Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5491 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 26/02/2021), n.5491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32329-2019 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE BETTI;

– ricorrente –

contro

B.A.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1215/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

RITENUTO

che la vicenda può riassumersi nei termini seguenti:

– il Tribunale di Trani, accolse la domanda con la quale B.A.M. aveva chiesto dichiararsi illegittima l’apertura praticata nel muro di cinta della villa dell’attrice, attraverso la quale D.M.G. passava per raggiungere la sua proprietà e rigettò la domanda riconvenzionale, con la quale quest’ultimo aveva chiesto dichiararsi l’acquisto per usucapione di una servitù di passaggio;

– la Corte d’appello di Bari rigettò l’impugnazione del D.M., e confermò la “negatoria servitutis” di primo grado, affermando che, sulla base dell’acquisita documentazione, doveva reputarsi che l’appellante avesse usufruito del passaggio per mera tolleranza;

– avverso la statuizione d’appello ricorre, con due motivi il D.M. e resistono con controricorso D.C.R.A. e De.Co.An., eredi di B.A.M..

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo, con il quale si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360, n. 4, è inammissibile:

a) la Corte di Bari ha deciso sulla base di una motivazione graficamente esistente e del tutto comprensibile, a prescindere dalla condivisibilità della ricostruzione fattuale e del principio di diritto affermato;

b) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle n. U. n. 8053/2014); non residuano spazi per ulteriori ipotesi di censure che investano il percorso motivazionale, salvo, appunto, l’ipotesi, che qui non ricorre, del difetto assoluto di motivazione;

considerato che anche il secondo motivo, con il quale viene prospettata violazione degli artt. 1158, 1061 e 1144, per avere la decisione di merito, attribuito a mera tolleranza la creazione di opere visibili e il passaggio del ricorrente, protrattosi per molti anni, è del pari inammissibile, in quanto:

– nella sostanza, scevra da dissimulazione, il ricorrente insta per un riesame delle valutazioni del giudice del merito; trattasi di doglianza che mira ad un inammissibile riesame degli insindacabili apprezzamenti di merito e la denunzia di violazione di legge non determina, per ciò stesso, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (cfr., da ultimo, Cass. nn. 11775/019, 6806/019);

– qui il giudizio sulla tolleranza espresso dal Giudice si fonda decisivamente, prima che sulle lettere inviate dalla B., sulla nota del D.M. del (OMISSIS), con la quale costui, invocando comprensione e tolleranza, esortava la B. a raggiungere un accordo, perciò stesso smentendo in radice di essere possessore con piena signoria del diritto di passaggio;

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c., e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che il ricorrente va condannato a rimborsare le spese in favore dei controricorrenti, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

 

 

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