riferimento equitativo è solo al tasso di interesse applicato al mutuo fondiario e non alla decisione di risarcire gli oneri finanziari in sé e per sé.

Quindi la Corte umbra ha semplicemente errato nel giustificare la decisione arbitrale, attribuendole un ricorso a criteri equitativi in realtà inesistente e tale errata statuizione è stata efficacemente censurata dalla ricorrente, senza che si fosse formato alcun giudicato interno sulla scelta di liquidazione equitativa.

9. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con il rinvio alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il primo motivo, nei sensi di cui in motivazione, e il secondo motivo di ricorso principale, respinto il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale condizionato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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